Scheda film

Regia: John Moore
Soggetto: dai personaggi originali di Roderick Thorp
Sceneggiatura: Skip Woods
Fotografia: Jonathan Sela
Montaggio: Dan Zimmerman
Scenografie: Daniel T. Dorrance
Costumi: Bojana Nikitovic
Musiche: Marco Beltrami
USA, 2013 – Azione – Durata: 97′
Cast: Bruce Willis, Jai Courtney, Amaury Nolasco, Cole Hauser, Sebastian Koch, Aksel Hennie, Pasha D. Lychnikoff
Uscita: 14 febbraio 2013
Distribuzione: 20th Century Fox

 Buon sangue non mente!

Lo avevamo lasciato nel 2007 in Die Hard – Vivere o morire interrompere con successo un attacco informatico sferrato da un gruppo di hacker, che con un machiavellico piano era riuscito a staccare la spina agli Stati Uniti, mettendo in ginocchio l’intero Paese. Lo ritroviamo in Russia a sei anni di distanza in Die HardUn buon giorno per morire coinvolto in un’operazione non ufficiale di recupero del primogenito Jack, a sua volta impegnato per conto della CIA in una delicata missione per sventare la minaccia di un attacco terroristico su larga scala. Stiamo parlando di uno degli agenti più celebri tra quelli apparsi sullo schermo, ossia John McClane, poliziotto vecchio stampo che come molti suoi colleghi di celluloide difficilmente è riuscito e riesce a stare lontano dall’azione e dai guai, perché in e con essi si è forgiato ed è entrato nell’immaginario cinematografico delle platee internazionali. Era il 1988 quando John McTiernan portò per la prima volta nelle sale le sue (dis)avventure metropolitane, affidando il ruolo del protagonista a un allora Bruce Willis alle prime armi (prima Blake Edwards lo aveva voluto in Appuntamento al buio e Sunset – Intrigo a Hollywood), che proprio con il successo ottenuto con Die Hard – Trappola di cristallo fece il balzo definitivo dal piccolo al grande schermo, dopo aver raggiunto la popolarità tre anni prima con la serie televisiva Moonlighting.
Da quel momento il coriaceo poliziotto newyorkese, nato dalla penna del compianto scrittore Robert Thorp nel 1979 sulle pagine di “Nothing Lasts Forever”, ha trovato spazio nelle sale in ben cinque occasioni, ultima delle quali presentata in contemporanea mondiale a partire dal 14 febbraio 2013. In Die Hard – Un buon giorno per morire, l’inossidabile McClane se la dovrà dunque vedere con una complicata trasferta in quel di Mosca, spalla a spalla con il figlio in quello che potrebbe essere letto come un ideale passaggio di testimone. Staremo a vedere. Nel frattempo, a mettere insieme padre e figlio ci pensa John Moore, versatile cineasta irlandese formatosi nei commercials, con al seguito un variegato bagaglio di pellicole iscrivibili nel ventaglio dei generi: a cominciare dall’esordio in chiave bellica di Behind Enemy Lines sino al cine-comics Max Payne, passando per il survivor movie Il volo della Fenice e l’horror Omen: il presagio. Il regista di Dublino, eredita il testimone da Len Wiseman, rialzando di molto il tasso adrenalinico e la spettacolarità che il collega americano aveva abbassato per aumentare il fattore thriller in salsa hi-tech. Bastano una manciata di scene a mettere in chiaro le cose, con una fragorosa detonazione nel tribunale della capitale russa a innescare una vera e propria reazione a catena che metterà a ferro e fuoco la città.
Al solito cocktail di action e poliziesco offerto alla platea da venticinque anni a questa parte, lo script non rinuncia a quel pizzico di sarcasmo che non guasta mai (vedi le scene dell’ascensore e del taxi) e ha permesso al personaggio di McClane di ritagliarsi un posticino nel cuore dello spettatore a quasi tutte le latitudini. Qui il mix non viene meno, anche se messo al servizio di un plot che più basic di così si muore. Non che gli episodi precedenti brillassero di certo per l’architettura drammaturgica, ma quantomeno provavano a sostenere l’avventura di turno con un dosaggio superiore di giallo in grado di dargli quel non so che di mistery, come nel caso di Die Hard – Duri a morire, terzo film della serie nel quale il nostro eroe calvo si trova a fare i conti con un nemico invisibile proveniente