Scheda film
Regia: Daniel Barnz
Sceneggiatura: Patrick Tobin
Fotografia: Rachel Morrison
Montaggio: Kristina Boden, Michelle Harrison
Scenografie: Joseph T. Garrity
Costumi: Karyn Wagner
Musiche: Christophe Beck
USA, 2014 – Drammatico – Durata: 100’
Cast: Jennifer Aniston, Adriana Barraza, Anna Kendrick, Sam Worthington, Mamie Gummer, Felicity Huffman, William H. Macy, Chris Messina, Lucy Punch, Britt Robertson
Uscita: 7 Maggio 2015
Distribuzione: Warner Bros. Italia

Sale: 21

Torta amara

Cake è la storia di una madre, Claire Bennett (Jennifer Aniston, Mia Moglie per finta – 2011) , rimasta senza affetti. La vita le è crollata addosso. Una tragedia ha irrimediabilmente modificato il suo mondo. I segni sono visibili esteriormente, ma soprattutto sono presenti nella sua anima. Costretta a terapie fisiche e psicologiche, le affronta con superficialità, annegando tutto nell’alcol ed abusando di antidolorifici. Il suicidio di Nina (Anna Kendrick, Tra le Nuvole – 2009), compagna del gruppo di sostegno, apre ulteriormente le ferite interiori. Ora bisogna decidere se curarle o lasciarle infettare irreversibilmente. Gli stati d’animo cambiano come in un giorno di primavera anticipata, dove il maltempo arriva repentino. Gli sbalzi di umore e la ricerca di una via d’uscita sono lo scheletro narrativo di questo film perennemente in bilico tra la morte e la salvezza.

Il lungometraggio, presentato in concorso al Toronto Film Festival 2014, potrebbe sembrare un film a sottrazione, ma non lo è. Claire vuole essere salvata, cerca la salvezza in tanti modi. La sceneggiatura di Patrick Tobin, che parla ad una sola voce, non è mai noiosa, ma sarcastica al punto giusto (presente nella Black List delle migliori sceneggiature non prodotte nel 2013).

Jennifer Aniston per la sua intensa interpretazione si è meritata una nomination al Golden Globe 2015. Essendo lei, anche produttore esecutivo della pellicola, ha avuto la possibilità di modellare a suo piacimento il personaggio. Donna chiusa e rude. Ricorda vagamente una “malefica” disneyana, che ce l’ha a morte con il mondo, ma ricerca nella quotidianità quel bene che gli permetterebbe di non abbandonarlo. Nella sua vita è presente soltanto la governante (Adriana Barraza, Amores Perros – 2000), che ricopre un ruolo materno e custodisce i ricordi della sua esistenza. Non le lascia sperperare nulla e la trasporta (proprio fisicamente) tutti i giorni, con il Suv di famiglia, in giro per la città di Los Angeles. Luogo ideale dove i percorsi, le avenue, gli incroci ed il traffico, sembrano essere la sublimazione metaforica della continua ricerca da parte della protagonista di una via d’uscita per il suo cuore colmo di dolore. Le strade da percorrere le sceglie Claire in prima persona, ma si lascia guidare da chi pensa essere migliore di lei. Le vie ed i viali del suo essere sono chiusi, senza una destinazione ben definita. Porte sbarrate dal senso di colpa. Pensa di non meritarsi una seconda chance.
Le cicatrici che la protagonista porta addosso, visibili al mondo, sono le metastasi del suo dolore. Salgono fino in superficie, le accarezzano la pelle e cercano terra fertile per attecchire. Claire prova a sotterrarle. Cerca di riparare se stessa con la ricerca di un nuovo amore. Prova ad abbozzare un rapporto con il marito dell’amica appena morta (Sam Worthington, Avatar – 2009). Recupera anche una ragazza in un drugstore, che le prepara si una torta, ma le ruba i soldi. Il dolce al cioccolato è buonissimo, ma raffazzonato e figlio di qualcosa di disturbato.

La regia di Daniel Barnz (Phoebe in Wonderland – 2008) si concentra sui primi piani di Claire, è intima e mette in risalto la non bellezza fisica. Disarmonia visiva ricercata fortemente da Jennifer Aniston per rendere credibile il suo personaggio. Brava nella sua prima prova drammatica. Così nichilista da essere, a tratti, quasi comica. (vedi marmo della lapide piacerle come piano da cucina).

Nella pellicola è presente un singolare aneddoto da cinefilo. La governante (la sempre convincente attrice messicana Adriana Barraza) rivive problematiche di frontiera, tra gli States ed il Messico, come in Babel (2006) di Alejandro G. Inarritu. Nostalgia del maestro messicano o costante desiderio di tornare a casa?

Cake ha il pregio di evidenziare il dolore vero, quello con la “D” maiuscola. Forse in alcuni tratti del film un po’ telefonato all’americana, ma presente e vivo. Citando una frase della protagonista: “La rabbia è così piacevole, è come una droga”, ci si interroga su come si può fondare un’intera esistenza cercando di ripararsi dagli agenti esterni, colpevolizzandoli per sentirsi meno colpevoli con se stessi.

Voto: 6 e ½

David Siena