Scheda film
Regia: Roland Emmerich
Soggetto e Sceneggiatura: John Orloff
Fotografia: Anna Foerster
Montaggio: Peter R. Adam
Scenografie: Sebastian T. Krawinkel
Costumi: Lisy Christi
Musiche: Harald Kloser, Thomas Wander
G.B./Germania – 2011 – Drammatico – Durata: 130‘
Cast: Rhys Ifans, Vanessa Redgrave, Sebastian Armesto, Rafe Spall, David Thewlis, Edward Hogg, Xavier Samuel
Uscita: 18 novembre 2011
Distribuzione: Sony Pictures
Bardo naturale o bardo cesareo?
Se pensate che il “catastrofico” Roland Emmerich abbia a che fare con William Shakespeare tanto quanto il compianto Bombolo c’entri con la poesia di Giuseppe Ungaretti, vi sbagliate di grosso. In questo suo nuovo Anonymous affronta un quesito che si trascina da secoli, sul quale molti studiosi delle più disparate discipline si sono interrogati e che porta dentro di sé un insospettabile spirito d’avventura. Chi era veramente il Bardo di Stratford On Avon? O, meglio, di chi sono in realtà le trentasette opere teatrali firmate a suo nome? Il mondo s’è finora diviso in “Stratfordisti”, ossia coloro che hanno creduto che il figlio semi-analfabeta di un contadino abbia potuto avere una simile immaginazione e soprattutto un lessico a tal punto forbito, ed in “Oxfordisti”, che hanno sempre rifiutato tale ipotesi, individuando in Edward de Vere, Conte di Oxford, il vero autore del corpus shakespeariano, sia per il diverso rango culturale, per l’esperienza nelle capitali europee e per una sconcertante similitudine della sua vita con le vicende narrate nelle commedie e tragedie, come ad esempio le losche trame del suocero William Cecil, irrispettosamente trasfigurate nell'”Amleto”.
Così la storia prende inizio in una New York inquadrata dall’alto, come in un tipico film di Emmerich, quasi a preludere chissà quale cataclisma, arrivando ad individuare un affannato Derek Jacobi (nella realtà uno degli Oxfordisti, qui praticamente nel ruolo di se stesso) che sale sul palcoscenico per raccontare con un tocco metacinematografico ma anche metateatrale, la vera storia di Shakespeare che, partendo come una piece teatrale filmata, diventa poi cinema puro per tutto il resto della pellicola.
La trama è a dir poco intricata e, lungi da noi il volerla spifferare, si concentra sul Conte di Oxford (un gigantesco e plumbeo Rhys Ifans), fin da fanciullo amante della poesia e della letteratura che si diletta nello scrivere opere teatrali. Pur potendo vantare un rapporto particolare con la regina Elizabeth (Joely Richardson da giovane, sua madre Vanessa Redgrave da anziana) fin dalla tenera età, deve lavorare nell’ombra, affidando i suoi scritti a Ben Johnson (Sebastian Armesto), che si incaricherà di firmarli. Ma, alla fine di una rappresentazione, mentre il pubblico infervorato acclama ed invoca l’autore, l’attorucolo semi-analfabeta William Shakespeare (Rafe Spall) afferra un pezzo di carta e sbuca da dietro le quinte, autoproclamandosi autore. Mentre il successo del nuovo autore aumenta, le trame della corte d’Inghilterra si intricano sempre più, ispirando il Conte, legato alla Corona ben oltre ogni immaginazione, che arriverà addirittura a cercare di sobillare il popolo attraverso i suoi scritti.
L’ambizione del regista d’origine tedesca, non è mai stata così elevata, ma il solido mestiere di cui è dotato gli permette di condurre in porto senza troppe sbavature un progetto così smisurato. L’operazione, per azzardo, ricorda l’ancora inedito The lady di Luc Besson (che, pure, nel cast ha curiosamente l’inarrivabile David Thewlis), anch’esso basato su personaggi realmente esistiti: un cineasta da sempre dedito all’action che prova a firmare/filmare una pellicola d’autore. Malgrado all’inizio non tutto sia facile da seguire, soprattutto se non si abbinano subito i nomi ai volti, la vicenda avvince rapidamente, pur sconfinando verso lidi di fantapolitica e fanta-storia non sempre digeribili, accusando anche cali di ritmo, peraltro inevitabili in oltre due ore di racconto.
Ma mai come questa volta Emmerich sembra sincero, utilizzando anche espedienti come il meta-teatro/meta-cinema, in lui mai sospettati, facendo di Anonymous il suo film più personale, malgrado in questo caso paradossalmente non sia egli stesso a firmare com’è invece solito la sceneggiatura (affidata a John Orloff, che ci ha lavorato per anni), dimostrandosi anche abile direttore d’attori, pur lavorando su una facile tavolozza composta da Ifans, la Redgrave, la Richardson ed il solito magistrale ed onnipresente Thewlis.
E in Edward de Vere, tradito dalle mani sporche d’inchiostro spesso inquadrate, è facile rintracciare lo stesso regista, come se ci volesse dire che dietro l’apparenza di un action-director ha sempre battuto il cuore di un autore romantico, che questa volta rinnega in parte il proprio passato e realizza un avvincente thriller che prova a reinventare o a reinterpretare storia e politica di quasi cinquecento fa in maniera assai convincente.
Voto: * * *
Paolo Dallimonti