Sorprendente opera prima dell’esordiente Sam Mendes, da uno script di Alan Ball, che ritaglia un quadretto davvero spietatamente illuminante di una middle class americana ormai “alla frutta”.
Giardini “geometrici”, casettine in legno da fiabe, residence-rifugi della placidità, del tutto a posto, del tranquillo: ovvero dell’esatto contrario, del double-face, delle contraddizioni e degli imbrogli dietro le vetrine delle apparenze.
E’ sufficiente che il pubblicitario Lester cominci a farfugliare in sprechi di fantasie erotiche sull’amichetta sexy della figlia, a ipotizzare barlumi di pensiero che inviano “posta” di vite alternative praticabili, per minare il castello di carta. Eccolo allora tuffarsi in un desolante remake esistenziale, un salto all’indietro nel tempo fatto di palestra, joints, rock’n’roll, che turba l’ordine pre-stabilito, e che coinvolge tutti i partecipanti dello show fin lì filato via liscio, trascinandoli verso una purificazione apocalittica di quasi massa.
Fra realismo paradossalmente simbolico e ammissione di colpe, il ripristino (finalmente) della scomparsa e data per morta emozione da film, e fuori dal chiacchiericcio dei sociologi della domenica sulla crisi dei valori, la nuova via americana del cinema. Very good!!

Gianluca Mattei