L’investigatore del paranormale Edward Carnby è entrato in possesso della chiave per accedere al mondo delle Tenebre. Aiutato dalla sua ex-fidanzata e supportato dalle forze speciali del Bureau 713 cercherà di svelare il mistero degli Abkani, una remota civiltà misteriosamente scomparsa dalla faccia della Terra. Ma le forze dell’Oscurità sono in agguato…

La cattiva strada del cinema fantastico digitale

“Alone in the dark” è l’ennesimo titolo sfornato dal filone dei film tratti dai videogiochi (inaugurato nel lontano ’93 da “Super Mario brothers”). Recentemente questo sottogenere ha ricevuto una nuova spinta dai successi di “Tomb Raider” e “Resident Evil”. Il filone tuttavia si sta velocemente inflazionando come dimostrano le ultime maldestre uscite di questo regista. Dopo “House of dead” del 2003, Boll ritorna sugli schermi con una nuova trasposizione questa volta da uno dei più affascinanti videogame horror di tutti il tempi. Ma se il videogioco è decisamente bello, il film di Boll è invece tutt’altra cosa.
La storia è tratta direttamente da uno dei videogiochi e vede l’investigatore Edward Carnby (Christian Slater) e la bella archeologa Aline Cedrac (Tara Reid) alle prese con un misterioso manufatto appartenuto ad una antica civiltà ormai scomparsa dalla faccia della Terra, gli Abkani. Carnby sembra essere entrato in possesso della chiave che gli Abkani costruirono per controllare il varco aperto verso il mondo dei demoni. Mentre l’investigatore aiutato da Aline cerca di trovare questo varco per il mondo dell’aldilà si scatenano misteriose forze maligne che sotto forma di feroci creature mostruose tentano di impossessarsi del manufatto. A questo punto entrano in gioco gli uomini del Bureau 713, una forza speciale creata per contrastare il piano delle malvage creature. Veniamo quindi a sapere che Carnby in passato era stato proprio il loro capitano e che tra il nuovo comandante (Stephen Dorff) e lui non corre buon sangue. Lo scontro finale si svolgerà in una vecchia miniera abbandonata nelle cui viscere si cela il segreto degli Abkani.
Il fantastico messo in scena da Boll è debole sotto ogni punto di vista. Non produce nessuna tensione, non suscita inquietudine e il più delle volte si risolve in mero sensazionalismo. Anche i mezzi produttivi (20 milioni di dollari) sono usati malamente nonostante siano più consistenti rispetto a “House of dead”: la fotografia è inutilmente patinata, la computer grafica non è niente di eccezionale, e sebbene il cast non sia da buttare è abbruttito da dialoghi ridicoli e improponibili. Il tutto è reso ancora più confuso dalla sceneggiatura che invece di riproporre le affascinanti atmosfere horror del videogioco rimane costantemente indecisa tra action, horror e fantascienza. Sugli effetti speciali meglio tacere: il regista questa volta si è scordato oltre la mostarda anche il pane e il companatico. Boll continua a perseguire una sua idea (?) di cinema basata sulla convinzione di poter far passare la tecnologia digitale per stile, ma qualcuno dovrebbe dirgli che usare le immagini dei videogiochi al posto di girare con la macchina da presa non si chiama esplorare l’intermedialità della settima arte ma prendere in giro gli spettatori1. Non pago dello scarso successo della sua ultima fatica Boll sta portando a termine il suo terzo film tratto da un videogame splatter: Bloodrayne.
Massimiliano Troni (vedi http://xoomer.virgilio.it/profondocinem a/)

Note:

[1] Se questa è la strada aperta dalle tecnologie digitali applicate al cinema (George Lucas docet) c’è da mettersi le mani nei capelli. Invece di essere una risorsa espressiva in più al servizio della creatività l’enorme potenzialità della computer grafica rischia di trasformarsi in un comodo espediente sotto cui nascondere la più totale mancanza di idee. La computer grafica si è ormai imposta come materia espressiva privilegiata soprattutto nel cinema fantastico (“Matrix”, “Il Signore degli anelli”). Il livello del suo impatto sulle tecnologie del supporto invece è ancora da stabilire. Da una parte il digitale permette di abbattere i costi di produzione, agevolando l’entrata dei filmaker nel circuito distributivo, dall’altra un’estetica del cinema digitale è ancora lungi dall’essere teorizzata.

SCHEDA VALUTATIVA

regia : °

fotografia : *

sceneggiatura : °

scene : *

interpretazione : *

totale : ° (4)