Titolo originale: Haute tension
Regia: Alexandre Aja Sceneggiatura: Alexandre Aja, Grégory Levasseur
Fotografia: Maxime Alexandre
Montaggio: Baxter Musica: François Eudes
Interpreti principali: Cecile DeFrance, Maiwenn LeBesco, Philippe Nahon, Frank Khalfoun, Andrei Finti, Oana Pellea
Produzione: Alexandre Films, Europa Corp.
Distribuzione: Eagle Pictures
Origine : Francia, 2003 Durata: 91′ Colore

Recensione n.1

Passi, sguardi, percorsi. Sensi che si perdono nell’agitazione, nel dolore, nella paura. Un film tremendamente cupo, scioccante, terrificante, crudo. Il secondo film di Alexander Aja (Furia, 1999) imbocca la strada verso un horror-movie all’americana, fatto di vecchi trucchi e scene già viste, per approdare in luogo sconosciuto e sfuggente, quello della psiche umana.
Alta tensione parte dal ritornello di “Sarà perchè ti amo”, vecchio successo dei Ricchi e Poveri. Un inno all’amore, all’amore “perverso”, quello di una donna per un’altra donna. La spensieratezza di due amiche in viaggio verso la casa in campagna di una delle due, Alex. L’amore non corrisposto, la difficoltà di comprensione, l’eccitazione.
Poi un misterioso uomo che entra in casa, massacra la famiglia, distrugge il mondo di Alex. E’ qui che si costruisce quella tensione sottolineata dal titolo del film. Immagini che alternano attimi di panico, di suspance, di buchi nello stomaco, a scene crude, che rimandano al cinema splatter anni ottanta. Crudeltà ingiustificata? In realtà tutto ha un perché. Marie deve
salvare sé stessa e Alex, deve salvare il suo amore.
Bella la costruzione del film, soprattutto nei primi 45 minuti, in cui le immagini attraggono lo sguardo, lo seducono, e allo stesso tempo creano il vuoto, il silenzio. Si diviene inermi spettatori di un massacro devastante, e si resta impietriti, proprio come Marie. Dalle scene nei campi di grano (che ricordano Signs ,M. Night Shylamayan, 2002) alle scene nella casa (che ci riportano a Le verità nascoste, Robert Zemeckis, 2000), ci gustiamo un film pieno di rimandi per cinefili. Ma un film ben costruito, un film che crea vera tensione. Verso la metà del film lo spettatore ha l’impressione di essere catapultato all’interno di una classica storia di rapimenti, sevizie, perversioni di un maniaco criminale verso giovani ragazze. Cerchiamo la salvezza, una possibile via di fuga, e speriamo che Marie possa trovarla. Silenziosamente si spera di sfuggire all’assassino nascondendosi nei bagni di una stazione di servizio. Panico totale. Ci sostituiamo alla macchina da presa cercando l’assassino e sperando di non trovarlo. Ci perdiamo nel buio attraverso gli occhi di Marie.
Tecincamente perfetto. Le inquadrature e il montaggio si fondono in una miscela dal sapore tipicamente horror, e trovano magistralmente un sapore sensazionale. Gli effetti speciali sono forse un po’ troppo splatter, così veritieri e raccapriccianti, da mettere a rischio anche chi ha lo stomaco di ferro.
Il finale è un vero shock. Se è vero che il film è stato paragonato a Saw (James Wan, 2004), anche per le scene crude, bisogna dire che il ribaltone finale è quello che più gli si avvicina. Non nella forma, ma nella sorpresa, che lascia lo spettatore allibito. Immagini che si legano e slegano, immagini che collidono, per dare forma alle allucinazioni di una mente umana in preda al delirio. Improvvisamente appare tutto sbiadito e confuso. Cosa abbiamo visto fin’ora? Una confusione che è figlia della mente malata, e delle atrocità che la pazzia può far commettere. L’amore diviene delirio e si trasforma in orrore. L’amore diviene la causa di un massacro.
E questa volta il cinema francese smette di andare a tempo di lumaca e affonda il piede sull’acceleratore.
Buona visione a tutti.
Voto: 8

