Regia di Mike Nichols
CAST: Jude Law, Julia Roberts, Natalie Portman, Clive Owen

Recensione n.1

Quattro persone, quattro cuori, quattro menti.
Nella razionalità e irrazionalità di Londra, luogo ideale per i suoi folli movimenti, due uomini e due donne, si incontrano, si innamorano, litigano e si lasciano, seguendo un percorso incrociato, guidato dalle sensazioni e dalle passioni. L’amore trionfa, forse, ma la sensazione di disagio relazionale pervade le loro menti, quietandosi solo nel letto coniugale.
Mike Nichols trova, con “Closer”, una sceneggiatura che può dare nuovo smalto al suo stile ultimamente appassito e poco graffiante. Uno script tratto da una pièce teatrale di successo, riconosciuta con numerosi premi.
Si comprende già dall’intro, col sottofondo meraviglioso di “Blower’s daughter” di Damien Rice, e con l’affascinante gioco di sguardi fra il giornalista Jude Law e la girovaga Nathalie Portman, che l’abituale patinata
messa in scena del regista potrebbe lentamente divenire più profonda, per sviluppare la semplicità dei rapporti nei più reconditi risvolti, nascosti dietro le belle facce.
“Closer” diviene quindi un istante, un fotogramma dell’attualità, di come le relazioni sono vissute, senza profondità, facendo sgorgare la passione fino al suo esaurimento. Al termine, non c’è più niente se non la routine, rinnegata dai più, e sottilmente amata da chi sa come affrontarla.
Immersi nell’atmosfera azzurrastra dei luoghi, riscaldata dal calore delle case e dal “fuoco” dei peep show, gli attori sono a loro agio e costruiscono gli intrecci funzionali al plot, coerenti con gli ambienti in cui si muovono.Le interpretazioni risultano la chiave di questo gioco delle parti. I quattro protagonisti costruiscono i susseguirsi degli eventi con semplicità, e Owen si supera nel suo ruolo di “compagno-amante per caso”, oscurando la sua dolce metà Julia Roberts, unica del gruppo ad essere quasi fuori parte per i suoi sorrisi troppo americani.
“Closer” è un’istantanea rappresentazione del nostro tempo, in cui l’amore è vissuto con leggerezza nei suoi momenti più alti. C’è un inizio e una fine, sole emozioni di una relazione, oppure c’è l’abitudine, rotta dalla trasgressione. Sono insiemi imprescindibili, conseguenze di un’esistenza priva di equilibrio figlia dei nostri tempi. Voto 7

