La ITC Movie, casa di produzione bolognese, cerca da qualche anno di inserirsi nel mercato cinematografico con film che puntano sulla verve degli interpreti, sulla freschezza della confezione e su una spontaneita’ che non diventa mai carineria affettata. “E allora mambo” e’ stato una piacevole commedia e un discreto successo, soprattutto ragionale (ma Bologna non e’ Roma, vedi il trionfo nella capitale di “La mandrakata”, catapultato nella top-ten nazionale degli incassi ma quasi invisibile nel capoluogo emiliano). “Tandem” un tentativo, riuscito a meta’, di fondere la comicita’ con l’analisi sociale. “Ravanello Pallido” ha segnato l’esordio come protagonista di Luciana Littizzetto, ma non aveva una regia capace di affrancarsi dalla mediocrita’ televisiva. L’anno scorso “Paz” ha provato a trasporre su grande schermo il fumetto di Andrea Pazienza, ma il risultato ha aggiunto poco ad un immaginario ormai datato. Il nuovo “Come se fosse amore”, di Roberto Burchielli, azzarda la carta del musical, genere poco amato dal pubblico nostrano, e si distingue per un’originalita’ non sempre premiata dalla messa in scena, ma comunque capace di trasportare in un apprezzabile altrove, in bilico tra il trash e la magia. Magia che i colorati balletti e la movimentata regia provano piu’ volte a evocare, ma che si traduce perlopiu’ in scanzonata simpatia. La storia osa parecchio, partendo da un improbabile “trasognatore” in grado di condizionare il comportamento delle persone nel sonno, con tutti gli equivoci del caso, ma la sceneggiatura opta per scelte spesso facili che non sempre supportano la “follia” del soggetto. Gli interpreti si calano con spasso nel gioco, con un trascinante Michelangelo Pulci, vero mattatore, e il gruppo dei Cavalli Marci (tra gli ideatori del progetto) completamente a loro agio. Chiara Muti, nella parte della bella e impossibile, appare invece un po’ ingessata, piu’ credibile come fredda carrierista che come calorosa innamorata, ma sempre poco comunicativa.
Gino Paoli, al suo debutto, abusa di un’unica divertente battuta e si presta con auto-ironia ad una comparsata in versione “Cavaliere elettrico” che lo prenota ai primi posti della “Yeeeuuuch Parade”. Ma veniamo alla musica, vera e propria protagonista. Le canzoni si succedono con leggerezza alternando momenti di stanca (il primo utilizzo dell’invenzione) a godibili siparietti, fino ad uno strepitoso mix di successi italiani a tema “il bacio” che fa il verso a “Moulin Rouge”. L’idea di sfruttare location naturali (una riconoscibile Genova) non e’ sempre sostenuta dalle coreografie: piu’ che allo sfarzo e alla fantasia dei musical hollywoodiani, piu’ volte citati, vengono in mente le mossettine riciclate allo sfinimento dei balletti televisivi. Destinato a sicuro insuccesso, ha tutte le carte in regola per essere rivalutato e diventare un piccolo “cult”, se non altro perche’ osa andare controcorrente (piu’ nella forma che nella sostanza), si compiace di scadere nel trash e riesce con simpatia a divertire.

Luca Baroncini