Scheda film
Titolo originale: Birdman or (The unexpected virtue of ignorance)
Regia: Alejandro Gonzalez Inarritu
Sceneggiatura: Alejandro Gonzalez Inarritu, Nicolas Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo
Fotografia: Emmanuel Lubezki
Montaggio: Douglas Crise
Scenografie: Kevin Thompson
Costumi: Albert Wolsky
Musiche: Antonio Sanchez
Stati Uniti, 2014 – Commedia/Drammatico – Durata: 119′
Cast: Michael Keaton, Edward Norton, Emma Stone, Naomi Watts, Zach Galifianakis e Amy Ryan.
Uscita: 5 Febbraio 2015
Distribuzione: 20th Century Fox
L’uccello dalle piume di cristallo
Quando si entra in sala e si sta per assistere ad un film di Alejandro Gonzalez Inarritu (Amores Perros – 2000 / Biutiful – 2010) la curiosità e la voglia che inizi subito è fortissima. Il suo modus operandi, quel cinema policentrico, fatto di più storie che avanzano parallelamente, che ci piace tanto e che guarda il dolore da vicino, osservando un realtà tanto disumana da non sembrare vera, non lo ritroviamo nel suo ultimo lavoro, o almeno non completamente. Il regista messicano ci aveva abituato a rappresentazioni in disfacimento e disgregazione direttamente in superficie, al contrario qui le catastrofi avvengono negli svariati sotto testi di questa dissacrante pellicola sul mondo dello spettacolo.
La storia è quella di Riggan Thomson (Michael Keaton, Beetlejuice – 1988 / Robocop – 2014), attore famoso per aver interpretato al cinema il ruolo del super eroe alato Birdman. Dopo il successo planetario legato a quell’unico personaggio arriva inesorabile la caduta. Per riprendersi la popolarità, e non solo, cerca di portare in scena uno spettacolo teatrale nella Grande Mela sui rinomati palcoscenici di Broadway.
Film d’apertura alla Mostra del Cinema di Venezia 2014, dove ha collezionato tanti elogi ma nessun premio, Birdman si è aggiudicato due prestigiosi premi in patria, il Golden Globe per la miglior sceneggiatura originale (Alejandro Gonzalez Inarritu, Nicolas Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo) e per il suo attore protagonista, uno sfavillante e disordinato Michael Keaton. L’attore americano si è trovato talmente a suo agio nell’interpretare il ruolo di un attore sull’orlo del fallimento che sembra assolutamente ovvio legarlo alla sua stessa sorte professionale dopo i fasti del Batman burtoniano. Ora, il film è in attesa della notte degli Oscar 2015, dove è in lizza con ben 9 candidature, tra le quali: miglior film, regia e buona parte del parco attori (lo stesso Keaton, Edward Norton e Emma Stone).
Alejandro G. Inarritu ci offre un opera architettonica di spessore elevatissimo, sia dal punto di vista tecnico che drammaturgico. Esamina minuziosamente il mondo dello spettacolo e lo critica direttamente dall’interno, disintegrando quella Hollywood che tanto piace al mondo intero. E lo fa allestendo una commedia acre, sarcastica, specchio di un spazio di tempo “moderno” che cade rovinosamente e si frantuma in mille pezzi. Depressione, egocentrismo, poco rispetto per il lavoro altrui (vedi denuncia verso i critici teatrali e non solo), alienazione, disumanizzazione e chi più ne ha più ne metta, sono gli elementi chiave di un pellicola confezionata in un lungo piano sequenza d’autore assoluto.
Le due ore del film che non si fermano quasi mai sono la metafora del declino continuo, senza soste per riflettere, di un attore prossimo alla pensione professionale ed al tracollo personale, ma anche di una società rivolta verso l’abisso.
Tutti i protagonisti sono seguiti costantemente da una steadicam che non li molla un minuto. La costante ricerca del volto, una recitazione che rende grazie al teatro, l’intimità dei dialoghi (superbi ed incalzanti), una sceneggiatura tanto raffinata quanto arrogante (super favorita per l’Oscar) ed una colonna sonora fatta solo di batteria, disegnano realisticamente un piccolo strambo mondo che si muove dentro il teatro durante i preparativi dello spettacolo. Universo composto da uomini e donne di tutti i giorni. Il personaggio di Mike Shiner (Edward Norton, Fight club – 1999 / La 25^ ora – 2002) rappresenta la difficoltà di sentirsi se stessi. Riesce ad esserlo solo recitando/fingendo sul palcoscenico e la realtà diventa paradossalmente la sua finzione.
Nel viaggio surreale di Riggan, che comprende una serie di effetti speciali da urlo, facoltà ultra sensoriali e voci sataniche, c’è spazio per anche per una considerazione sulla crossmedialità moderna. Scoperto, in déshabillé dalla folla che invade giornalmente Time Square, il malcapitato attore è vittima di video amatoriali puntualmente messi in rete dopo pochi minuti. L’uso che si fa della nuova tecnologia (youtube, social network) in primis deride la popolarità e solo dopo ci si rende conto che il mezzo potrebbe essere usato per approfondimenti più costruttivi.
Fotografato magistralmente su toni cupi da quinta teatrale, dal premio Oscar per Gravity (2014) Emmanuel Lubezki, Birdman non ricorda in particolare nessun film del passato. La riflessione sul mestiere di attore è presente nell’ultimo lavoro del regista di Rain Man (Oscar miglior film e regia nel 1989) Barry Levinson, The Humbling con Al Pacino, anch’esso passato a Venezia 71’. Certo, il tema irriverente del film del cineasta messicano sovrasta in originalità quello del regista americano avendo comunque qualche punto in comune.
Da vedere perché Birdman è un lungometraggio unico nel suo genere, un film di prima classe. Si posiziona assolutamente tra le perle dell’anno. Si pensava che dopo il divorzio dal suo fidato sceneggiatore Guillermo Arriaga, Inarritu non potesse più raggiungere i livelli di Amores Perros (Nomination Oscar 2001 Film straniero), 21 Grammi e Babel (Nomination Oscar 2007 Miglior Regia), ma ci sbagliavamo. Ha confezionato un mosaico di situazioni bizzarre che collimano perfettamente con gli stati d’animo e con le ansie presenti nella nostra realtà quotidiana. Gli perdoniamo anche il finale, forse troppo autorale, perché il percorso che ci far percorrere per l’intera durata del film toglie il fiato e ci riempie la mente.
Voto: 8
David Siena