Regia: Robert Rodriguez
Soggetto, sceneggiatura, montaggio, fotografia, musica: Robert Rodriguez
Cast: Antonio Banderas, Salma Hayek, Johnny Depp, Eva Mendes, Willem Dafoe, Mickey Rourke Durata: 97 min.
Paese: Messico/USA Anno:2003

Recensione n.1

Inverosimile pasticcio visivo, dalla trama incomprensibile, e con personaggi dal ruolo apparentemente inutile (Mickey Rourke). Indubbiamente il regista si è divertito a girarlo, noi ci divertiamo solo a tratti a seguire questa sorta di controrivoluzione messicana, capeggiata dal Mariachi Banderas. Voto 1,5 su 4

Vito Casale

Recensione n.2

C’era grande attesa per il ritorno in pompa magna di Robert Rodriguez, con un’opera annunciata quale la chiusura della trilogia del Mariachi, personaggio da lui inventato nell’omonimo film, al quale fece seguito Desperado, con il quale condivide anche l’attore protagonista, Antonio Banderas. Sin dal titolo, un chiaro riferimento a Sergio Leone, i cuori dei nostalgici del western iniziarono a palpitare, a maggior ragione per il fatto che dietro la macchina da presa c’era un regista che mai aveva negato il cinema di genere old style come modello di ispirazione artistica. Il fatto poi che il titolo gli fosse suggerito dal genietto del cinema contemporaneo, nonché amico di vecchia data Tarantino, contribuiva ancora di più a tenere desta l’attenzione del pubblico. Ebbene, deve essere ben chiaro che nel momento in cui si indica un modello di riferimento artistico non è possibile poi sottrarsi ad un giudizio che assuma quel modello quale parametro di confronto; un pericolo di cui tener conto, pericoloso tantopiù se il parametro è di siffatta levatura. La chiave di lettura del film stà proprio qui: se Tarantino, col suo ultimo Kill Bill, riesce a creare un’opera che parte da numerosi riferimenti e li ammanta di un’unitarietà in grado di esaltare il cinema del passato senza mai abdicare alla propria personalità stilistica, Rodriguez dimostra di avere capito poco del cinema western. Infila una serie di sequenze mozzafiato, con inseguimenti, sparatorie, regolamenti di conti, tutti costruiti su di un montaggio serrato, zoom velocissimi, primi piani e dettagli di ogni genere, ma tutto ci appare un calderone sovrabbondante e soprattutto facilmente consumabile da parte dello spettatore. A tratti appare indeciso tra il gusto visivo tipico degli western-spaghetti e la mirabolante ed acrobatica velocità di un John Woo, non c’è una inquadratura che resti impressa nella memoria, la suggestione e la forza delle immagini viene fuori solo a sprazzi, come nella sequenza iniziale dei titoli di testa, con il mercatino di chitarre ed il Mariachi che dalla cima della chiesa rievoca i fatti drammatici del passato, che creano un legame con le puntate precedenti. Oltremodo insistita la sottolineature del rapporto seminale tra Banderas e soci da una parte e la chitarra-arma dall’altra, ormai privo di suggestione per chi ha visto i primi due film. Ed anche l’idea d’infarcire il cast di attori celebri poco si addice ad un regista autarchico che da un lato si comporta da fac-totum occupandosi di regia, sceneggiatura, montaggio, musica, e dall’altro spreca splendide facce da grande schermo, quali quelle di Dafoe e Rourke, affidandogli ruoli minori e sostanzialmente anonimi. Va meglio con Johnny Depp, il contraltare americano, nei vezzi e nella caratterizzazione, di un microcosmo fortemente messicano. Anche la bellissima Salma Hayek trova spazio solo nei flashback, che parallelamente all’azione in corso materializzano i ricordi del Mariachi e spiegano a noi spettatori i motivi dell’odio nei confronti del cattivo, idea quest’ultima comunque originale. La forza del film sta proprio qui, in uno script veloce ed avvincente, con numerosi personaggi che fanno il doppio gioco e creano una sensazione di confusione, rendendo difficile la distinzione tra buoni e cattivi. Un film in ultima analisi godibile, un’ora e mezza di avvincenti avventure destinati ad essere, loro malgrado, presto dimenticate. Non si può voler male ad un outsider pieno di grinta come Rodriguez, è bello sapere che ancora oggi ci sia qualcuno che guarda con rispetto ed ammirazione ad un cinema artigianale, fatto di pochi mezzi e tante idee, popolare nel senso più autenticamente genuino e positivo del termine. Ma le immagini leoniane stazionano fortemente nella memoria cinematografica dopo anni ed anni, quelle di C’era una volta in Messico, almeno nella mia mente, iniziano già a sbiadire.

Mauro Tagliabue

Recensione n.3

“Dal tramonto all’alba” uno stile inconfondibile, dove l’ironia sfuma nel cinismo e la narrazione procede per siparietti sovraeccitati. Alla base una grande voglia di divertirsi e di giocare con i cliche’ cinematografici demolendo e/o rinvigorendo il mito. Questa volta a farne le spese sono gli eroi tutti d’un pezzo delle epopee western, gia’ nelle mire del giovane regista americano dai tempi del fulminante esordio con “El Mariachi” e del suo rifacimento ad alto budget “Desperado”. L’ipotetica trilogia trova in “C’era una volta in Messico” degna conclusione. La storia e’ un susseguirsi infinito di doppi giochi e tradimenti: ogni volta che sembra di avere individuato il “cattivo” ecco che compare un personaggio ancora piu’ crudele e dissoluto. Si uccide senza pieta’ e il gioco si tinge frequentemente di rosso con un certo gusto, ormai risaputo, per l’esibizione. Il pasticcio funziona perche’ sembra non prendersi mai sul serio, con una leggerezza che finisce per diventare contagioso divertimento, anche se il finale, con Banderas avvolto nella bandiera messicana, qualche dubbio lo insinua. Rodriguez, oltre che talento factotum (dirige il film, ha scritto soggetto e sceneggiatura e si e’ occupato della fotografia e del montaggio), conferma le sue doti di brillanteintrattenitore, capace di conciliare la tecnica con il racconto: spassosa la fuga tra i tetti di Antonio Banderas e Salma Hayek incatenati, meno riuscito il fumettistico inseguimento tra moto, un po’ ripetitive (oltre che palesemente finte) le esplosioni digitali.
Nel cast stellare che il regista e’ riuscito a riunire per la sua scorribanda cinefila, primeggia il versatile Johnny Depp (pronto, nel finale, per un bio-pic su Michael Jackson) mentre Banderas con capello liscio sembra sempre sul punto di intonare “il triangolo no”. Tra i ruoli minori bamboleggia Enrique Iglesias, conferma in poche battute il suo carisma Willem Defoe, si fa notare la bellezza di Eva Mendes, e’ inquadrata dal lato giusto Salma Hayek e torna in una piccola parte il redivivo e segnato Mickey Rourke. Marco Leonardi ha, per fortuna, poche battute. Determinante il contributo sonoro, derivante anch’esso da un gioco di squadra a cui gli attori si sono prestati con entusiasmo.
Molte canzoni sono infatti composte e cantate dagli interpreti del film, traendo spunto dalle intramontabili sonorita’ di Morricone.

Luca Baroncini (da www.spietati.it)