Scheda film

Regia: Giacomo Campiotti
Soggetto e Sceneggiatura: Fabio Bonifacci, Alessandro D’avenia
Fotografia: Fabrizio Lucci
Montaggio: Alessio Doglione
Scenografie: Paola Bizzarri
Costumi: Gemma Mascagni
Musiche: Andrea Guerra
Suono: Mirko Guerra
Italia, 2013 – Drammatico – Durata: 102′
Cast: Filippo Scicchitano, Aurora Ruffino, Gaia Weiss, Luca Argentero, Romolo Guerreri, Gabriele Maggio, Roberto Salussoglia
Uscita: 4 aprile 2013
Distribuzione: 01 Distribution

 Un amore incompatibile

Per il suo ritorno nelle sale, Giacomo Campiotti si è affidato al romanzo d’esordio di Alessandro D’Avenia dal titolo “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, le cui pagine sono diventate le basi dalle quali Fabio Bonifacci e lo stesso scrittore palermitano hanno tratto lo script dell’ultima fatica cinematografica del regista lombardo. Autentico caso editoriale tradotto e distribuito in venti paesi a partire dalla sua pubblicazione con Mondadori nel 2010, il libro di D’Avenia non poteva essere occasione migliore per Campiotti per fare breccia nei gusti di una platea più eterogenea e vasta rispetto a quella che i precedenti quattro titoli della sua filmografia aveva raggiunto. Apprezzato più dagli addetti ai lavori e dal circuito festivaliero, piuttosto che dal pubblico cinematografico, il regista ha preferito per questo rivolgersi alle masse informi dei telespettatori, iniziando a firmare in rapida successione prodotti destinati al piccolo schermo, non più legati alle spietate regole del botteghino ma alle cervellotiche logiche dell’audience. Per stabilire se i risultati gli daranno ragione oppure no bisognerà aspettare il responso del box office, temibile e maledetto banco di prova con il quale ogni film è chiamato a misurarsi. Nel caso di Bianca come il latte, rossa come il sangue, la corsa inizierà a partire dal primo weekend post pasquale con le trecento e passa copie messe a disposizione da 01 Distribution.
Al di là del ritorno economico e commerciale che avrà oppure no, è possibile abbozzare un’analisi del film, a cominciare proprio dai pochi pregi e dai tanti difetti che lo caratterizzano da una parte e lo affliggono dall’altra. Iniziamo con il dire che il tradurre in immagini e parole un romanzo come quello di D’Avenia non era cosa facile. Bisognava, infatti, fare i conti prima di tutto con un testo la cui narrazione passava esclusivamente attraverso un lungo monologo interiore del suo protagonista, una sorta di diario intimo nel quale si riversavano emozioni, pensieri e pochissime azioni (un po’ come era successo a Paolo Virzì con Tutti i santi giorni). Preservare intatta l’essenza della matrice originale, significava dunque stravolgerla e dare origine a un’architettura drammaturgica della quale il romanzo era sprovvista. Insomma, dare un corpo filmico a un’anima sostenuta unicamente da un flusso empatico. Gli autori della sceneggiatura ci riescono, ma come vedremo il prezzo da pagare è piuttosto alto e spetta a Campiotti saldarlo. È lui il capo espiatorio di un’opera che non riesce a restituire sullo schermo quello che lo scrittore palermitano aveva saputo imprimere sulle pagine del romanzo, ossia un incontro di boxe con la morte per vedere se qualcosa si poteva salvare. Bonifacci e D’Avenia mettono insieme le tessere di un mosaico e lo fanno passando dalla classica commedia a sfondo scolastico al dramma sentimentale ed esistenziale, ma nemmeno il coraggioso e improvviso cambio di registro permette alla storia di acquistare quello spessore e quella forza drammaturgica necessari ad oltrepassare la soglia della sufficienza. Siamo lontani per fortuna da ciò che Moccia ha prima scritto e poi mostrato nelle sue storie, ma non abbastanza per apprezzarlo nella sua interezza. Qui c’è sicuramente molta più sostanza sulla quale riflettere e argomentare, ben altri temi sui quali misurarsi e che vanno oltre il classico triangolo amoroso tra lui, lei e l’altra che il cinema ha già raccontato in Notte prima degli esami o Come te nessuno mai.
Il risultato è una film che si sforza in tutti i modi di emozionare, ma che a conti fatti sfiora appena le corde del cuore. Il racconto è farraginoso, nonostante la fluidità della narrazione, incapace di scavare in profondità nelle dinamiche che certe tematiche come la malattia e la ricerca di Dio dovrebbero sollevare. La materia narrativa è ambiziosa e complessa, ma male organizzata in una struttura squilibrata e in cerca di un’identità precisa tra il racconto di formazione e quello di transizione (lo stesso male che affliggeva anche il precedente Mai + come prima). Il tutto si consuma dentro e fuori dalle quattro mura di una classe, in un confronto faccia a faccia tra generazioni rappresentate da adolescenti in piena rivoluzione interiore e professori mentori pronti ad indicare loro la strada da percorrere. Sbagliato però pensare a Bianca come il latte, rossa come il sangue come un film sulla scuola e sulla fauna umana che la anima, perché nella sua pochezza lo è molto di più un’opera come Il rosso e il blu di Piccioni. Il perché è dovuto al fatto che i nodi del plot vengono al pettine soprattutto quando ci si allontana dalle soglie della scuola torinese frequentata dal ribelle di turno e dai suoi compagni di classe, ma soprattutto dalla fiamma che gli fa ardere e battere il cuore. Amore e giovinezza, sono i terreni dove il regista varesino è andato spesso a piantare i semi del suo cinema, facendone germogliare film che solo di rado hanno dato dei frutti degni di nota, come nel caso di Corsa di primavera, cronaca pudica, garbata e gracile di un anno scolastico in un paese del Varesotto. Da quel momento, Campiotti ha continuato a riproporre quegli elementi ciclicamente (vedi Come due coccodrilli o Mai + come prima), ma le storie sorte si avvicinavano più a resoconti di un dolore che invece di crescere si fermavano alla mera superficie delle cose e dei gesti. Il quinto film di Campiotti non rispetta i silenzi e gli sguardi, anzi li riempie con musica e dialoghi tutte le volte che non ha la capacità di sostenerli appieno. Ed è questo il demerito più grande, la colpa incancellabile della quale si macchia, che fa passare addirittura in secondo piano la banalità di certe situazione che il film riporta sullo schermo.
La lunga lontananza dal grande schermo a quanto pare non è servita a Campiotti per dare una svolta decisiva al suo modo di concepire il cinema più che a farlo. Nel suo caso, infatti, sin dall’esordio nel 1989 con Corsa di primavera, ha dimostrato di saper descrivere più che raccontare. A otto anni di distanza da Mai + come prima, le cose non sono cambiate, al contrario si assiste a un passo indietro anche dal punto di vista registico, dovuto probabilmente a un lento processo di appiattimento stilistico legato alla sua esperienza sul piccolo schermo, che ha senza ombra di dubbio influito sullo sguardo, sulla messa in quadro e soprattutto sul linguaggio tecnico. In tal senso, Bianca come il latte, rossa come il sangue è lo stadio ultimo di una fase nella quale il suo approccio alla materia filmica ha subito una drastica involuzione. Assistiamo a immagini che messo in immagini con garbo e delicatezza costruite all’insegna di un didascalismo e di una schematicità formale che prima di oggi non era mai appartenuta al regista lombardo ed è questo il dato più allarmante che emerge dalla visione della sua ultima fatica cinematografica.

