Due film quasi nello stesso momento con due soggetti così simili che è quasi impossibile non confrontare. Auto Focus e Confessioni Di Una Mente Pericolosa.
Due autobiografie di due personaggi che hanno dato un grosso contributo alla televisione e che nella confessione dell’autobiografia si sono sentiti di dover comunicare il loro segreto: per Bob Crane, la star di Gli Eroi di Hogan è il sesso e la pornografia, per Chuck Barris, l’inventore di alcuni famosissimi format televisi è l’essere stato un agente segreto della C.I.A.
Non ho letto il libro dal quale il film è tratto, ma leggo che il film vi è molto fedele, non si tratta quindi di un espediente per rendere la storia più interessante, Chuck Barris al quale ascriviamo alcuni dei momenti peggiori della televisione americana, e di conseguenza la nostra, programmi dove i concorrenti vengono ridicolizzati per il nostro divertimento, come La Corrida, o Il Gioco Delle Coppie, sostiene nella sua autobiografia di aver usato il lavoro di ideatore e di presentatore dei suoi giochi come copertura. Le trasferte all’estero offerte ai vincitori dei giochi servivano per portarlo sui luoghi dove veniva commissionato un omicidio per il bene del paese, del suo. Barris mette impegno in questa autoconfessione e riporta il numero di persone uccise, sono 33, distribuite nei paesi della ex cortina, ex Germania federale e europa dell’est. L’impegno è sincero e si viene portati a dargli il credito che chiede, pur che qualche riscontro oggettivo, nomi e circostanze, avrebbe dato molto di piu’ delle nostra fiducia.
Seguiamo quindi la vita di Barris dai suoi difficili inizi, determinato ad aver successo nel mondo della televisione, mettere a punto le sue idee e vederle rifiutate mentre nello stesso tempo veniva contattato dalla CIA e arruolato come assassino professionista.
Non voglio commentare i perché di una simile scelta stilistica e narrativa, sia nel caso di Crane che di Barris sembra esserci il desiderio di espiare delle colpe e di apparire peggio di quello che sia. Probabilmente è vero nel caso di Barris, i sentimenti di essersi presi gioco della gente e di aver dato un non piccolo contributo ad abbassare il livello dello spettacolo televisivo possono essere stati la molla. Il libro è comunque un successo e offre lo spunto per una trama interessante.
Talmente interessante da avere attirato l’attenzione di Gorge Clooney al punto da fargli compiere quel passo che porta molti attori a un certo punto della loro carriera dietro la macchina da presa. Clooney e Soderberg, uniti nella produzione, hanno la capacità di raccogliere un buon numero di amici e attori famosi a comporre un cast stellare. Sam Rockwell è il protagonista, sua compagna sarà Drew Barrymore, Rutger Hauer e George Clooney si ritagliano parti piccole ma importanti. Nell’immancabile ruolo della donna fatale e spregiudicata iconizzata da Marlene Dietrich ritroviamo Julia Roberts. Il film è carino, ci si potrebbe aspettare che da queste premesse scaturisca un intreccio complesso tra televisione e servizi segreti, oppure che il travaglio della doppia vita pesi su una delle due professioni o anche che il contrasto tra una vita segreta e una molto pubblica sia piu’ complesso da gestire. In realta’ il film risolve il tutto abbastanza semplicemente e quello che ci ritroviamo ad osservare non sono le difficolta’ di gestire due vite, ma semplicemente due storie che scorrono parallele, quasi due film uno dentro l’altro.
Il linguaggio di Clooney e’ molto simile a quello del suo mentore Soderberg, autore che io non apprezzo particolarmente. Da Soderberg in particolare mutua l’utilizzo del colore e di particolari filtri colorati digitali, un processo di digitalizzazione del film, ricolorazione al computer e riversamento ancora su pellicola. Se avete visto Three Kings o Traffic avete capito di cosa parlo. Un procedimento e un lessico filmico per il quale le riprese in Messico sono in colore tabacco, quelle dei quiz in tenui colori pastello, le riprese delle azioni oltre cortina sono in infrarossi a colori che fanno finto footage e quelle dei ricordi d’infanzia in infrarossi in bianco e nero, le vicende spionistiche desaturate quasi al bianco e nero.
Se alcune cose sono obbiettivamente interessanti, come, appunto, i siparietti desaturati, la cosa priva di una reale ragione rende un po’ l’ effetto del bimbo lasciato libero di giocare col balocco nuovo. Clooney come regista è bravino, ma soprattutto si circonda di bravi tecnici, Tom Sigel in particolare per la fotografia. Avendo appena finito di girare Welcome To Collinwood si è trovato tra le mani Sam Rockwell, un bravo attore adattissimo nei ruoli del giovane scanzonato, il tipico balordo di periferia, come appunto in Welcome To. o lo scapestrato che vive di espedienti come in Box Of Moonlight o il capo psicopatico avversario delle Charlie’s Angels. Il suo repertorio di mossette e di balletti, molti dei quali con le natiche al vento, e’ un pochino fuori luogo in questo lavoro.
Brava la Barrymoore, perfetta hippy nelle prime parti del film, quelle ambientate negli anni 50, dove si apprezza un lavoro incredibile, dettagliato e perfetto della costumista Renee April, la quale ha confezionato oltre 3000 capi di abbigliamento. A proposito dei costumi la April si è lamentata di questo lavoro sui colori e delle difficoltà di dover confezionare capi in un colore che poi sarebbero diventati di un colore diverso una volta sulla pellicola definitiva.
Confessioni di Una Mente Pericolosa è un filmetto divertente, con qualche leggera riflessione sulla televisione e, per quanti sforzi faccia, poca efficacia nel farci credere della seconda vita di Barris. Siamo lontani dal citato Auto Focus, in quanto a profondita’ e lontanissimi dal Kaufman di Jim Carey per citare un film che colpisce e colpisce forte, sugli stessi temi.
Cionostante gode della presenza di bravi attori, qualcuno riconoscerà tra i partecipanti a un quiz, seduti su due sgabelli Brad Pitt e Matt Demon. Bravo Clooney che si tiene ai margini del racconto. Brava e bella la Roberts in un ruolo assolutamente accessorio. Avrei preferito se il film avesse preso una direzione, una delle tante che in molti punti del film sembra prendere, quando per esempio dice “non potevo immaginare che cosi’ tanta gente fosse desiderosa di farsi prendere in giro in pubblico”, ma la storia resta leggera e il film scorre bene ma senza lasciare grandi ricordi.
AP (da IAC)