Scheda film
Regia: Derek Cianfrance
Sceneggiatura: Derek Cianfrance, Ben Coccio, Darius Marder
Soggetto: Derek Cianfrance, idea nata da un’opera di Jack London
Fotografia: Sean Bobbitt
Montaggio: Jim Helton, Ron Patane
Scenografia: Inbal Weinberg
Musiche: Mike Patton
USA, 2012 – Drammatico/Poliziesco – Durata: 140’
Cast: Ryan Gosling, Bradley Cooper, Eva Mendes, Rose Byrne, Ray Liotta, Dane DeHaan, Bruce Greenwood
Uscita: 4 Aprile 2013
Distribuzione: Lucky Red
Nel nome del padre…
Come Un Tuono parla di rimorso, di redenzione e di ingiustizia, distaccandosi dai filtri di cui si compone la società, e così facendo riesce a vedere le cose come realmente sono, nella loro evoluzione e nel loro impietoso regresso. Uno sguardo sincero e crudo ad un mondo perbenista ed ipocrita, che riesce ad emozionare sin dai primi minuti.
Il film ruota sostanzialmente attorno a quattro persone, i cui destini si incroceranno indelebilmente, portando l’uno a subire le conseguenze delle azioni dell’altro, come del resto succede spesso nella vita reale. Luke (Ryan Gosling), spericolato motociclista che si guadagna da vivere esibendosi in uno spettacolo acrobatico all’interno di una fiera itinerante, dopo aver saputo di avere un figlio, avuto da Romina (Eva Mendes), con la quale si era frequentato un anno prima, decide di mettere la testa a posto e di trasferirsi definitivamente nella città dove abita la sua ex fiamma e suo figlio, per poter provvedere ad entrambi. Purtroppo però la posizione e i guadagni di Luke non gli permettono di poter assolvere a questo compito, difficoltà che lo porterà a compiere delle decisioni affrettate e pericolose. Avery (Bradley Cooper), d’altro canto, è un giovane poliziotto pieno buoni principi e stimato dai colleghi della polizia, che in seguito ad una vicenda di cui sarà protagonista, che lo porterà ad essere visto da quasi tutti come un eroe, dovrà scontrarsi contro un lancinante senso di colpa, che neanche gli anni e la carriera in ascesa potranno combattere. La vicenda si sposta successivamente su due adolescenti, i figli di Luke e Avery, che dovranno fronteggiare, oltre ai loro demoni personali, anche quelli ereditati dai propri genitori.
Con uno sguardo attento sulla vita, il regista Derek Cianfrance (al suo secondo lavoro con Ryan Gosling, che aveva già avuto modo di dirigere in Blue Valentine), ci mostra come uno sguardo completo sulla genesi e sul percorso di una persona possa trasformare radicalmente il nostro giudizio su di essa, spesso trasformando l’oppresso in oppressore e viceversa. L’accusa alla superficialità è evidentissima in questo lungometraggio che, attraverso i media e la disonestà di gente apparentemente per bene, ci fa perdere di vista il vero delinearsi di una storia e non ci permette di capire che in fondo non è mai o tutto bianco o tutto nero, ma che il mondo è costellato di infinite sfumature di grigio.
Questo concetto sembra estendersi anche a più generazioni, infatti i figli dei due protagonisti (protagonisti anch’essi della seconda parte del film) diventano quasi delle estensioni ontologiche dei propri padri (per dirla alla Bazin), portando avanti la storia dei loro predecessori, pagandone le colpe ed ereditandone le debolezze. La sceneggiatura si ramifica secondo questo schema, dove una vicenda capitata ad un protagonista si ripresenta in forma alterata (ma in fondo uguale) ad un altro, fino a quando l’intera essenza del film confluisce in una delle scene finali, ambientata in un bosco di pini fuori città (il titolo originale è infatti The Place Beyond The Pines, il titolo italiano è riferito ad una frase detta nel film: “if you’re gonna run like a lightning, you’re gonna crush like a thunder”, ossia “Se correrai come un fulmine, ti schianterai come un tuono”).
Padri e figli quindi, un binomio da cui il cinema e la letteratura hanno sempre attinto avidamente, ma che in questo film viene usato in modo molto intelligente, facendo diventare le due coppie di personaggi quasi due sole entità, la cui storia si risolve, nel bene o nel male, o in ne nell’una ne nell’altra maniera, laggiù, dietro quel piccolo bosco di pini.
