Scheda film
Regia, Soggetto e sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Javier Aguirresarobe ASC
Montaggio: Alisa Lepselter A.C.E.
Scenografie: Santo Loquasto
Costumi: Suzy Benzinger
USA, 2013 – Commedia – Durata: 98′
Cast: Cate Blanchett, Alec Baldwin, Bobby Cannavale, Louis C.K., Andrew Dice Clay, Sally Hawkins, Peter Sarsgaard, Michael Stuhlbarg, Max Casella, Alden Ehrenreich, Tammy Blanchard
Uscita: 5 dicembre 2013
Distribuzione: Warner Bros Pictures
Se fosse una rappresentazione teatrale o televisiva sarebbe del tipo “One man show”. L’ultimo film di Woody Allen, Blue Jasmine, è costruito attorno alla protagonista Jasmine (Cate Blanchett): la bravura e l’ottima interpretazione della Blanchett vanno al di là della classica presenza della musa alleniana, dando forza alla storia e agli altri personaggi (che brillano di luce riflessa). Jasmine è una donna sofisticata ed elegante che dopo il fallimento del suo matrimonio con il potente quanto discutibile Hal, ormai in bancarotta, parte da New York per trasferirsi dalla sorella Ginger (Sally Hawkins) a San Francisco.
Sotto effetto di antidepressivi e sempre con un Martini bianco in mano, Jasmine prova a ricominciare una nuova vita ma è imprigionata nelle sue insicurezze e nelle sue ambizioni (troppo alte?) di recuperare una vita lussuosa; ha i nervi a pezzi e sembra sempre sul punto di scoppiare. Lo spettatore entra subito nella psicologia del personaggio, il film si apre con lei in aereo che parla con la vicina di posto anche se poco dopo si scopre che parla da sola (una scena che si ripeterà più volte nel film); non è un caso che il film finisca come è iniziato, sul primo piano della donna mentre parla da sola, ma questa volta non c’è nemmeno una persona vicino a salvare almeno le apparenze, come a simboleggiare il tragico epilogo.
l caratteri distintivi e le passioni di Allen non mancano, il jazz (canzone leit motiv del film è “Blue Moon”, da cui trae origine il titolo del film), qualche panoramica della città (al posto dell’amata New York, c’è San Francisco, anche se per la verità gli scorci della città californiana non sono molti), i rapporti umani sempre al limite del tragicomico, la presenza di una musa ispiratrice. Con questo film, però, il regista ritrova lo smalto e la freschezza che aveva perso nelle ultime pellicole; dipinge la realtà tragica che ci circonda (sullo sfondo ci sono gli affari loschi della finanza) e pur facendolo con ironia trasmette sconforto e commiserazione, grazie alla straordinaria profondità del personaggio e alla grande resa interpretativa dell’attrice.
Voto: 8
Marta Fresolone
#IMG#Di passaggio
Woody Allen non si smentisce mai o, sarebbe meglio dire che, è con Blue Jasmine che torna a farlo dopo la caduta libera di To Rome with love. Personalmente, l’ultimo ricordo piacevole risaliva a Midnight in Paris, dove dichiarava il suo amore per Parigi e rinnovava quello per la Settima Arte e non solo.
Sui titoli di testa ormai dalla firma inconfondibile e accompagnati dalle immancabili note jazz, approdiamo insieme a Jasmine (Cate Blanchett) e alle sue valigie Louis Vuitton all’aeroporto di San Francisco – non è un caso che il regista americano scelga di partire da uno dei non luoghi per eccellenza, presentandoci Jasmine sulla pedana mobile dopo essere atterrata. Spielberg, nel 2004, aveva reso l’aeroporto protagonista in The terminal e tanti altri film (vedi una scena importante di Piccole bugie tra amici) hanno sottolineato la caratteristica di questo ambiente: l’essere di passaggio ed è proprio questo elemento che Allen ci rilancia, sottolineando la condizione logistica, ma soprattutto psicologica della nostra Jasmine.
Dopo aver condotto una vita a cinque stelle in quel di Park Avenue, vezzeggiata da un marito fedifrago e ingannatore (Alec Baldwin), la nostra donna Gelsomino arriva a bussare alla porta della sorella (non consanguinea) di cui aveva sempre disprezzato lo stato sociale e anche il gusto in qualità di uomini. Dopo la cecità d’amore che l’aveva portata a firmare qualsiasi carta che il marito le propinava, senza che si preoccupasse di leggerla, Jasmine è decisa a fare qualcosa di se stessa e inizialmente pensa di portar lei un profumo nuovo nella casa di Ginger (Sally Hawkins), una donna con alle spalle un divorzio, due figli a carico e una relazione attuale che non riceve il consenso della sorella di città.
Sin dalla sua prima apparizione, la donna che può viaggiare solo in prima classe nonostante sia al verde, parla a ruota libera investendo verbalmente prima la sconosciuta (malcapitata) nel posto accanto al suo, poi sua sorella (in un continuo rapporto di amore-odio) e i nipotini fino ad arrivare al soliloquio. Un climax reso magnificamente sullo schermo da una Blanchett in stato di grazia che con vigore dà corpo (nel senso anche letterale del termine) a una sceneggiatura che equilibra ottimamente il piano tragico con quello comico, così insiti nell’esistenza e che Allen ci mostra con la rinnovata chiave di un’ironia personale e appuntita a dovere.
Guardando le crisi nervose così ben inscenate dalla musa di turno del regista che ben sa descrivere le donne, il pensiero corre subito a Blanche DuBois di “Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams e, per noi italiani, alla messa in scena di Antonio Latella che ruotava intorno alla condizione psicologica di Blanche attraversando anche quella umana di tutti gli altri personaggi.
Jasmine, così come si è battezzata lei mutando il nome originario di Janette, si era costruita un suo mondo per esser accettata e inclusa nella società “bene”; ma le maschere prima o poi cadono ed è in quel momento che Xanax, Lithium o Prozac non hanno alcun effetto.
Allen torna così a frequentare gli oggetti delle sue indagini: l’alta borghesia americana, la donna, le psicologie umane e lo fa col suo modo tutto speciale, forte di uno sguardo lucido che può farti sorridere e suscitare, al contempo, tenerezza per quell’essere umano dai tic così “esagerati”, per poi portarti a pensare, sui titoli di coda (se non prima), che potresti essere tu.
Voto: 8
Maria Lucia Tangorra