Un anno svestito spiritosamente

Ispirato ad una storia vera, ma così ben fatto da sembrare inventato di sana pianta, il film si inserisce in quella corrente del cinema britannico, che potremmo definire “commedia brillante a sfondo sociale” inaugurata da “Full Monty”, pur spiccando sulla media per qualità.

L’idea, anche quella vera, alla base è estremamente originale e costituisce il punto di forza della pellicola, ma, trattandosi di uno spunto “forte”, d’impatto, poteva esserne anche il tallone d’Achille ed esaurirsi in se stessa. L’abilità del regista e degli sceneggiatori sta proprio nel dare ampio respiro alla vicenda, costellandola di piccoli colpi di scena, spesso inaspettati. Notevole è anche l’equilibrio tra momenti comici ed altri più intensi, che parlano direttamente al cuore. In questo svolgono un ruolo primario le due protagoniste, Helen Mirren e Julie Walters, a dir poco strepitose, che incarnano rispettivamente i due registri, brillante e commovente. Azzeccato anche l’ingresso immediato della malattia nel racconto, sia per il modo in cui viene narrato, sia per il cambio di tono generale, che non ci impedisce di ridere a crepapelle, ma ci fa rendere conto di essere davanti ad un’opera importante.
“Calendar girls” alla fine non risulta come il “solito film carino”: ci fa riflettere sulla vita, sul suo senso, sul tempo che scorre inesorabile, sulle persone che scorrendo si porta via e su quelle che invece restano. Non è mai banale o bozzettistico, ma realista e sincero: all’uscita dalla sala non ci lascia la bocca dolce, smielata, ma nemmeno amara.

Paolo Dallimonti