Mattia Nicoletti

Recensione n.2

Closer è un film interessante. Non perfetto, non completamente positivo, ma che merita comunque un’attenta visione, per il mondo di egoismo e cattiverie che dipinge con freddezza e sarcasmo. Tutto l’impianto narrativo del film è focalizzato sul dialogo, forse anche con qualche eccedenza di troppo ed una credibilità che talvolta si affievolisce, ma così sincero, energico, tagliente e mordace da spiazzare e allo stesso tempo convincere lo spettatore. La sceneggiatura è quindi la forza del film, una spirale di relazioni, separazioni, ritrovamenti, frasi, aggettivi, pianti e sorrisi non sorretta al meglio da una regia troppo attenta a far respirare l’origine teatrale del film, perdendo così qualche sfumatura cinematografica che avrebbe reso Closer meno ripetitivo e didascalico. E quando il dialogo è così importante e vitale in un film, la scelta del cast si fa ancora più decisiva: ecco che Nichols ha quindi chiamato un quartetto d’attori rinomato e versatile per portare sullo schermo i suoi dialoghi dai tempi da commedia e significati da melodramma. Come recitazione d’insieme, Closer è decisamente ottimo. Ma a ben guardare, sono la ritrovata Natalie Portman e il fiorente Clive Owen ad offrire le migliori interpretazioni. Lei maliziosa e provocante, nuda nell’anima e divertita dal personaggio, lui amante dello sguardo e della sfrontatezza, insieme regalano i momenti migliori del film. Le due star invece, Jude Law e Julia Roberts, convincono ma non esaltano. Law leggermente incolore e anonimo, ma comunque bravo alle prese con il personaggio meno amabile dei quattro. La Roberts, che nonostante tutto regala forse una delle sue migliori performance, non aggiunge niente di così sorprendentemente nuovo a ciò che ha fatto in passato, limitandosi ad assicurare quel carisma accomodante e quella bravura non eccelsa ma di buon livello che ha sempre dimostrato. Certo è che le parti non erano delle più semplici. In Closer non si salva nessuno, che siano uno scrittore egoista e insoddisfatto o una spogliarellista tanto graziosa all’apparenza quanto falsa e lunatica nel profondo. Nel film i quattro attori si trovano a recitare i momenti culminanti di una relazione, quindi ne vediamo solo l’incontro, il tradimento, la separazione, la decisione di tornare insieme. Una scelta che a prima vista può lasciare interdetti, ma che poi si rivela fondamentale nel rappresentare il tema del film: Closer parla del NON amore. I quattro protagonisti trascinano avanti relazioni stanche che vivono solo di quei rari momenti di passione iniziale, per poi arenarsi nella noia e nella monotonia, così che finiscono per ferirsi l’un l’altro e separarsi cercando un’altra persona. Vediamo raramente i momenti di pace e puro amore, tralasciati in favore dei litigi, degli sguardi agli altri, dell’infatuazione iniziale che lascia presto il posto ad un continuo ferirsi nel nome dell’autodistruzione e infelicità. Qui nessuno si ama, e tutti amano sé stessi. Sono all’estrema ricerca di qualcuno che li faccia sentire vivi, ma si stancano presto perché sono sì egoisti e presuntuosi, ma anche incapaci di accettarsi così come sono e potersi quindi donare all’altro, amando ed essendo amati. Closer non è conciliatorio, non ci sono grandi storie d’amore, ma solo un mondo fatto di ipocrisie e incontri fugaci, di momenti di scintille sotterrati da cattiverie ed disinteressi, dove l’amore è irraggiungibile e quello che facciamo ogni giorno è solamente amare degli estranei.
VOTO: 7 ½

Claudia Scopino

Recensione n.3

CHI AMA A PRIMA VISTA, TRADISCE AD OGNI SGUARDO

Chi ama a prima vista, tradisce ad ogni sguardo. Mai slogan più azzeccato per un film come Closer, che ha come tematiche fondamentali proprio il sucker love (l’amore facile, a prima vista) e il tradimento.
L’opera di Nichols si apre con una splendida sequenza: una massa di gente che cammina per le strade di Londra, due volti si incrociano lontanamente dando quel senso di magia che solo il Cinema può suscitare. In una strada piena di estranei, due volti si incrociano fermando il tempo interiore, è come un deja vù di qualcosa che stanno rivivendo, come se non fosse del tutto casuale, come se fosse tutto predestinato.
Fin da questa prima sequenza Nichols dimostra il suo tocco sobrio di regia: un rallenty, il silenzio che si fonde con la canzone iniziale (The Blower’s Daughter di Damien Rice), e la cinepresa che si avvicina pian piano ai volti dei protagonisti, closer and closer, fino al primo piano.
Tratto da un piece teatrale di Patrick Marber (qui in veste di sceneggiatore), Nichols rimane quasi in disparte, capisce la potenzialità dell’opera originale e non sente il bisogno di modificarlo più di tanto, lasciando una messinscena tipicamente da teatro: movimenti leggeri e lenti di cinepresa che si alternano ad inquadrature fisse, e soprattutto, essendo Closer un film che comunica con i dialoghi, tanti, tantissimi primi piani.
Il regista dimostra grande sensibilità e cura soprattutto nella direzione degli attori, tirando fuori da essi dei primi piani sublimi, come per esempio la Natalie Portman lacrimante mentre viene fotografata da Julia Roberts, o un Clive Owen con gli occhi in fiamme che urla: Vaffanculo e muori, sei soltanto una bagascia!. La regia è un mix esplosivo di caldo e freddo, di fuoco e ghiaccio, infatti se da una parte percepiamo le emozioni percepite dai protagonisti (passione, odio, rabbia), da una parte c’è il raffreddamento dato dallo stampo teatrale e dagli improvvisi stacchi temporali.
Argomento che può interessare o meno, Closer fa una ricca analisi della vita di coppia con il semplice uso dei dialoghi; la sceneggiatura di Marber compie un giro di 360° nella vita di coppia, il tutto con rigida e pura spietatezza, senza risparmiare cinismo. Si comincia con l’amore, il tradimento indifferente, poi il tradimento (finto?) sofferto, la vendetta per orgoglio, il ritorno alla ex fiamma per ripicca, ed il pentimento finale di aver sprecato un dono come l’amore.
Un film adulto senza mezze misure, esplicitamente cattivo che offre diversi spunti di riflessione. E’ come guardarsi allo specchio e capire di essere degli stronzi.

