Scheda film
Regia e Soggetto: Daniele Luchetti
Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Caterina Venturini
Fotografia: Claudio Collepiccolo
Montaggio: Mirco Garrone
Scenografie: Giancarlo Basili
Costumi: Maria Rita Barriera
Musiche: Franco Piersanti
Suono: Maurizio Argentieri
Italia/Francia, 2013 – Drammatico – Durata: 106′
Cast: Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Friederike Gedeck, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Pia Engleberth, Benedetta Buccellato
Uscita: 3 ottobre 2013
Distribuzione: 01 Distribution
Ricordi in celluloide
«Questo sono io, questi sono Serena (Micaela Ramazzotti) e Guido (Kim Rossi Stuart), i miei genitori, mio fratello Paolo (Niccolò Calvagna). Storia della nostra famiglia nell’estate del ’74». È la voce adulta del regista, Daniele Luchetti, a introdurci il ritratto di famiglia appena comparso sul grande schermo. In scena – ed è proprio il caso di dirlo vista la composizione del quadro che richiama una scena teatrale – c’è il piccolo Dario (Samuel Garofalo), pronto a farsi notare dai genitori… ma questa è un’altra parte della storia che ci sarà svelata solo più tardi.
Anni felici prende spunto dalla storia personale del regista de Il portaborse, per poi mescolarsi con l’immaginazione virando verso una storia romanzata (inizialmente il titolo del film doveva essere: “Storia mitologica della mia famiglia”). Non è un caso che i personaggi non abbiano gli stessi nomi delle persone nella vita reale; si potrebbe dire che sia il passo base per creare la giusta distanza, ma non è altrettanto scontata la buona riuscita di questo passaggio dal reale alla “finzione” – esito che in Anni felici si verifica grazie, in primis, a una solida sceneggiatura.
Siamo nell’estate del ’74, in Italia si vota per il referendum abrogativo sul divorzio e a vincere sono i no forse anche perché le donne stavano scendendo in piazza per far valere i propri diritti e le pari opportunità. Il 1974 è un anno segnato anche dalla formazione di un nucleo antiterrorismo capitanato dal generale Dalla Chiesa, sono mesi marchiati dal proseguimento del processo per la strage di Piazza Fontana, dagli arresti di brigatisti e dallo scoppio della bomba in piazza della Loggia a Brescia (8 morti e 101 feriti). Questa parte della Storia con la S maiuscola non viene toccata da Anni felici e non perché il regista e i suoi sceneggiatori si vogliano disinteressare al terrorismo, ma immaginiamo che non sarebbe stato possibile restituire in modo accurato e in 100′ anche il clima prettamente politico e di morti ammazzati di quel periodo.
Qui la protagonista è la famiglia coi suoi membri ben calati nel clima culturale e artistico di quarant’anni fa. Guido è un artista che non tollera la parola “convenzionale”, desidera essere d’avanguardia, ma si sente anche imbrigliato negli schemi borghesi e nelle proiezioni materne; Serena è una donna che, potremmo dire, fa di “lavoro” la mamma e la moglie (o almeno così la conosciamo all’inizio del film). I due sprigionano l’amore passionale e al tempo s’imprigionano l’un l’altro mossi dall’amore vissuto in modo infantile e ricattatorio, quell’amore che tiene stretto a sé l’altro «usando calore o freddezza». In Anni felici è proprio questa dimensione ossimorica e contraddittoria dell’animo umano a venire a galla grazie a una rappresentazione onesta e appassionata dell’amore, dell’arte e del sesso – elementi talvolta denaturati da quel cinema italiano che preme troppo sul dramma o sul melodramma senza saper trovare il giusto equilibrio (ma non è questo il caso).
Primi spettatori di quegli anni felici («peccato che nessuno di loro se ne fosse accorto») sono i bambini (Vittorio De Sica docet). A volte vestiti uguali pur non avendo la stessa età, i due fratelli vengono sballottati da una parte all’altra senza che gli venga chiesto cosa vogliano fare, imitano i comportamenti degli adulti, ma scoprono anche le passioni. Il più grande, Dario (alter ego del regista), è sempre più affascinato dall’arte, quella realizzabile con la macchina da presa – è lui che documenta in super8 quell’estate e i cambiamenti che porterà con sé.
Sin dalle prime scene Anni felici riesce ad affrescare i due contesti familiari di Guido e Serena non solo sul piano drammaturgico, ma anche su quello della messa in quadro (vedi, per esempio, le scene d’insieme della famiglia – calorosa – di Serena e subito dopo la presentazione della madre di Guido tramite un’inquadrata di spalle). Nell’ultima pellicola di Luchetti ogni dettaglio è ben curato, è però evidente come, in questo gioco di equipe, risultino determinanti le interpretazioni di tutto il cast, dalla coppia Rossi Stuart-Ramazzotti ai piccoli attori che danno vita ai figli, senza dimenticare coloro che danno volto ai familiari, al critico d’arte e alla donna (Martina Gedeck) che farà da molla nel cambiamento (non vogliamo svelarvi altro).
Anni felici ci fa respirare le atmosfere e i fervori degli Anni ’70 attraverso il «pulviscolo erotico» e artistico sprigionato dalla famiglia Marchetti. Dopo Mio fratello è figlio unico e La nostra vita, il regista romano sceglie di mettersi ancora più in gioco perché per quanto ogni regista e, in generale, ogni artista porti sempre un po’ del suo mondo nel lavoro che fa, con questo lungometraggio Luchetti porta ancora più se stesso e forse non è un caso che siano le sue tracce autobiografiche (seppur romanzate) a chiudere il triangolo filmico sulla famiglia.
Nonostante si tratti di un film in costume che potrà trovarsi di fronte a un pubblico di persone che nascevano negli Anni ’70 (e oltre), Anni felici riesce a instaurare un dialogo anche con questi destinatari più giovani sollevando riflessioni e domande estremamente attuali sia per chi quegli anni li ha vissuti attivamente, sia per chi ancora non c’era. Ci ritroviamo a riflettere sull’immagine che la donna ha di sé, sulla sua riscoperta di essere donna (dopo l’essersi magari annullata diventando moglie e madre aderendo all’immagine forgiata dalla società), su cosa significhi essere veramente liberi, su dove sia il “bello” nell’arte contemporanea (nel figurativo o nel non convenzionale?) e non solo.
Con lo sguardo lucido e al tempo stesso candido di un uomo che ama il cinema e lo assurge a filtro per raccontare la vita, Luchetti ci racconta di ieri provocando e parlando all’oggi («se sparissimo tutti quanti dalla faccia della terra (teatranti e scultori) non se ne accorgerebbe nessuno» – citando una battuta di Guido).
Voto: 7
Maria Lucia Tangorra
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