Scheda film
Regia: Neri Parenti
Soggetto: Piero De Bernardi, Leonardo Benvenuti, Tullio Pinelli, Neri Parenti, Fausto Brizzi e Marco Martani
Sceneggiatura: Piero De Bernardi, Neri Parenti, Fausto Brizzi e Marco Martani
Fotografia: Luciano Tovoli
Montaggio: Luca Montanari
Scenografie: Francesco Frigeri
Costumi: Alfonsina Lettieri
Musiche: Andrea Guerra
Suono: Gaetano Carito
Nazione, Anno – Genere – Durata: ‘
Cast: Christian De Sica, Michele Placido, Paolo Hendel, Giorgi Panariello, Massimo Ghini, Massimo Ceccherini, Pamela Villoresi
Uscita: 18 marzo 2011
Distribuzione: Filmauro
C’era una volta… la supercazzora
Erano anni che se ne parlava, ma sembrava una di quelle leggende metropolitane o una chimera irrealizzabile. Circolava anche un trattamento, di cui Ciak pubblicò perfino qualche stralcio.
Estinto praticamente quasi l’intero cast originario, ad eccezione dell’ormai ottantenne Gastone Moschin, bisognava trovare nuovi volti per le zingarate del gruppetto di amici, dato per assodato che si sarebbe trattato di un “prequel” e che queste avrebbero avuto come scenario la Firenze rinascimentale di Lorenzo de’ Medici, nell’anno del Signore 1487.
Trovati i soldi da parte della Filmauro, ecco che le sguaiate avventure dei cinque amici Filippo (Christian De Sica), Duccio Villani De Masi (Michele Placido), il cerusico Jacopo (Paolo Hendel), l’oste Cecco Alemari (Giorgio Panariello) e Manfredo Alemanni (Massimo Ghini) vanno finalmente in scena.
A dare quel tono dolce-amaro alla pellicola ci pensa la peste, che invase il capoluogo toscano proprio in quegli anni, conferendo un ulteriore giro di vite boccaccesco alla vicenda.
Uno dei tanti errori commessi dalla produzione di Amici miei – Come tutto ebbe inizio è proprio il casting, apparentemente condotto in fretta e furia, che mischia attori d’estrazione televisiva ad altri dal pedigree appena più illustre, quando per un’operazione del genere, vista anche la lunga gestazione, si sarebbe potuto e dovuto cercare dei personaggi di maggiore spessore, magari avvalendosi nella scelta della collaborazione dell’ancora arzillo Monicelli, scomparso appena l’anno prima. Magari lo scorbutico Mario non ne avrà voluto sapere, come molti attori del nostro cinema avranno senz’altro declinato l’invito o sarà stato difficile incastrare i loro impegni, ma vedere – ad esempio – Panariello raccogliere l’eredità d’un Montagnani è davvero dura da mandare giù.
Anche la scelta di Neri Parenti, uomo d’oro della scuderia Filmauro, dedito più alle farse che alla commedia agrodolce, non si rivela in partenza una scelta felice, malgrado abbia svolto tutto sommato un lavoro nei ranghi della sufficienza.
La seneggiatura di De Bernardi, Parenti, Brizzi & Martani se non tocca picchi di volgarità nei dialoghi, li raggiunge nelle situazioni, come nello scherzo col nano alle suore, ma soprattutto clona episodi dai capitoli precedenti – un esilarante Ceccherini è il solito grullo un po’ antipatico di cui farsi beffe – ed anche dall’intera tradizione della commedia all’italiana, come lo scherzo della finta condanna a morte – non diremo ai danni di chi – che per lo spavento del malcapitato gli si rivelerà fatale, copiata pari pari da Telefoni bianchi di Dino Risi, dove a farne le spese era l’attore repubblichino interpretato da Gassman.
L’omaggio affettuoso ai personaggi della trilogia ideata da Germi, condotta da Monicelli e conclusa da Loy – Duccio Villani De Masi ricorda il Melandri, Jacopo il Sassaroli, Paolo onora il Mascetti, Cecco Alemari il Necchi, Manfredo Alemanni riporta alla mente il Mascetti e Filippo il Perozzi – non basta. Come non basta l’enorme sforzo per le sontuose scenografie a dare dignità ad un film che, pur partendo da una buona se non ottima idea, si rivela purtroppo un’operazione raffazzonata e sbagliata su tutti i fronti.
E così alla fine Amici miei – Come tutto ebbe inizio, più che una delle pietre miliari della Commedia all’italiana, che peraltro contribuì a prepararne le esequie, sembra omaggiare quel filone boccaccesco o decamerotico che ebbe tra i suoi maggiori esponenti opere indimenticabili quali Quel gran pezzo dell’Ubalda, tutta nuda e tutta calda o Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno.
Voto: 4 e ½
Paolo Dallimonti