Scheda film
Regia, Soggetto e Fotografia: Tony Kaye
Sceneggiatura: Carl Lund
Montaggio: Barry Alexander Brown
Scenografie: Jade Healy
Costumi: Wendy Schecter
Musiche: The Newton Brothers
USA, 2011 – Drammatico – Durata: 100′
Cast: Adrien Brody, Sami Gayle, Christina Hendricks, James Caan, Lucy Liu, Tim Blake Nelson, Blythe Danner
Uscita: 22 giugno 2012
Distribuzione: Officine Ubu
Distacco di cuore
Il professor Henry Barthes (Adrien Brody) non a caso è un insegnante supplente. Portando nel cuore una ferita fin dalla sua infanzia, egli è infatti specializzato nell’”arte del distacco”: si ostina ad essere un docente precario, per quanto in gamba, per non legarsi troppo ai suoi studenti; è molto affezionato a suo nonno, che va a trovare spesso, ben sapendo che presto per l’età lo lascerà; porta in casa con sé la sbandata Erica (la fragile Sami Gayle), una baby-prostituta, perché ha in mente che a breve dovrà segnalarla ed affidarla ai servizi sociali; non riesce a costruire legami sentimentali stabili e proprio per la distanza che pone tra sé e gli altri non comprenderà il sentimento provato dalla sua brillante allieva Meredith (Betty Kaye) nei suoi confronti, con conseguenze drammatiche. Sullo sfondo passano gli altri studenti, giovani senza speranze, e gli altri docenti, adulti ormai disillusi, tutti elementi di una scuola e di un sistema scolastico difficili.
Primo film ad uscire in Italia del bizzarro ed abbastanza prolifico Tony Kaye dopo American History X, questo Detachment mantiene molti elementi dell’opera precedente: il cast sontuoso, con vecchie glorie (lì Stacy Keach ed Elliott Gould, qui James Caan e William Petersen) e relativamente nuove”leve (rispettivamente Edward Norton ed Adrien Brody); l’ambientazione scolastica, benché qua più presente; il finale tragico ed inatteso – che non riveleremo – attraverso cui si esplicita una punizione.
L’abilità di Tony Kaye è quella di mettere a fuoco un argomento per parlare di (un) altro: mentre si concentra sulla scuola, lascia emergere il passato di Henry e mentre analizza la sua figura ed i suoi comportamenti ecco delinearsi la descrizione di un intero sistema scolastico in rovina ed ancora mentre il trauma del professore viene portato alla luce, esplodono le crisi dei suoi giovani amici e studenti.
Lo stile adottato è composito, intervallando la narrazione con le dichiarazioni di Barthes rilasciate davanti alla telecamera di un suo studente ed integrando con le fotografie dell’artista in erba Meredith eloquentemente da lei rielaborate.
La metafora della crisi interiore del protagonista, che si rispecchia in quella profonda della scuola americana, senza apparente futuro, è quella evidente di un’intera nazione, in cui pochi maestri hanno poco da insegnare ad ancora meno disposti discenti. Ma Kaye stavolta lascia comunque aperta una speranza, nell’ultima scena riconciliatoria, in cui il professore sembra intenzionato a riannodare i pochi fili ancora rimasti.
Grazie alla bravura degli attori – dominati da un magnifico e scisso Adrien Brody, per non parlare di un ritrovato James Caan – ed alla sensibilità di un regista alquanto originale, ma non a caso inglese, quindi lucidissimo in quanto extra-statunitense, la storia di Detachment è destinata a commuovere ed affascinare gli spettatori – speriamo non pochi – che vorranno avventurarsi nella visione di un film che nella sua intensità non fa sconti a nessuno.
