Scheda film

Regia: Mario Martone
Sceneggiatura: Mario Martone e Ippolita Di Maio
Fotografia: Renato Berta
Montaggio: Jacopo Quadri
Scenografie: Giancarlo Muselli
Costumi: Ursula Patzak
Musiche: Sascha Ring
Suono: Alessandro Zanon
Italia, 2014 – Drammatico – Durata: 135′
Cast: Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Paolo Graziosi, Iaia Forte
Uscita: 16 ottobre 2014
Distribuzione: 01 Distribution

 Verso l’infinito…

Spesso i grandi poeti e letterati ci paiono alti ed inarrivabili, sopra quel piedistallo sul quale giacciono immobili, sorretti dal loro genio. Per farli scendere basta ripercorrere la loro vita, le loro esperienze, per capire che prima del fulgido esempio di intelletto, c’era una persona, con sogni ed incubi.
Leopardi è un bambino prodigio che cresce sotto lo sguardo implacabile del padre, in una casa che è una biblioteca. La sua mente spazia ma la casa è una prigione: legge di tutto, ma l’universo è fuori. In Europa il mondo cambia, scoppiano le rivoluzioni e Giacomo cerca disperatamente contatti con l’esterno. A ventiquattro anni, quando lascia finalmente Recanati, l’alta società italiana gli apre le porte ma il nostro ribelle non si adatta. A Firenze si coinvolge in un triangolo sentimentale con Antonio Ranieri, l’amico napoletano con cui convive da bohémien, e la bellissima Fanny. Si trasferisce infine a Napoli con Ranieri dove vive immerso nello spettacolo disperato e vitale della città plebea. Scoppia il colera: Giacomo e Ranieri compiono l’ultimo pezzo del lungo viaggio, verso una villa immersa nella campagna sotto il Vesuvio.
Mario Martone, dopo l’eccellente prova di Noi Credevamo, torna a confrontarsi con il passato del nostro paese, analizzandone in questo caso uno dei suoi protagonisti spirituali, considerato come uno dei più grandi poeti mai vissuti: Giacomo Leopardi. Un personaggio unico nel suo genere, che proprio a causa delle tante avversità alle quali il fato e la natura lo avevano sottoposto e a causa della severissima educazione al quale il padre lo aveva incardinato, diventò un individuo con una sensibilità che forse in pochi possono vantare. Proprio l’impossibilità per Leopardi, di vivere appieno la vita, a causa della sua salute estremamente cagionevole, lo resero un finissimo osservatore dell’estetica del mondo, e lo resero consapevole di come esso si muove. Consapevole, ma tuttavia non capace di affrontarlo all’atto pratico.
E come si muove allora il mondo? Come bisogna affrontare la realtà che ci circonda e ci confonde? Il dubbio. Il dubbio è l’unico mezzo grazie al quale possiamo muoverci attraverso l’esistenza. Dubitare di tutto. Sapere di non sapere, come suggeriva Socrate. Chi comincia ad avere certezze granitiche su qualsiasi argomento, incomincia anche ad allontanarsi dalla verità. Leopardi fa suo questo motto, e Martone non fa altro che conformarsi alla visione del poeta di Recanati, pervadendo l’intero film di un’incertezza malinconica, non dando mai una visione totale dei fatti accaduti al protagonista, ma adottando un relativismo lungo tutto l’arco drammaturgico dell’opera. Grazie al dubbio la propria esperienza personale si arricchisce, grazie ad una esperienza personale più ricca il lavoro dell’artista è più convincente, tramite questa fruizione dell’ispirazione arriviamo ad un concetto di arte modernissima, che Leopardi adottò già allora, precedendo i vari Proust e Beckett.
Nonostante questi interessanti spunti di riflessione che il film ci offre, la sua struttura verso la fine risulta essere troppo avvinghiata su se stessa, riproponendo sempre gli stessi concetti, che tanto bene erano stati espressi nella prima metà. Se la prima parte de Il Giovane Favoloso risulta quindi molto interessante ed intensa, la seconda si avvicina fin troppo alla fiction televisiva e perde quell’impatto che aveva invece assunto all’inizio, ritrovandolo solo ogni tanto in qualche scena.
Punti di eccellenza che invece rimangono costanti durante tutta la durata del lungometraggio sono la straordinaria interpretazione di Elio Germano, che sprigiona in ogni suo gesto un realismo interpretativo impressionante, confermandosi senza dubbio uno dei migliori attori di cui al momento disponiamo, e la musica di questo film, che crea un contrasto veramente struggente, grazie all’uso di malinconiche chitarre elettriche e alla voce soffusa e leggera di una donna, che sembra sussurrare a Giacomo le dolci parole che nessuna donna gli ha mai detto veramente.
Leopardi cercava l’infinito nell’esistenza, all’esterno forse non è mai riuscito a trovarlo, ma dentro di sé sì, e ancora oggi ce lo porge in dono.

Voto: 7

Mario Blaconà