Scheda film
Regia: Mary Harron
Soggetto: basato su “The family” di Ed Sanders e ispirato al libro di Karlene Faith
Sceneggiatura: Guinevere Turner
Fotografia: Crille Forsberg
Montaggio: Andrew Hafitz
Scenografie: Dins Danielsen
Costumi: Elizabeth Warn
Musiche: Keegan DeWitt
Suono: Phillip Bladh
USA, 2018 – Drammatico/Biografico – Durata: 110′
Cast: Hannah Murray, Matt Smith, Sosie Bacon, Marianne Rendòn, Merritt Wever, Suki Waterhouse, Chace Crawford
Uscita: 22 agosto 2019
Distribuzione: No.Mad Entertainment

Sale: 28

Confessioni di tre menti pericolose

Con l’occasione di un anniversario forse non troppo da celebrare, quello della strage di Cielo Drive ad Hollywood il 9 agosto del 1969, ecco arrivare nelle sale più film che riportano alla ribalta Charles Manson e la sua “Family”. In attesa di vedere il 18 settembre sui nostri schermi l’ultimo film di Quentin Tarantino, C’era una volta a… Hollywood, No.Mad Entertainment porta al cinema dal 22 agosto questa pellicola dal titolo molto suggestivo, Charlie says, già vecchia di un anno.

Tre anni dopo i fatti di sangue, l’insegnante in carcere Karlene Faith (Merritt Wever) viene chiamata dalla direttrice del penitenziario che ospita le tre ex-ancelle di Charles Manson per occuparsi di loro. Dopo che lo stato della California ha abolito la pena di morte, nessuno vuole le tre fanciulle: il Governatore si oppone in ogni modo alla loro liberazione e le ragazze restano in prigione, “come color che son sospesi”. La docente, fervente femminista, ben consapevole di cosa ciò possa comportare, cercherà di risvegliare le loro coscienze, ancora addormentate, e i loro cervelli, che non sembrano aver perso gli effetti del lavaggio perpetrato dal carismatico leader. Patricia Krenwinkel (Sosie Bacon), Susan Atkins (Marianne Rendòn), Leslie Van Houten (Hannah Murray), ribattezzate dal loro diabolico mentore rispettivamente “Katie”, “Sadie” e “Lulu”, che sembrano non essere mai uscite dallo “Spahn Ranch”, permanendo in uno stato di estraniamento, di affettata e sinistra carineria, inizieranno a ricordare, con dolore, ed a (ri)portarci lentamente in quell’inferno ammantato di paradiso. Sarà l’ultima delle tre a riappropriarsi per prima della propria identità e della propria persona, con un reale pentimento ed un ponderato “what if?…” proprio nell’ultimissima scena.

Presentato lo scorso anno a Venezia e distribuito in maniera un po’ travagliata nel proprio paese, passato anche al rinato Fantafestival 2019, Charlie says ha dalla sua il pedigree di una regista di talento e “tosta” come Mary Harron (suoi Ho sparato ad Andy WharolAmerican Psycho e il da noi inedito The notorious Betty Page), i libri di Ed Sanders e della stessa Karlene Faith ed un cast veramente eccezionale, che comprende le quattro protagoniste e quell’attore assai sottovalutato che risponde al nome di Matt Smith (anche uno dei tanti volti del Doctor Who) e che incarna un Charles Manson fin troppo umano, inquadrandolo in tutte le sue mille sfaccettature, da dio a ciarlatano, da fine ed abilissimo manipolatore a persona frustrata e triste.

Il difetto principale del film è però quello di non centrare spesso l’obiettivo, come se la Harron avesse dovuto comprimere il più possibile in meno di due ore una vasta quantità di girato, col risultato di non approfondire troppo determinate questioni e lasciarne in sospeso altre: il femminismo di cui si fa latrice Karlene sembra non andare troppo in conflitto col bigottismo retrogrado delle tre fanciulle, come se da solo, senza troppe argomentazioni, fosse già sufficiente per (ri)svegliarle. Se da una parte ha senso (e funziona) concentrare tutto su Lulu, fragile e forte allo stesso tempo, per mostrarne l’esemplare parabola dal primo all’ultimo fotogramma, questo finisce però per sbilanciare il racconto che, dopo aver tratto forza dai primi flashback, finisce invece poi per frammentarsi e perdersi col proseguo della storia.

Una pellicola riuscita a metà, che può comunque incuriosire ed anche far riflettere lo spettatore che in questa fine estate si incammini verso una fresca sala cinematografica in cerca di qualcosa in più di un po’ di sano intrattenimento.

RARO perché… è un film interessante benché non del tutto riuscito e sfrutta astutamente per l’uscita l’onda lunga del film di Tarantino.

Voto: 6 e ½

Paolo Dallimonti