Scheda film
Titolo originale: Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot
Regia: Gus Van Sant
Soggetto: dalla biografia omonima di John Callahan
Sceneggiatura: Gus Van Sant
Fotografia: Christopher Blauvelt
Montaggio: David Marks, Gus Van Sant
Scenografie: Jahmin Assa
Costumi: Danny Glicker
Musiche: Danny Elfman
USA, 2018 – Biografico – Durata: 113′
Cast: Joaquin Phoenix, Jonah Hill, Rooney Mara, Jack Black,
Carrie Brownstein, Beth Ditto, Kim Gordon
Uscita: 29 agosto 2018
Distribuzione: Adler Entertainment

Un talento etilico

Con il trascorrere delle stagioni lo straordinario talento di Joaquin Phoenix sta raggiungendo vette sempre più elevate. Di conseguenza, le sue performance maiuscole davanti la macchina da presa non si possono più contare sulle dita delle mani. In tal senso, la galleria di personaggi a lui affidati e rimasti impressi nella memoria cinematografica (tra cui quella di Freddie Quell in The Master o di Johnny Cash in Walk the Line) si arricchisce anno dopo anno di ulteriori tasselli. Quella in Don’t Worry è solo l’ultima in ordine di tempo di una filmografia nella quale le interpretazioni da standing ovation sono oramai all’ordine del giorno. Nell’ultima fatica di Gus Van Sant, l’attore americano si cala corpo e voce nei panni non semplici di John Callahan un uomo che ama la vita, dotato di uno humour spesso fuori luogo e con un grave problema di alcolismo. Dopo che rimane vittima di un tragico incidente stradale causato da una sbornia notturna, l’ultima cosa che John vuole fare è smettere di bere. Eppure, sebbene controvoglia, accetta di entrare in terapia, incoraggiato dalla sua ragazza e da un carismatico sponsor1. In questo contesto, Callahan scopre di avere un grande talento nel disegnare vignette satiriche e irriverenti. Ben presto i suoi lavori vengono pubblicati su un quotidiano, procurandogli un vasto numero di ammiratori in tutto il mondo e regalandogli nuove prospettive di vita.

La storia portata sul grande schermo in Don’t Worry non è però il frutto della fantasia di qualche sceneggiatore, tantomeno di Gus Van Sant, ma un ritratto che ha le proprie radici narrative e drammaturgiche saldamente piantate nella vita reale, quella del vignettista satirico John Callahan, che l’ha raccontata nella sua autobiografia dal titolo “Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot”. La pellicola omonima firmata dal regista americano, dal 29 agosto nelle sale nostrane con Adler Entertainment dopo i passaggi alle recenti edizioni del Sundance prima e della Berlinale poi, ne è l’adattamento cinematografico. Un’operazione, questa, che ha richiesta oltre alle sapienti mani, alla consueta cura nell’approccio alla materia e allo sguardo intenso di un cineasta come Van Sant, reduce però da una battuta d’arresto con l’altalenante La foresta dei sogni, anche di un attore capace di farsi carico di personaggio assai complesso, camaleontico per quanto concerne il disegno caratteriale e le sfumature che ne caratterizzano l’evoluzione. Un personaggio che ha richiesto all’attore in questione uno sforzo triplo da un punto di vista della performance, quello di fare a meno della componente corporea a causa dalla condizione di disabilità del vero protagonista della storia. La Settima Arte non è nuova al racconto e alla messa in quadro di tale condizione con film toccanti come Lo scafandro e la farfalla, Mare dentro, The Sessions, Stronger o Il mio piede sinistro, che hanno tutti avuto bisogno di grandi interpretazioni per non crollare come castelli di sabbia sotto il peso della spettacolarizzazione della sofferenza altrui a buon mercato.

Don’t Worry ha da subito avuto le medesime necessità delle suddette opere, a cominciare da quella di avere a sua completa disposizione un attore di grandissimo carisma, bravura e capacità di calarsi totalmente nel personaggio. E se quella del cineasta statunitense si può considerare una prova in gran parte riuscita, lo si deve soprattutto alla presenza di un pezzo da novanta del panorama mondiale come Joaquin Phoenix nel ruolo principale. È lui a traghettare in porto un film che oltre ad essere un biopic incentrato sull’ennesima esistenza incredibile e fuori dalla norma, è anche un emozionante, acuto e spesso divertente dramma sul potere curativo dell’arte. Quest’ultimo per Van Sant rappresenta il vero baricentro del plot, il motore portante di una narrazione che strada facendo si stratifica e si fa portatrice sana di mood dai colori cangianti che regalano alla platea di turno un ventaglio randonomico di emozioni mai artefatte o costruite a tavolino per l’occasione.

Voto: 7

Francesco Del Grosso