Scheda film
Regia: Matt Reeves
Soggetto: Pierre Boulle
Sceneggiatura: Mark Bomback, Scott Z. Burns, Rick Jaffa, Amanda Silver
Fotografia: Michael Seresin
Montaggio: William Hoy, Stan Salfas
Scenografie: James Chinlund
Costumi: Melissa Bruning
Musiche: Michael Giacchino
Effetti speciali: Weta Digital
Nazione, Anno–Genere–Durata: Stati Uniti, 2014 – Fantascienza, Azione, Drammatico – 130’
Cast: Andy Serkis, Jason Clarke, Keri Russell, Gary Oldman, Toby Kebbell, Kodi Smit-McPhee
Uscita: 30 Luglio 2014
Distribuzione: 20th Century Fox
La “parola” alle scimmie
Sono passati più o meno quindici anni dai fatti finali del suo predecessore: L’alba del pianeta delle scimmie (2011). Il mondo, ridotto ormai a terra di conquista, è popolato dai pochi umani superstiti del virus T-113, nato come vaccino per debellare l’Alzheimer ma rivelatosi nocivo e sterminatore per il genere umano. Le scimmie che erano state le cavie dell’esperimento ne hanno trovato giovamento, le loro capacità intellettive si sono evolute e minacciano seriamente di diventare la specie regina sulla terra.
La saga originale, tratta dall’opera letteraria di Pierre Boulle scritta nel 1963, e proposta al cinema tra il 1968 e il 1973 vanta ben 5 lungometraggi e due serie TV, una delle quali animata.
Il successo planetario di quegli anni e i fan in debito di “Ape Power” avevano convinto la Fox a buttarsi in un nuovo progetto nel 2001 targato Tim Burton (Planet of the Apes). Il connubio tra regista gotico e allegoria sociale non funzionò, il remake non convinse la critica né tantomeno il pubblico e il regista californiano cadde nella regia meno autorale della sua carriera. Ma questa è un’altra storia.
Nel più recente L’alba del pianeta delle scimmie si facevano i conti con problematiche legate al maltrattamento animale, alla discriminazione razziale, all’ egocentrismo sfrenato, alla totale perdita di valori fino a ridicolizzare la natura e ritrovarsela contro. In Apes Revolution l’umanità cerca di limitare questi danni e di recuperare il salvabile. Il punto chiave di tutto questo non sarà un umano (come accadeva a Charlton Heston nell’originale del 1968), ma una scimmia, quella stessa scimmia che ha innescato il tutto: Cesare (uno straordinario Andy Serkis trasformato dalla performance capture). Il leader dei primati, il capo che ha provocato la rivoluzione torna sui propri passi dimostrando saggezza e compassione: i suoi occhi affaticati e stanchi mostrano tutta la sofferenza che gli si è mostrata davanti, possiede un’autorità da combattente ma è anche solidale e misurato e dimostra un’età più vecchia rispetto a quella che ha realmente. In tutto e per tutto un nuovo Mandela. Ma la sua intelligenza sarà in grado di sconfiggere l’odio atavico e la paura del suo popolo?
La famiglia, la casa, l’amore, tutti questi principi sono comuni a quelle classi sociali che qui ci mettono la faccia. Tra gli umani troviamo Malcolm (Jason Clark), la sua compagna Ellie (Keri Russell) e il loro figlio; dall’altra parte Cesare e la sua famiglia, con l’amico fidato l’orangotango Maurice (Karin Konoval) e la scimmia Ash.
Queste due fazioni sono in guerra l’una contro l’altra ma spinte dallo stesso ideale: la pace. Sembra un paradosso, ma le vere diversità sono all’interno del proprio gruppo, nazione, razza: c’è molto più in comune tra nemici che tra amici. L’assurdità della violenza non può essere controllata dall’intelligenza, è primordiale e straripante come la suggestiva rappresaglia nella parte finale del film.
Questo mix di rappresentazione pop di stampo “Made in Usa”, racchiude dentro di sé un intenso ingegno politico e rende la pellicola fortemente attuale e di grande interesse, accostandosi come nel caso del 1968 fu il Vietnam, all’irrazionalità di guerre a noi più vivide, quali Jugoslavia, Cecenia, Medio Oriente e Siria.
Gli sceneggiatori Mark Bomback (Unstoppable, 2010), Scott Z. Burns (The Bourne Ultimatum, 2007), Rick Jaffa e Amanda Silver (Jurassic World, in uscita nel 2015) confezionano una parabola senza sbavature. Il polso narrativo è credibile e soprattutto godibile.
L’azione è senza interruzioni, la tensione è altissima grazie al serrato montaggio di William Hoy (300, 2007) coadiuvato da Stan Salfas (Tre amici, un matrimonio e un funerale, 1996). La cavalcata delle scimmie a cavallo è imperiale, ha quel qualcosa di medievaleggiante e funziona, sembra realmente di vivere in prima persona una guerra, grazie anche alla dinamica regia di Matt Reeves (Cloverfield, 2007). I movimenti di macchina sono da manuale e le sequenze sono arricchite di pathos e modernità.
La scenografia distopica, che ricorda L’Uomo del giorno dopo del 1997 di e con Kevin Costner, ma anche The Road del 2009, Io sono leggenda del 2007, passando per la meravigliosa serie Tv The Walking Dead è realisticamente messa in scena da James Chinlund (The Avengers, 2012). Il verde che prende e sovrasta tutti i paesaggi e la desolazione sfatta di San Francisco sono in simbiosi con la sottotematica naturalistica del film.
Da non dimenticare le splendide e sontuose musiche di Michael Giacchino, premio Oscar per il poetico Up targato Pixar del 2009, e l’egregio lavoro di effetti speciali della premiata ditta neozelandese “Weta Digital” che con la stupefacente motion capture ha reso possibile la trasformazione di un attore in una scimmia vera. Il formato 3D, come spesso capita, è abbastanza superfluo.
Da vedere perché è il più bel blockbuster dell’estate e perché mostra il totalitarismo di una civiltà dentro il totalitarismo di un’altra. Il film raffigura come ancora al mondo le buone intenzioni di pochi vengono lasciate ardere sotto la brace a discapito di fuochi vendicativi e pretenziosi di potere di molti.
Voto: 7 e ½
David Siena