Scheda film
Regia: Michael Haneke
Soggetto: Michael Haneke
Sceneggiatura: Michael Haneke
Fotografia: Darius Khondji A.SC., A.F.C.
Montaggio: Monika Willi, Nadine Muse
Scenografie: Jean-Vincent Puzos
Costumi: Catherine Leterrier
Suono: Guillaume Sciama, Jean-Pierre Laforce
Musiche: Franz Schubert, Ludwig van Beethoven, Johann Sebastian Bach/Ferruccio Busoni:
Francia, Austria, Germania 2012 – Drammatico – Durata: 105′
Cast: Jean-Louis Trintingnant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert, Alexandre Tharaud
Uscita: 25 Ottobre 2012
Distribuzione: Teodora Film
Sale: 38
Quando l’azione disperata ci salva
“Quel che possediamo non lo custodiamo; non basta, quel che possediamo non lo amiamo”, Anton Cechov
Un piccolo miracolo quello che compie Micheal Haneke con Amour, palma d’oro a Cannes 2012. Morte e Amore, un binomio collaudatissimo e doloroso, specialmente se non viene consumato dalla passione ma dal tempo che passa. I due protagonisti, infatti, hanno un’ottantina d’anni e sono due eleganti ex musicisti francesi, parigini, per la precisione, anche se Parigi si vede solo dalla finestra: la pellicola è girata quasi interamente nell’appartamento della coppia in questione composta da Jean-Louis Trintignant ed Emmanuelle Riva. L’identità degli attori, in questo film più che mai, è più importante di quella dei ruoli che interpretano: questi due personaggi non brillerebbero di luce propria se non ci fossero due corpi come quelli dei protagonisti, così drammatici, nudi, sinceri, spericolati in ogni istante e se ad occuparsi di essi non fosse l’occhio chirurgico di Haneke. Dalla prima inquadratura il regista pone crudelmente lo spettatore di fronte a ciò che vedrà per le successive due ore: non c’è spazio per l’immaginazione, non è quella che occorre per sopravvivere alla visione di questo film. Sopravvivere sì perché Amour è, nel bene e nel male, un film sull’amore, e porta con sé la disperazione di chi si trova a fare i conti con l’inizio della fine, con l’avanzare dell’età e della malattia, con chi cerca coraggiosamente di disegnare una fine che salvi la storia di una vita. “È bello vivere a lungo, avere una lunga vita”, dice la moglie/Riva, ancora solo all’inizio della malattia, al marito/Trintignant, sfogliando un vecchio album fotografico che ripercorre la loro storia. Non è forse una richiesta spassionata di aiuto?
Lasciami qui, così, come sono ora. Restiamo nella bellezza di quello che è stato, non togliermi la dignità, ora che ce l’ho ancora. Fotografami in questo istante e lasciami libera…
L’amore ha a che vedere con il libero arbitrio. Succede che le persone si ammalano e perdono il controllo di sé stessi, diventano dominio di altri, di chi li cura, e devono fidarsi di chi li cura, perché li ama. Ma la moglie/ Riva era una donna libera, vitale, felice, innamorata e il marito/ Trintignant la amava come tale, prima di ritrovarsi ad assistere alla sua lenta decomposizione, fisica ed emotiva. Ci si incastra, allora, nel quesito più complesso del mondo: fino a che punto è giusto assecondare il proprio egoismo, la propria paura e quando diventa necessario interpretare la volontà di chi l’ha perduta la propria volontà?
Non è facile da digerire il pasto che ci prepara Haneke. Sembra dirci: “Se sedete alla mia tavola, le cose stanno così: certe decisioni non possono essere premeditate, richiedono l’azione e basta, l’azione disperata, quello che succede dopo è un altro film e non è Amour”. E allora si capisce e si ama la sua invadenza nei corpi e nei volti dei protagonisti, la necessità di scarnificarli e di santificarli e la generosità di Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant nel mettersi totalmente a nudo appare disarmante. Haneke racconta un legame autentico, profondo, semplice in maniera talmente sincera da fare paura.
RARO perché… è quasi scandaloso che un maestro come Haneke, qui ispiratissimo, da noi trovi spazio solo in poche sale.
Voto: * * * *½
Laura Sinceri