Voto: 4

Francesco Del Grosso

 #IMG#Amore, morte e commedia a passo di musica

Leo è un diciassettenne trasferitosi con la famiglia da Roma a Torino, frequenta la terza Liceo e ama segretamente Beatrice, una ragazza che frequenta un’altra classe della sua stessa scuola. Al tempo stesso nella classe di Leo arriva un nuovo docente di letteratura e filosofia, capace di catturare l’attenzione dei ragazzi della classe, ma non quella di Leo, troppo intento a pensare ad altro.
Molta musica giovanile e molta banalizzazione attorno a un romanzo evento come quello del professor D’Avenia, qui anche nel ruolo di co-sceneggiatore capace di concedere al quasi ventenne Filippo Scicchitano il privilegio meritato di assumere le sembianze del protagonista di una storia che sulla carta stampata è valsa allo stesso docente di diventare il caso letterario dell’anno, ma che sul grande schermo, complice una serie caratterizzazioni dei personaggi particolarmente infelice, non riesce a catturare l’attenzione del pubblico con la medesima efficacia. Unici a salvarsi lo stesso Scicchitano che dopo due prove cinematografiche e soprattutto dopo l’esordio con Scialla (pellicola del 2011 diretta da Francesco Bruni) riesce nel non facile tentativo di superarsi, aggiungendo una ennesima ottima prova a una carriera ampiamente ancora in rampa di lancio; e Luca Argentero, cui il Varesino Campiotti dona un ruolo intrigante: quello del professore “sognatore”, come risultava dalle pagine del romanzo. Per il resto una pellicola che si perde e disperde nel mondo dei film giovanili e giovanilistici, per non avere la maturità di scegliere un registro: un po’commedia e un po’drammatico, fra una storia di amore adolescenziale e una tragedia sempre in chiave molto lieve come un pezzo dei Modà.

Voto: 6

Ciro Andreotti

VIDEO – BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE – ROMA, 4 APRILE
CLIP Flavio Insinna

FEATURETTE con ALESSANDRO D’AVENIA
FEATURETTE con FILIPPO SCICCHITANO
FEATURETTE LUCA ARGENTERO
CLIP 1
CLIP 2
CLIP 3
TRAILER