Pierre Hombrebueno

Recensione n.4

Quello a cui si assiste nel nuovo film di Mike Nichols non è il solito e tradizionale triangolo amoroso; ciò che il regista mette in scena è un quadro più complesso di cui sono protagonisti 4 personaggi che incorciano in modo continuo le proprie vite ed i propri sentimenti producendo amore e sofferenza.
“Closer” è la storia di Anna (Julia Roberts), Daniel (Jude Law), Alice (Natalie Portman) e Larry (Clive Owen).
Tutto inizia con l’incontro tra Daniel, giornalista con aspirazioni lettararie che lavora per la pagina dei necrologi, e Alice, ex spogliarellista in cerca di una nuova vita a Londra. Da questo incontro casuale nasce un amore che diventerà il soggetto per il tanto desiderato libro di Daniel. Ed è così che lo scrittore viene a contato con Anna, fotografa di successo ingaggiata per scattare a Daniel delle foto per la copertina del suo libro; un bacio inaspettato complica profondamente la cose tra di loro scatenando, in apparenza solo in lui, una profonda forza di atttrazione reciproca ed un desiderio di possesso. E sara poi proprio Daniel che, inconsapevolmente ed involontariamente, diventerà l’artefice dell’incontro tra Anna e Larry.
Guardando “Closer” viene da chiedersi se è vero che l’amore nasce da una casualità. Secondo quanto Nichols ci propone sembra proprio di sì; è per caso, infatti, che gli sguardi di Daniel ed Alice si incrociano tra quelli di centinaia di altre persone mentre camminano per strada, è per caso che Daniel viene fotografato proprio da Anna , è per una casualità che Anna e Larry si incontrano davanti alla vasca dei pesci di un acquario ed altrettanto per caso è l’incontro di Alice e Larry alla mostra della fotografa.
Il film è un continuo intrecciarsi delle vite di questi personaggi, intrecci che portano alla nascita di relazioni, di sentimenti, di tradimenti, ad abbandoni e riconciliazioni. Alla fine quello che rimane di ciò che è stato è solo il ricordo del primo sguardo, del primo incontro, delle prime parole dettesi e la sofferenza causata o subita ed il senso di colpa per quanto accaduto.
A prescindere dalla condivisione o meno del pensiero del regista non si può negare che quello che viene messo in scena è un ritratto, seppur terribilmente amaro e crudo, di come si sviluppano oggi le relazioni, di come il tradimento sia sempre dietro l’angolo, di come alla fine finiamo sempre per ferire le persone che ci sono più vicine (closer) e di come spesso l’amore venga errroneamente confuso con la passione per cui quando questa si esaurisce non si hanno più stimoli e ci si convince che l’amore non basta e non è più sufficiente a stare assieme.

Silvia Benassi