Voto: * * *½
Paolo Dallimonti
#IMG#Il supplente
Come si finisce a fare l’insegnante? Si pensa di poter cominciare così, facendo qualcosa di assolutamente temporaneo, anche perché si conosce bene il mestiere e si sa già di non esser tagliati per uscire indenni dal sistema scolastico di un istituto pubblico, immaginate poi se quest’ultimo è collocato in periferia. Il fatto è che Henry Barthes non sarà mai un professore di ruolo, dovrà sempre e solo fare il supplente per due o tre settimane al massimo, senza avere il tempo di insegnare davvero qualcosa ai suoi ragazzi prima di abbandonare per l’ennesima volta la scuola e proseguire verso un’altra. È forse proprio per questo, però, che Barthes ha avuto il modo di sperimentare e costruire a poco a poco una modalità di insegnamento unica, in grado di scalfire la superficie degli alunni e di arrivare dritto alla profondità delle cose: lui, che è alto e magro e soprattutto indossa giacca e cravatta a differenza degli altri insegnanti del liceo, è senza sentimenti esattamente come lo è la sua ventiquattrore in pelle nera. Lui non è interessato a quello che le persone gli dicono o urlano contro, e il suo muro di mattoni è talmente alto e solido che non permette a niente di passarvi attraverso.
Dopo American History X, il regista britannico Tony Kaye torna a dirigere un film capace di sconvolgere e rivoluzionare l’animo dei suoi spettatori: Detachment – Il distacco è in primo luogo la storia del difficile compito di qualunque supplente, quello di doversi integrare ogni volta in una nuova scuola e di non poter mai prendere effettivamente le redini della propria classe, scontrandosi piuttosto con la dolorosa atmosfera di reciproco odio tra studenti e insegnanti in cui è immersa ciascuna struttura, e senza possibilità d’intervento alcuna. Il suo professor Barthes, tuttavia, non è sicuro che gli importi particolarmente, dacché è cresciuto imparando da sé che la miglior maniera di difendersi dal resto della gente è pensare che questa si comporta seguendo con puntualità ciò che crede di essere.
Si sviluppano, pertanto, varie linee narrative capaci di attingere al medesimo, piccolo universo fatto di prove e coraggio per affrontarle individuali: il racconto di tutti i professori e della preside di un liceo statunitense alla deriva, il tentativo di Barthes di fornire ai suoi nuovi alunni un modello di riferimento personale attraverso la lettura, l’unica cosa veramente in grado di allenare l’immaginazione per evitare di sottoporla continuamente al doublethink di cui scrive Orwell, e ancora la mancanza di interessi, ambizioni, desideri di quegli stessi alunni svogliati e svuotati che un po’ alla volta sembrano disperdersi nel gran mare di caos, dolore e autodistruzione che prima o dopo condurrà i ragazzi alla droga e le ragazze alla prostituzione. I genitori, in un simile contesto, non si potranno mai incontrare né percepire: la loro assenza diverrà presenza angosciante sullo schermo, un fardello che professori e scolari debbono portarsi appresso per tutto il tempo, e di cui è meglio non parlare perché niente precipiti definitivamente assieme alla lucida e pessimistica non-speranza che qualcosa possa cambiare.
Barthes, nel frattempo, percorre la stessa strada dei suoi studenti. Quando salva Erica dalla strada, una giovane prostituta alla quale dà il permesso di restare per qualche giorno nel proprio appartamento, il muro che ha innalzato sin dalla tenera età comincia pian piano a crollare, lasciando che un invisibile bagliore di luce raggiunga la sua detach-ment e lo porti ben presto a chiedersi «come può, un bambino, capire l’attimo delicato del suo distacco?» Come può anche soltanto avere il bispensiero orwelliano di rimanere indifferente, se dentro di sé nutre una profonda e devastante compassione per chiunque?
È così facile fregarsene, ci vuole coraggio e dedizione per interessarsi sul serio a qualcosa. Eppure, in questo naufragare malinconico, basta salvarne uno, un ragazzo soltanto per sentirsi un insegnante – e un uomo – capace e meritevole.
Detachment – Il distacco è un film che non vuole esser diretto solamente agli insegnanti; andrebbe visto per dare e avere uno sguardo meno superficiale all’attuale condizione del sistema scolastico statunitense (e non), con le sue falle, i suoi problemi, i suoi sentimenti. Adrien Brody e la giovanissima Sami Gayle sono i veri protagonisti di questo pregevole affresco dei nostri tempi, in cui persino la mente più distaccata non potrà evitare di confrontarsi con la dura realtà delle violente emozioni umane.
Voto: * * * *
Eva Barros Campelli