Scheda film
Titolo originale: You were never really here
Regia e Sceneggiatura: Lynne Ramsay
Soggetto: tratto da un racconto di Jonathan Ames
Fotografia: Thomas Towned
Montaggio: Joe Bini
Scenografie: Tim Grimes
Costumi: Malgosia Turzanska
Suono: Drew Kunin

Musiche: Jonny Greenwood
USA, 2017 – Drammatico/Azione – Durata 95’
Cast: Joaquin Phoenix, Ekaterina Samsonov, Alessandro Nivola, Alex Manette, John Doman, Judith Roberts, Jason Babinsky
Uscita: 1° maggio 2018
Distribuzione: Europictures in associazione con Dragon Productions

Non è brutale ma può esserlo, le (a)simmetrie del dolore del capolavoro dell’autrice di E ora parliamo di Kevin

Ogni movimento un trauma, vecchio e nuovo fusi sulle cicatrici, attraverso le carni imponenti e ancora giovani ma da sempre sbilenche. Nello sguardo la purezza perduta. Nei tendini la fatica immane di trascinarla, dentro la cruenta commedia del quotidiano. Joe e le sue storie nella nuova impressionante e catartica opera della regista Lynne Ramsay, A Beautiful Day, Miglior Sceneggiatura e Miglior Interpretazione maschile alla 70esima edizione del Festival di Cannes.

Joe (un empatico e sempre più inarrivabile Joaquin Phoenix) è un uomo che si avvicina alla mezza età, vive con la madre gravemente malata, persa in una matassa definitivamente aggrovigliata di ricordi e percezioni che sfiorano solo a volte la realtà dei fatti, e con-vive con una matassa altrettanto incontrollabile ma limpida, di visioni del passato di guerra. Da ex militare e agente FBI Joe ha conservato il “vizio” di difendere da par suo creature indifese, piegato e piagato per sempre dalla guerra mercenaria in cui ha visto morire (anche ucciso?) fin troppe vite innocenti e appena abbozzate. Ora tenta di salvarle, per lo più ragazzine invischiate in giri di prostituzione. Finché si imbatte nel caso della figlia di un potente rampante politico newyorkese prossimo alle elezioni. Joe si impegna senza remore nel salvataggio della bambina ma si tuffa a sua insaputa in un complotto che coinvolge alte sfere del potere. E dovrà forse fuggirne per riscattare entrambe.

Ma questa non è la storia che interessa la Ramsay, non è la storia che ci racconta. E’ quella che durante i fulminanti 95 minuti dell’epopea di Joe si intuisce, mentre “altro” si disegna nell’asimmetria delle carni e nella geometria del dolore così intimo da diventare vertiginoso ad ogni inquadratura, gioco di dettagli e di mescolamenti. In un montaggio che ordisce millimetri di assurda tragedia, sfiorando quel “filo nascosto” dell’animo di Joe, dell’animo umano, che ora teso ora molle traccia imperscrutabile le “sue” e le nostre realtà. Il film si fa allora (sul) corpo dello stesso attore, (de)composto nel montaggio straniante, calibrato, crudo, minuzioso, disturbante di immagini e musica. Essa anche, coprotagonista, corpo. L’impasto delle sensazioni, di Joe e del suo mondo, ma anche del nostro, lo spettatore che diventa parte della trama stessa, è la materia della colonna sonora di Jonny Greenwood, l’eclettico chitarrista solista dei Radiohead nonché compositore pluripremiato di film giganteschi quali The Master, Vizio di forma e Il filo nascosto (P. T. Anderson), ma anche compositore di fiducia della stessa Ramsay. Gli accordi, le dinamiche orchestrali, il sound intero, scricchiolano ne e con le ossa di Joe, mentre la madre fa brutti sogni e il killer a contratto, l’eroe dei tanti mondi non civilizzabili, quasi assente a se stesso eppure pulito, dolce, integro nella sua spietata necessità di violenza, cerca la sua caramella verde, smarrita tra i colori in vetrina.

Rocambolesco e asfittico, rovente quanto imperturbabile, un film che va visto, rivisto, stra-visto, per cercare la caramella verde nel grande barattolo trasparente in cui tutto può essere contenuto e visto oltre che meramente guardato, a seconda dei punti di osservazione e delle “direzioni” (in)visibili. Ramsay parla a noi e di noi che non siamo semplicemente loro, anche se in quanto fruitori di immateriale reale, (come Joe) non siamo “mai stati veramente lì”.

Voto: 9

Sarah Panatta