Endrio Martufi

Recensione n.2

Scommetto che poche persone, anche tra gli appassionati del cinema orrorifico, avrebbero puntato un euro su di un film uscito agli albori dell’estate, con un titolo che fa pensare ai tv-movies estivi che inondano il nostro palinsesto all’interno di collane tipo “il sabato in giallo”. Ed invece, oserei dire quasi miracolosamente, Alta tensione non tradisce le promesse del titolo e per 85 minuti sparati non ci fa tirare il fiato. Gli appassionati non si facciano scappare per nessuna ragione questo gioiellino, una delle sorprese migliori offerteci dal genere negli ultimi anni ed una promessa, il suo autore, che speriamo non sparisca nel nulla di qui a qualche film, magari assoldato da una Major d’oltreoceano e conseguentemente “svuotato” di virtù autoriali (in maniera inversamente proporzionale al contenuto delle sue tasche), come di recente è avvenuto, ad esempio, per Hideo Nakata. Dicevamo del film, costruito con pochissimi elementi narrativi ed altrettanto scarse locations: due studentesse, la famiglia di una delle due che vive in una casa isolata in mezzo ai campi di grano, un assassino (ovviamente), una pompa di benzina ed il bosco. Davvero non c’è nient’altro nella pellicola, la quale si disinteressa della storia per focalizzare l’intera attenzione sul meccanismo: la suspance e la violenza.
Non può non colpire la quantità massiccia di gore presente nel film (era dai tempi gloriosi di Fulci e Joe D’Amato che non se ne vedeva tanto..) con trucchi che tradiscono la loro natura artigianale e dei quali, appunto, è possibile apprezzarne la perizia (opera del sempre grande Giannetto De Rossi) senza il rischio di apparire dei sadici. Ben escogitato poi il tema sotterraneo, il motore psicologico degli eventi, cioè a dire la passione omosessuale, accennata nella prima parte dove il regista non teme di inquadrare in maniera prolungata una delle protagoniste che si masturba a tempo di rock; ma l’ossessione era già stata introdotta nella prima sequenza quando le due giovani, in macchina, ascoltano “Sarà perché ti amo” dei Ricchi & Poveri (e ci cantano sopra pure, in un italiano un po’ così…) che equivoca lo è già di suo, dicendo “ma dopo tutto che cosa c’è di strano / se l’amore non c’è basta una sola canzone
per far confusione fuori e dentro di te…”
Il film ricalca per buona parte le orme del Non aprite quella porta hooperiano, che negli ultimi tempi pare spopolare tra gli autori di genere se è vero che, oltre al remake ufficiale di Marcus Nispel, anche il notevole La casa dei 1000 corpi di Rob Zombie è di fatto un rifacimento apocrifo.
La tecnica cinematografica è affilatissima, le atmosfere malate al punto giusto, il montaggio ed i tempi cinematografici perfetti. Anche l’unica sequenza nella quale pare che il regista “buchi”, quella che mostra i poliziotti arrivare allo store della pompa di benzina e scoprire uno dei cadavere, se al momento può apparire inutile, si rivela in realtà una sorta di anticipazione del colpo di scena finale; su quest’ultimo debbo dire che, a mente fredda, mi sembra che sia stato cercato a tutti i costi, e probabilmente è poco efficace, ma tanté. Lunga la sequenza di citazioni, ne faccio notare solo una: iniziava così anche un recente prodotto coreano, Two Sisters, ma il regista non si è fatto influenzare per nulla dalla grande onda dell’horror orientale. VOTO: 7

Mauro Tagliabue

Ricchi & Poveri, SARA’ PERCHE’ TI AMO
Che confusione
Sarà perché ti amo
è un’ emozione
Che cresce piano piano
Stringimi forte
E stammi più vicino
Se ci sto bene
Sarà perché ti amo
Io canto al ritmo
Del dolce tuo respiro
è primavera
Sarà perché ti amo
Cade una stella
Ma dimmi dove siamo
Che te ne frega
Sarà perché ti amo
E vola vola si sa
Sempre più in alto si va
E vola vola con me
Il mondo è matto per che
E se l’amore non c’è basta una sola canzone
per far confusione fuori e dentro di te
E vola vola si sa
Sempre più in alto si va
E vola vola con me
Il mondo è matto per che
E se l’amore non c’è basta una sola canzone
per far confusione fuori e dentro di te
Ma dopo tutto
Che cosa c’è di strano
è una canzone
Sarà perché ti amo
Se cade il mondo
Allora ci spostiamo
Se cade il mondo
Sarà perché ti amo
Stringimi forte
E stammi più vicino
è così bello
Che non mi sembra vero
Il mondo è matto
Che cosa c’è di strano
Matto per matto almeno noi ci amiamo
E vola vola si sa
Sempre più in alto si va
E vola vola con me
Il mondo è matto per che
E se l’amore non c’è basta una sola canzone
per far confusione fuori e dentro di te
E vola vola si va
Sarà perché ti amo
E vola vola con me
E stammi più vicino
E se l’amore non c’è
Ma dimmi dove siamo
Che confusione
Sarà perché ti amo.

Recensione n.3

Due ragazze decidono di passare il fine settimane in campagna, nella casa isolata di una delle due. Il programma prevede relax, chiacchiere in famiglia e ore di studio. Un maniaco che si aggira nella zona tramutera’ i placidi propositi in puro orrore. Sembra la stessa, trita, situazione di sempre, ed in effetti lo e’, ma il pregio del talentuoso regista francese, il giovane Alexandre Aja, e’ di dimostrare come una situazione oggettivamente paurosa sia in grado, comunque, se ben condotta a livello cinematografico, di terrorizzare, facendo vacillare ogni certezza. E la regia si dimostra abilissima, nonostante l’assenza di qualsiasi originalita’, nel flirtare con tempi, spazi ed effetti sonori, che contribuiscono ad alimentare l’atmosfera senza limitarsi ad improvvisi sbalzi di volume. Tutti i luoghi comuni vengono rivisitati, dal nascondiglio nell’armadio o sotto il letto, fino all’ennesima fuga nei bagni con tanto di apertura delle porte ad una ad una, ma il bello e’ che si trepida sempre insieme alla protagonista (la brava Cecile de France, nuova icona, fin dal cognome, del cinema d’Oltralpe) perche’, grazie anche alla sceneggiatura, abbiamo le sue stesse scarne informazioni e la sua stessa voglia di uscirne il piu’ possibile illesi. Il maggior pregio del film e’ proprio nel ritornare alle fondamenta del “genere” (sangue e brividi) abbandonando i fronzoli, le battutine, i lunghi e vuoti dialoghi anticamera del massacro, la citazione fine a se stessa, e le troppe improbabilita’ dei moltissimi emuli dell’horror che stanno invadendo gli schermi in questi anni. Sarebbe bastata questa rozza ma efficacissima essenzialita’ per consentire al film di distinguersi. Purtroppo Aja ci mette anche un brutto colpo di scena che, pur non rovinando il film, lo riduce a mero esercizio di stile, e finisce con il prendersi gioco dello spettatore. Il problema e’ che il gioco e’ ben condotto, e avvince, ma le carte sono truccate.

Luca Baroncini (da www.spietati.it)