Constantine è tratto da un fumetto edito da Vertigo, Hellblazer. Il nome originale non è stato mantenuto perché troppo simile a Hellraiser, film horror di culto degli anni Ottanta. John Constantine è condannato. Ha un tumore ai polmoni che lo porterà alla morte. E all’inferno. Il suo lavoro è piuttosto particolare: è una sorta di policeman, che deve sorvegliare che ognuna delle parti in lotta (paradiso e Inferno, si intende) non violi l’equilibrio.
Nel suo svendere effetti speciali a profusione il film perde di vista il tema da sviluppare, o per lo meno si dimentica di approfondire adeguatamente il personaggio principale interpretato da Keanu Reeves, bastardo per definizione, sprezzante fino all’ultimo. Penso fosse quella la via da seguire, ruotare intorno
ad un antieroe originale e sarcastico, che per certi versi ricorda il Riddick di Twohy. Ma tutto si rivela sbagliato, sin dalla scelta dell’attore principale (come fa Reeves a interpretare un personaggio così negativo? È chiaramente fuori parte). Con il proseguire della storia assistiamo a tutti gli elementi che hanno fatto il cinema horror dagli anni Settanta a oggi: esorcismi (e l’influenza del film di Friedkin è notevole, tanto che ci sono sequenze identiche), angeli e demoni, viaggi all’inferno, messaggi dall’oltretomba. Ma tutto questo è sufficiente a rendere un film dall’alto potenziale stereotipante come questo, un buon film? Ovvio che no. Si salvano solo le atmosfere notturne di una Los Angeles lontana anni luce da quella di Mann in Collateral, più vicina semmai alla visione di Carpenter, nel suo proporre una costante degradazione (urbana, quindi mentale?). Si pensi alle scenografie che sembrano veramente “usate”, pareti sporche e palazzi in decadenza. VOTO: 4
Andrea Fontana