Scheda film
Regia: Davide Marengo
Soggetto: dal romanzo omonimo di Tullio Avoledo
Sceneggiatura: Davide Marengo, Paolo Logli, Alessandro Pondi, Andrea Cotti, Isotta Toso
Fotografia: Vittorio Omodei Zorini
Montaggio: Giogiò Franchini
Scenografie: Tonino Zera
Costumi: Eva Coen
Musiche: Massimo Nunzi
Suono: Paolo Lucaferri
Produzione: Emme, Rai Cinema, Film Commission Torino-Piemonte
Italia, 2012 – Thriller – Durata 104′
Cast: Guido Caprino, Carolina Crescentini, Maya Sansa, Flora Martinez, Philippe Leroy, Michele Venitucci, Nino Frassica, Ennio Fantastichini, Franco Ravera, Francesco Pannofino
Distribuzione: Microcinema
Uscita: 28 gennaio 2016
Sale:
Money monsters. Accordi mercenari su un lago salato. Danza di maschere indigene e di solitudini svendute. Bionde fatali, canti esotici, madri coraggiose, uomini confusi, tra dio denaro e divinità troppo umane, abusi di potere e inseguimenti metropolitani.
Colonialismo bancario e colonna sonora d’antan per la spy story datata 2012, Breve storia di lunghi tradimenti, di Davide Marengo, già documentarista e regista televisivo di successo, dal piglio visionario e dal taglio industriale sofisticato (suoi Il Commissario Manara e Boris 3).
Con questa “cospirazione del litio” in salsa nordeuropea, persa nel limbo della distribuzione nostrana e ripescata a gennaio 2016, dopo quattro anni, Marengo costruisce un tv movie d’appendice, che vibra di interpretazioni convinte e di colori laceranti, arricchito da situazioni tipiche dell’ultimo Josè Saramago – tra uomini duplicati, gemelli assassini e doppie trame – senz’altro attingendo alla vasta materia offerta da Tullio Avoledo, autore del romanzo omonimo da cui il film è tratto, fortunato romanziere sempre in bilico tra tra giallo post apocalittico e militanza eco-friendly.
Speziando il bollito misto di Shakespeare, Polanski e Rai Fiction, Marengo sballotta il buon Caprino (il protagonista Giulio) in un dedalo oscuro eppure limpidissimo, quindi doloroso, tra presente disgregato, speranze affettive non del tutto vane e giochi cospirativi inattesi; debilitando questo family man e avvocato provinciale che non ama firmare le carte, del proprio divorzio, gettandolo, dopo un passato di attivista insieme all’inseparabile quasi ex-moglie giornalista d’inchiesta, nelle grinfie dell’amministratrice delegata di una banca d’investimento priva di scrupoli, a sua volta manovrata da uno squalo della finanza, in una lotta di potere internazionale. Al centro una torbida guerra tra dittatori, politici e speculatori di ogni sorta, per lo sfruttamento del litio (il nuovo petrolio) in un Paese immaginario del Sud America, Queimada (licenza evidentemente pontecorviana). Omicidi su commissione, tradimenti coniugali, scambi di documenti, resistenze corruttibili, amici ingannati, seduzioni impossibili, tra giacimenti nel deserto bianco e cimiteri nucleari urbani.
La narrazione magmatica rubata agli argentini e una fotografia cianotica, chirurgica, nitida, che ricorda, come del resto i profili spigolosi degli attori, L’industriale di Montaldo, accompagnano e stordiscono lo spettatore in una girandola di nomi e dati, snocciolati con l’accademica dovizia che contorna educata gli stereotipi del genere (l’indagine giornalistica, l’empasse dei poliziotti, l’eroe per caso braccato da buoni e cattivi, i dialoghi didascalici), accumulati senza ossigenare l’opera di quella follia lucida che nell’incipit lascerebbe presagire ben più delirante teatro di vite e di (false) verità. Ma in fondo, è una storia (non troppo breve) di lunghi tradimenti…
Voto: 6 e ½
Sarah Panatta