Scheda film
Regia e Soggetto: Stefano Calvagna
Sceneggiatura: Emanuele Cerman, Gustav Kammerspiel
Fotografia: Dario Germani
Montaggio: Luca Striano
Scenografie: Federico De Felici
Musiche: Franco Califano, The Big Waves
Suono: Bruno Ventura, Piergiorgio De Luca, Fabio Ancillai
Italia, 2012 – Drammatico – Durata: 90‘
Cast: Stefano Calvagna, Chiara Ricci, Emanuele Cerman, Cristiano Morroni, Fabio Farronato, Claudio Del Falco, Maria Loana Gloriani
Uscita: 22 giugno 2012
Distribuzione: autodistribuzione
Sale: 4
Non sparate sul regista
Inarrestabile. Questo riteniamo sia il migliore aggettivo, quasi un complimento, che possa descrivere Stefano Calvagna, regista, attore e scrittore, un tempo orologiaio. Non lo fermano le pallottole (il 17 febbraio 2009 gliene hanno sparate contro ben sette, di cui due a segno su una gamba), non lo ferma la giustizia italiana (centoventisette giorni di detenzione, quindi gli arresti domiciliari), non lo fermano, a suo dire, chiacchiere e maldicenze. Quasi puntualmente riemerge con un nuovo progetto, tra i tanti su cui senza sosta lavora. Alla presentazione del suo film precedente, L’ultimo ultras, parlava di un’idea in cantiere sulle “Bestie di Satana”, mentre poi è uscito fuori Pugni di rabbia, una pellicola sulla boxe che ancora non ha visto la sala, per non parlare de Il peso dell’aria 2, seguito già girato di quella che può essere considerata la sua opera migliore ed ancora inedito. Arrestato – si perdoni il gioco di parole – dagli affari giudiziari che lo hanno coinvolto da circa tre anni, eccolo scegliere la via migliore e “terapeutica” che più di una volta gli era stata suggerita: girare un film autobiografico sulle sue personali vicende degli ultimi tempi.
Sarebbe stato meglio affidare la parte ad un altro, per un migliore estraniamento ed un più accurato lavoro, con conseguente maggiore coinvolgimento del pubblico, ma, come ci mostra, pare non sia stato possibile: l’attore che egli lanciò nel suo primo film Senza paura, ora affermato e dedito anche alla fiction TV gli volta le spalle, più per timore che per altro (qui si chiama Renzi ed è interpretato da Alberto Tordi, ma basta scorrere il cast della pellicola del 2000 per capire di chi si tratti). Quando anche lo sceneggiatore amico di sempre si tira indietro, non gli resta che rivolgersi ad un certo Emanuele Cerman (se stesso), attore e regista indipendente, “rivoluzionario” e di sinistra, l’ultima persona con cui avrebbe mai immaginato di collaborare, che però, dopo aver letto il suo libro autobiografico, viene colpito dalla sua vicenda e dalla sua figura, diventandogli subito amico. I tempi sono strettissimi, gli arresti domiciliari complicano le riprese, il mese di agosto non facilita affatto il reperimento di una troupe, molti si tirano indietro, ma alla fine il film prende forma.
Calvagna con Cronaca di un assurdo normale, tratto appunto dall’omonimo libro, gira il suo personalissimo 8 e ½: fatte ovviamente le dovute proporzioni col capolavoro felliniano, anche questo tutto sommato è la (solita) storia di una pellicola che si vuole fare e, malgrado tutto, non si riesce a fare, benché più per impedimenti reali che per un profondo blocco creativo. Diviso in cinque capitoli (l’arresto, l’attentato di San Saba, situazione Crimei, storia del “camiciaro”, situazione Petrini) cerca di condensare in un’ora e mezza oltre tre anni di vicissitudini, risultando però più che altro in una sorta di show-reel della sua difesa giudiziaria, peraltro piuttosto confuso, dando peso a dettagli insignificanti, che allungano solo il brodo, a scapito però di una solida chiarezza espositiva e (dis)perdendosi in numerosi flashback narrativi. Per quanto l’apporto di Cerman si senta in alcune finezze di sceneggiatura e di stile (come ad esempio le sequenze girate in teatro) – anche nella “finzione” la sua salita a bordo del progetto imprime al film una svolta significativa – e malgrado sulla scena lo stesso sceneggiatore chieda a Calvagna maggiori spiegazioni su alcuni eventi, alla fine quello che ne esce fuori sembra poco più di un Romanzo criminale raccontato da Alvaro Vitali e su tutto da lontano sembra echeggiare un’antica invocazione popolare romanesca: “Vostro ono’, so’nnocente!”.
Il “camerata maestro”, come chiede scherzosamente a Cerman di chiamarlo, invece di un’arguta riflessione ha sfoderato con quest’opera un atto di accusa nei confronti del mondo dello spettacolo nostrano, ma anche di difesa, al quale però, atti processuali alla mano, non è facile credere fino in fondo. E, sulle note di alcune canzoni di Franco Califano (non a caso altro artista “maledetto” che ha avuto non poco a che fare con la giustizia) usate come colonna sonora, non possiamo che constare come neanche stavolta il regista romano, con quello che letteralmente era il film della sua vita, sia riuscito a colpire nel segno. Ma non preoccupatevi, il prossimo film è in agguato: Calvagna, si sa, è inarrestabile.
RARO perché… un 8 e ½ all’amatriciana?!
Voto: * * *
Paolo Dallimonti