dal passato. Dopo essersi confrontato con uno squadrone armato e ben addestrato di criminali provenienti dalla Germania dell’Est in un grattacielo di una multinazionale, con un nucleo di combattenti messicani sulle piste e nello scalo dell’aeroporto di Washington, con un incazzato fratello ariano in cerca di vendetta che trasforma le strade di New York in un campo di battaglia e una minaccia telematica ramificata nella rete, stavolta il protagonista se la dovrà vedere con un avversario storico degli Stati Uniti, ossia i sovietici, remando di fatto nel verso contrario rispetto alle mode del momento che vedono mediorientali e asiatici nel centro del mirino. Una scelta a nostro avviso azzeccata, che possiamo definire “romantica” e sulla quale è stata costruita l’impalcatura di molto cinema a sfondo spionistico e bellico, ma che allo stesso tempo risulta piuttosto attuale perché legata alla minaccia nucleare.
Nella sceneggiatura firmata da Skip Woods riemergono prepotenti anche una serie di altri ingredienti imprescindibili della saga, che permettono alla storia di conservare intatta una continuità narrativa con gli episodi precedenti. Come già accaduto in passato, la sicurezza nazionale va intrecciandosi nuovamente con quella familiare, tanto da costringere l’arzillo McClane a sottrarre la moglie per ben due volte dalle grinfie del cattivone di turno e poi andare in soccorso della prole: in Die Hard – Vivere o morire la figlia Lucy e in Die Hard – Un buon giorno per morire il figlio Jack. Nell’ultimo atto il motore portante è proprio il conflitto generazionale, con un faccia a faccia tra padre e figlio che si fa largo a suon di battute e frecciatine tra le dinamiche di quello armato. Il soggiorno moscovita non è non sarà, infatti, una visita di cortesia, tant’è che occorrono pochi minuti per dare il via all’interminabile pioggia di piombo che cesserà solo con l’ultimo fotogramma, lasciando a terra un numero di cadaveri decisamente alto (non supera però il record di 264 morti ammazzati detenuto da 58 minuti per morire). Per questo consigliamo caldamente di portarsi dietro un’aspirina e persino due tappi per le orecchie, da utilizzare rispettivamente durante e dopo la visione. Moore non si fa mancare assolutamente nulla e sottopone lo spettatore a un vero e proprio attacco acustico, reso possibile attraverso una sequenza ininterrotta di scene d’impatto che lasciano il segno: dall’esplosione al tribunale con tanto di spericolato inseguimento per le vie di Mosca alle sparatorie con successive fughe dalla safe house e dalla sala da ballo dell’hotel, per chiudere in bellezza con l’epilogo dinamitardo in quel di Chernobyl.
In Die Hard – Un buon giorno per morire a emergere è soprattutto l’aspetto dinamico, che fa del film un roccioso e chiassoso action in stile Michael Bay, in linea con l’approccio avuto da Renny Harlin in 58 minuti per morire, dove la cinetica e l’intrattenimento a tutto campo prevalevano sulla compattezza e il ritmo con i quali McTiernan aveva condito i suoi due capitoli. Bisogna abbandonarsi e accontentarsi del pregevole show balistico offerto per godersi l’operazione, che al di là di questo non riesce a fornire altri spunti, anche perché non mira a nient’altro che all’intrattenimento puro, crudo e senza fronzoli, quelli che non hanno giovato all’episodio affidato a Wiseman. Detto ciò, il risultato conferma in pieno quello che fino a questo momento poteva essere solo un presentimento, visto l’esiguo numero di prove dietro la macchina da presa fornite da Moore, che con il quinto capitolo di Die Hard diventa invece una limpida certezza, ossia che si trattasse di un regista oscillante tra il medio e il mediocre, ma che, almeno nel campo del cinema d’azione, dimostra di avere mestiere e ambizioni.

Voto: * * *½

Francesco Del Grosso

Alcuni materiali del film:

Clip – Pirate Gun

Clip – Car Chase

Featurette – 21° Century Die Hard

Featurette – Putting The Pedal To The Metal

FEATURETTE – JAI COURTNEY FROM THE SET

Full Trailer italiano

Trailer italiano

Teaser Trailer Internazionale