Scheda film
Regia: Stefano Calvagna
Soggetto e Sceneggiatura: Stefano Calvagna, con la collaborazione di Manuel Melitoto e Roberto Errichetti
Fotografia: Luca Santini
Montaggio: Roberto Siciliano
Scenografie: Federico Faini
Costumi: Daniela Leuci
Musiche: Franco Califano e Paolo Vivaldi
Suono: Fulgenzio Ceccon
Italia, 2014 – Biografico/Drammatico – Durata: 100‘
Cast: Gianfranco Butinar, Enzo Salvi, Franco Oppini, Nadia Rinaldi, Andrea De Rosa, Danilo Brugia, Stefano Calvagna, Michael Madsen
Uscita: 6 novembre 2014
Distribuzione: Poker Entertainment
Sale: 13
Nato di settembre
Gli ultimi anni del cantante romano Franco Califano, quella che il regista Stefano Calvagna definisce la sua “terza vita” e che per una persona normale, che l’artista era ben lungi dall’essere, verrebbe più comunemente chiamata “terza età”. Dopo i successi e quindi il lento declino, lo sgretolarsi di quanto ottenuto fin lì, l’autore di “Tutto il resto e noia” cercò nell’ultima fase della propria esistenza di rialzarsi con tutte le sue forze. Insieme ad amici vecchi e nuovi, tra cui uno latore di un lontano segreto, il “Califfo” affrontò a testa alta ulteriori sfide, compresa una malattia senza via d’uscita.
Ogni film di Stefano Calvagna, questo in particolare, pone davanti ad un bivio, ad una doppia opzione: accettare quanto ci propina sul grande schermo o, molto drasticamente, mandare tutto a quel paese e liquidare il film di turno stroncandolo inesorabilmente. Si può pertanto ridurre il Califano dell’imitatore Gianfranco Butinar ad una macchietta da “Bagaglino” con tanto di ridicola parrucchetta, criticare una storia che procede a salti senza una precisa continuità, si può irridere il basso budget con cui è stato costretto a girare ed infine stigmatizzare il ricorso ad attori “amici” e a vari sopravvissuti al “Grande Fratello”, ossia i pochi che ancora si filano Calvagna, magari perché non lo conoscono fino in fondo.
Ma se si sta al gioco e si accetta (di vedere) il film fino in fondo e si comprende che il regista ha girato in sole due settimane in estrema povertà di mezzi, si rimane ammirati di fronte all’interpretazione dell’attore Gianfranco Butinar che non fa Califano, ma È Califano, sorprendentemente fedele perfino alle sue pause ed ai suoi ansimanti respiri; ci si gode la visione di un film tutto sommato dotato di un buon ritmo, grazie soprattuto alle musiche del “Maestro” e di Paolo Vivaldi; si apprezza inoltre l’estrema tenerezza ed il rispetto con cui è stato affrontato un personaggio “difficile” e pieno di aspre sfaccettature, rivelandone anche pieghe inedite, proprio in virtù di un’assidua frequentazione. D’altronde Calvagna è molto simile a Califano, per un certo disincantato cinismo e per un’innata ironia beffarda, entrambi doni di una profonda romanità, nonché per beghe giudiziare che hanno coinvolto tutti e due. Chi altri se non lui avrebbe potuto restituircelo in maniera migliore?
A film finito ci si accorge di essere passati sopra ad una regia elementare che ha fatto di necessità virtù, ad alcuni evitabilissimi scivoloni come il prefinale – quel “5 minuti prima…” è davvero poco perdonabile! – e ad una narrazione non sempre omogenea. Ma si esce dalla sala contenti, con una punta di commozione ed una irrefrenabile voglia di ascoltare i brani del “Maestro” e convinti di aver assistito a quello che per il momento è il miglior film del regista che esordì con Senza Paura.
Se nell’esauriente documentario Nati di settembre di un altro Stefano, Veneruso, Califano si apriva spontaneamente lasciando una sorta di dissacrante testamento, in Non escludo il ritorno il “Califfo” (insieme a Calvagna) sembra pronunciare le parole non dette, quasi a voler aggiungere già dal titolo un’ultima tagliente postilla, un sincero “torno subito”.
RARO perché… Calvagna & Califano? Non ancora sdoganati del tutto!
Voto: 6 e ½
Paolo Dallimonti
#IMG#Tutto il resto… è Franco Califano
Gli ultimi anni di vita di Franco Califano: dalle difficoltà per ottenere i contratti per nuovi concerti, al rapporto con i suoi numerosi fans, a quello con le amicizie e i collaboratori più intimi, sino al momento della malattia.
Stefano Calvagna, regista, attore e amico dello stesso Califano, gira un film che narra gli anni duri, quelli finali, della vita dell’artista che per primo avrebbe desiderato vedersi tratteggiato in una pellicola capace di narrarne anche gli anni del carcere e dei problemi con la giustizia. Un progetto quello di Calvagna che parte dalle riprese del concerto che lo stesso Califano commissionò al regista in occasione del compimento del suo settantesimo anno e che alla fine approda a qualche cosa di differente, ovvero un film che non percorre l’ascesa dell’artista sino alla caduta nel baratro buio degli anni ’80, bensì gli anni 2000, quelli meno noti, cercando di catturare i rapporti che lo stesso Califano era stato con tempo e costanza in grado di cementare nel corso degli anni. Il ritratto che si ottiene è quindi onesto ma forse troppo macchiettistico questo nonostante la bravura dell’imitatore e amico Gianfranco Butinar che interpreta un Califano in maniera credibile ma forse troppo accentuata, troppo sopra le righe e come solo un imitatore è in grado di fare. Il ritratto di Califano che si ottiene dalla pellicola è quella di un uomo più schivo di quanto potesse sembrare, pieno di malinconia verso una vita che stava volgendo al termine, ma ancora profondamente innamorato del palcoscenico e della sua figura artistica. Un film per amanti di uno dei personaggi più controversi e amati della musica italiana, ben recitato ma forse troppo tendente a vedere la figura dell’artista come qualche cosa di ascetico.
Voto: 6
Ciro Andreotti