Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura:Monica Dugo
Fotografia: Gianni Mammolotti
Montaggio: Paola Traverso
Scenografie: Emanuela Zappacosta
Costumi:
Nicoletta Taranta
Suono: Yann Fardelli
Italia, 2022 – Drammatico – Durata: 80′
Cast: Monica Dugo, Romana Maggiora Vergano, Edoardo Boschetti, Angelo Libri, Sandra Collodel, Francesco Gheghi, Martina Brusco
Uscita in sala: 24 agosto 2023
Distribuzione:
Cloud 9 Film

Cronache dell’armadio

Quando Daniele (Angelo Libri) svuota la sua parte dell’armadio e va via di casa, Lisa (Monica Dugo), la moglie, trova in quello stesso armadio un rifugio, un posto dove nascondere il dolore e provare a curarlo…
Sveva (Romana Maggiora Vergano), la figlia sedicenne, fa di tutto per tirarla fuori, non accettando il comportamento bizzarro della madre e l’assenza, inspiegabile per lei, del padre.
Daniele non tornerà a casa, ma Lisa riuscirà, grazie all’amore dei suoi figli e a una forza ritrovata, a compiere il primo passo per il superamento del dolore.

Originale debutto nel lungometraggio per Monica Dugo, volto noto di cinema e televisione, che aveva già esordito nel 2015 col corto Domani smetto, e presentato alla scorsa Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia nella sezione “Biennale College Cinema”, il film approda solo ora in sala.

“Ci sono film che partono con un personaggio”, ha dichiarato la regista, “altri con una storia ben definita, il mio è partito con un’ immagine. Un armadio vuoto. Uno spazio vuoto ridotto, ma gigantesco ai miei occhi.” E, ridendo, ha pensato se una donna in crisi potesse chiudervisi dentro. E quell’idea di sofferenza, gestita in modo particolare, continuava a farla ridere, pensando anche alle reazioni degli altri. Così insieme alla scenografa Emanuela Zappacosta, alla costumista Nicoletta Taranta e al direttore della fotografia Gianni Mammolotti ha iniziato a dar vita a questo oggetto transizionale, ai suoi pannelli mobili, ai vestiti che vi sono all’interno, alla quantità luce che vi entra a seconda dell’umore della protagonista.

L’idea di chiudersi in un guscio, appunto “come le tartarughe”, per proteggersi da una sorta di lutto inaspettato, ma sotto sotto atteso, è tutto sommato sostenuto da una sceneggiatura che non ha particolari colpi d’ala, ma procede spedita. Inoltre la breve durata aiuta senz’altro il risultato finale. La teatralità dell’impianto stesso riesce alla fine ad essere più un pregio che un difetto, sfruttando fin dall’interno l’ingombrante oggetto transizionale. Un film molto personale, ma che non può definirsi non riuscito.

Voto: 6 e ½

Paolo Dallimonti