La favola jazz di Woody Allen, ispirata al pittoresco mondo del jazz degli anni ’30, è una biografia immaginaria che ha per protagonista questo Emmet Ray (Sean Penn), un chitarrista ossessionato dal successo che non riuscì a raggiungere totalmente, anche a causa di una figura rocambolesca come quella di Django Reinhardt (grande chitarrista gitano).
Gran bevitore, schiavo del biliardo, passa le ore che non dedica al jazz sparando ai topi nelle discariche oppure a coltivare anomale passioni come guardare i treni che passano.
Allen è il solito acuto osservatore e geniale ricercatore di uomini e cose che si barcamenano sopra questo strano mondo, di vite d’artista, pazzi e criminali, direbbe Osvaldo Soriano, spiriti melanconici votati eternamente alla musica, al mistero dell’arte, alla sregolatezza del vivere parallelo. Ambientata nei locali tipici dello swing, popolati di ogni genere di umanità (dai loschi figuri alle amanti focose) con brandelli di esperienze d’amore (la strana relazione di Emmet con la taciturna lavandaia Hattie interpretata da Samanta Morton), la fiaba di Allen è un leggero stordimento che conquista anche per le deliziose musiche, una sorta di antologia da collezione dei classici degli anni ’30.
Gianluca Mattei