Scheda film

Regia: Carlo Vanzina
Soggetto e Sceneggiatura: Enrico e Carlo Vanzina
Fotografia: Carlo Tafani
Montaggio: Raimondo Crociani
Scenografie: Tonino Zera
Costumi: Nicoletta Ercole
Musiche: Manuel De Sica
Italia, 2012 – Commedia – Durata: 97′
Cast: Diego Abatantuono, Lino Banfi, Teresa Mannino, Maurizio Mattioli, Vincenzo Salemme, Christian De Sica, Paolo Conticini
Uscita: 30 marzo 2012
Distribuzione: Medusa

 Fratelli di taglia

Italia, paese di santi, navigatori, poeti… e – secondo i Vanzina bros. – nobili decaduti, donne manager inutili, padri inetti, evasori fiscali, notai fedifraghi, politici corrotti, tifosi sfegatati.
Dopo dei titoli di coda tra i più gradevoli visti per un film italiano negli ultimi tempi (lancette d’orologio in libertà e quadranti a tutta birra danzano su uno schermo bianco al suono della ticchettante musica di Manuel De Sica), scandite da didascalie “orarie” e distribuite lungo l’arco di un dì, scorrono le vicende dei protagonisti di questo film: il principe decaduto Ascanio Gaetani Cavallini (Christian De Sica) comincia troppo presto la sua giornata vuota d’impegni e piena di debiti, svegliato dalla troupe che sta girando una fiction televisiva nella sua lussuosa magione; la manager Rosaria Micciché (Teresa Mannino), milanese d’adozione, perde l’aereo a causa di un tassista sprovvisto di “POST” per la sua carta di credito ed in seguito alla lite con lui perde l’aereo, iniziando così tutta una serie di sventure; il rappresentante di domotica – questa sconosciuta! – Romeo Telleschi (Diego Abatantuono), settentrionale emigrato singolarmente a Monopoli, deve fare i conti con la sua famiglia che ha fin lì trascurato; il costruttore romano Alberto Dominici (Maurizio Mattioli), dalle dichiarazioni dei redditi fin troppo allegre, deve fare i conti con un’annunciata ispezione della tributaria, cercando perciò insieme al collaboratore Settimio (Gabriele Cirilli) di togliere di mezzo tutte le prove che lo tradirebbero; il notaio napoletano Luigi Pinardi (Vincenzo Salemme) viene convinto da un amico a sfruttare la casa libera contattando la escort Svetlana (Daria Baykalova), venendo però scoperto dalla moglie, costringendosi a far passare la fanciulla per sua figlia; il deputato in odore di corruzione Leonardo Lo Bianco (Lino Banfi) deve trovare i voti in parlamento per evitare l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti ricorrendo a tutti i suoi amici, sia vivi che morti; il tifoso Cecco (Paolo Conticini), fidanzato più con la Fiorentina che con la bella Chiara (Francini), va in trasferta a Verona costringendola a ripetere pedissequamente tutti gli stessi gesti ed eventi della partita di sei mesi prima, vinta dalla sua squadra. Si rincontreranno più o meno tutti tre mesi dopo in una puntata de “I soliti ignoti” alla corte di Fabrizio Frizzi, tanto per rassicurare il pubblico televisivo in astinenza.
Con un’abituale commedia corale al sapore di instant-movie i fratelli Vanzina cercano di dire la loro sulla nuova Italia post-berlusconiana, quella del governo tecnico tanto vituperato dal principe Ascanio e poco amato dal palazzinaro Dominici che si vede piombare la guardia di finanza in casa. Lo schema è quello del film ad episodi a montaggio alternato che cerca così di infondere una certa unità e continuità di fondo. Ma ad essere logori sono i modelli di un vecchio cinema che si tenta di applicare alla realtà contemporanea: il principe squattrinato viene direttamente da Il conte Max, mentre i controlli fiscali infarciscono buona parte della commedia italiana dal dopoguerra ad oggi – ed il benestante che si finge indigente imperversa da C’eravamo tanto amati ad Un povero ricco – così come il figlio, che prende alla lettera gli insegnamenti del padre ed in un modo o nell’altro lo frega, arriva direttamente dall’episodio “L’Educazione sentimentale” de I mostri; e da quel film viene anche il tifoso sfegatato (“Che vitaccia!”), mescolato al Sordi che ne “L’Automobile” (costola de La mia signora) si preoccupava più delle conseguenze sui propri affari del tradimento della moglie che delle corna in sé; mentre ancora il padre che si confronta coi figli ricorda troppo il Walter Chiari del risiano Il giovedì; infine la donna manager è un’autocitazione aggiornata, tra quote rosa, computer, iPad e Blackberry, del lontano Yuppies.
Quindi i Vanzina – lungi dal voler (e poter) attualizzare il succitato I mostri – non inventano nulla di nuovo, ma ci regalano una commedia tutto sommato vedibile, nella quale, se su sette storie due sono proprio debolucce – quelle di De Sica e di Abatantuono – l’episodio migliore rimane anche il più originale: quello con un sempre insuperabile Lino Banfi, addirittura autoironico – “lo sai come chezzo parlo!” – politico della seconda repubblica aspirante terza, implicato in una non troppo improbabile “P8”, che fa votare a suo favore anche un collega appena morto tra le chiappe, pardon, braccia di una trans.

Voto: * *½

Paolo Dallimonti