Voto: * * * *½
Mario Blaconà
#IMG#Di padri in figli
«Se guidi come un fulmine, ti schianterai come un tuono!» Nasce da qui, da una delle frasi più significative pronunciate nel film, il titolo scelto dalla Lucky Red per accompagnare l’uscita nelle sale nostrane, a partire dal 4 aprile, di The Place Beyond the Plines, l’ultima fatica dietro la macchina da presa del regista dell’intenso Blue Valentine. Iniziamo con il dire che nemmeno il cambio di titolo in Come un tuono riesce a risollevare le sorti dell’opera terza di Derek Cianfrance, decisamente al di sotto delle aspettative riposte in essa da coloro che avevano di recente apprezzato la pellicola del 2010. Se poi il pensiero va a tutte quelle potenzialità a disposizione e non sfruttate appieno, a cominciare dalla presenza nel ricco cast di grandissimi attori come Ryan Gosling, Bradley Cooper ed Eva Mendes, allora la delusione nei confronti di quello che avremmo potuto e voluto vedere, ma che purtroppo non si è materializzato sullo schermo, aumenta in maniera esponenziale. La delusione non cancella però la discreta e sentita performance dell’intero cast impegnato in questo dramma corale, così come la regia solida e mai leziosa di Cianfrance, che insieme permettono al film di mantenersi quantomeno a galla. Di fatto, il lavoro davanti e dietro la macchina da presa rappresenta quindi il vero motivo d’interesse e l’unica scialuppa di salvataggio ove aggrapparsi per evitare di perdere la bussola nelle profondità di una sceneggiatura che imbarca via via sempre più acqua.
È proprio lo script il tallone d’Achille che non consente al regista statunitense di centrare un’altra volta il cuore dello spettatore, ancora alle prese con gli strascichi lasciati da Blue Valentine, un’opera tanto commovente e tenera, quanto straziante e lacerante, nella quale scrittura, messa in scena, messa in quadro e recitazione viaggiano all’unisono per dare forma, sostanza ed emozione a una delle storie d’amore più toccanti mai raccontate dalla Settima Arte. In Come un tuono quel perfetto ed armonioso sodalizio delle parti viene meno a causa di un’architettura drammaturgica che, nel suo progredire, perde attrito fino a sbandare in un epilogo che non è né carne ne né pesce. Lo scheletro in tre atti, che corrisponde ad altrettante storie lineari che si cedono il testimone come i personaggi che le animano, non regge l’urto delle due ore e passa di durata. E ci si interroga sul perché affidarsi a figure caratterialmente ben delineate ma non sviluppate e risolte come avrebbero meritato. Alcune di loro appartengono a una galleria di ritratti già visti e assemblati per l’occasione, come nel caso del personaggio di Luke, nei panni dei quali ci si cala il sempre all’altezza Gosling, uno stuntman sbandato che per aiutare la propria famiglia decide di rapinare banche e che nel proprio dna racchiude chiaramente i geni dei protagonisti di Drive e Blue Valentine, oppure un Cross, qui interpretato da Cooper, nella cui genesi creativa è facile scorgere parentele più o meno vicine con il Jake Hoyt di Training Day o i due personaggi principali di Limitless e The Words.
Tuttavia essi restano in piedi e credibili, ma non bastano ad evitare che nella sceneggiatura i fili narrativi che la congiungono a fatica, così tremendamente esili, si sfaldino mano a mano che la vicenda, tra balzi temporali e digressioni, si avvii verso una stanca conclusione. Il risultato è un plot che non riesce, nonostante sussulti coinvolgenti (il dialogo notturno all’esterno del ristorante tra Luke e Romina, il primo piano di Luke mentre guarda il battesimo del figlio, la prima rapina in banca di Luke e il faccia a faccia finale tra Jason e Cross), a fare in modo che l’intera fruizione calamiti a sé la platea. Si finisce così con l’affezionarsi solo a quelle poche scene che sanno esprimere emozioni vere e non artefatte. Eppure Cianfrance torna più volte sui suoi passi, toccando con la sensibilità che lo contraddistingue quelle corde che in precedenza aveva saputo far suonare così bene, come una melodia che continua a frullare nella mente di chi l’ascolta anche a molta distanza dai titoli di coda. In Come un tuono ritroviamo, infatti, atmosfere e soprattutto temi cari al regista americano. Il baricentro intorno al quale ruota tutto è ancora una volta la famiglia (in Brother Tied si parlava di due fratelli, in Blue Valentine di una coppia di sposi e qui di padri e figli), “luogo” fisico, intimo ed emozionale nel quale la macchina da presa di Cianfrance penetra sempre con grazia e rispetto, esplorandone le dinamiche interne ed esterne. Questa volta l’attenzione si sposta verso più dinamiche familiari ed è proprio questo allargamento dello spettro drammaturgico la causa principale di una dispersione emotiva che, invece, nel film del 2010 era stata così magistralmente condensata in una camera da letto di uno squallido motel, dove si consumava l’ultimo atto di un doloro addio.
Voto: * * *
Francesco Del Grosso
Alcuni materiali del film: