Scheda film
Regia: James Marsh
Soggetto e Sceneggiatura: Tom Bradby
Fotografia: Rob Hardy
Montaggio: Jinx Godfrey
Scenografie: Jon Henson
Costumi: Lorna Marie Mugan
Musiche: Dickon Hinchliffe
G.B./Irlanda, 2012 – Spionaggio – Durata: 101’
Cast: Clive Owen, Gillian Anderson, Andrea Riseborough, Domhnall Gleeson, Aidan Gillen, Barry Barnes, Maria Laird
Uscita: 27 Giugno 2013
Distribuzione: Moviemax Media Group
Uscita: 27 giugno 2013
Distribuzione: Moviemax
Spia…e impara a spiare
Solitamente i registi di documentari che decidono di cimentarsi nel cinema di finzione mantengono quello sguardo attento sull’evolversi delle cose che li ha portati ad essere degli affermati documentaristi. Non è purtroppo il caso di James Marsh, regista del pluripremiato docu-film Man On Wire, che, nonostante si sia già cimentato in opere di finzione (vedi The King e Red Riding 1980) con Doppio Gioco tenta di confezionare un film di spionaggio inserendosi in pieno nella tradizione anglosassone del genere, ma producendo una storia confusa e verso il finale anche piuttosto sconclusionata.
Il film racconta la storia di Collette McVaight, una ragazza di Belfast che, rimasta traumatizzata da bambina dalla morte del fratellino in seguito a degli scontri in strada, probabilmente (il fatto che si debba mettere la parola probabilmente all’interno della trama può forse far capire quanto è confusa la storia di questo lavoro) dovuti alla guerriglia urbana tra l’associazione terroristica IRA e i soldati inglesi, decide comunque da grande di collaborare attivamente alla causa indipendentista irlandese, annoverandosi tra gli autori di alcuni attentati contro gli invasori. Purtroppo però la protagonista verrà catturata dai servizi segreti e suo malgrado sarà costretta a collaborare con loro, mettendo in atto appunto un doppio gioco.
L’inizio fumoso del lungometraggio può annoverarsi in quelle tematiche da classico film di spionaggio, che ricostruiscono la trama a tasselli in modo molto dilatato durante il proseguire del cammino narrativo, disegnando personaggi ambigui e caratterizzati da una forte connotazione di cinismo, come è stato fatto nel riuscitissimo film La Talpa, che raccoglie in maniera coerente l’eredità delle spy story più classiche. Il problema è che in Doppio Gioco questa progressiva e sapiente ricostruzione degli eventi non avviene, lasciando fin troppi punti in sospeso e creando situazioni piuttosto inverosimili, come ad esempio un accennata storia d’amore tra la protagonista e l’agente inglese interpretato da Clive Owen. Sarebbe da chiedersi se questa indefinitezza (soprattutto nel finale) è una cosciente scelta del regista oppure è semplicemente dovuta ad una sceneggiatura piuttosto scricchiolante.
Le note positive sono in questo caso quelle più prettamente “di struttura”. La fotografia di Rob Hardy riesce infatti a creare un ambiente opaco e fumoso, che ci fa calare in modo piuttosto efficace in un mondo di insidie ed inganni. Le musiche di Dickon Hinchliffe inoltre non risultano mai eccessive ed ingombranti, ma quando sono presenti regalano, grazie anche solo a qualche nota di pianoforte, una sensazione di malinconia, congeniale all’impianto dell’intera opera.
Grazie a queste due note positive dunque il film non risulta interamente negativo, ma rimane il fatto che non solo Marsh sia andato a trattare un tema, quello della guerra tra Irlanda del Nord e Inghilterra, già sviscerato più volte in molti altri lavori cinematografici e letterari, ma che l’abbia fatto in modo abbastanza trascurato nella progressione drammaturgica, aspetto che invece in un film di spionaggio è fondamentale. Siamo sicuri che con il suo prossimo lavoro tornerà a stupirci in positivo, magari con un bel documentario.
Voto: 4 e ½
Mario Blaconà
#IMG#L’IRA di famiglia
Dopo l’intenso Hunger di Steve McQueen, anche se il paragone non regge, un’altra coproduzione anglo-irlandese, Doppio gioco, tratto dal romanzo del giornalista Tom Bradby, torna a parlare del terrorismo e dell’IRA, ambientando principalmente la vicenda nella Belfast degli anni novanta.
Da quando, bambina nell’Irlanda degli anni settanta, Colette McVeigh ha involontariamente causato la morte del fratello, mandato a comprare le sigarette per il padre al suo posto e rimasto ucciso in uno scontro a fuoco, il suo destino è rimasto legato a filo doppio con quello dell’IRA, cercando così di espiare almeno in parte la propria colpa.
Anni dopo Colette, ormai adulta (Andrea Riseborough), viene incastrata da Mac (Cline Owen), un agente dell’MI5, il servizio segreto britannico, che, dopo averla scoperta colpevole in un attentato dinamitardo fallito a Londra, le insinua dei dubbi sul suo passato, inducendola, di fronte alla possibilità di lunghi anni di galera che le farebbero dimenticare il proprio figlioletto, a collaborare. Colette diventa così una spia inglese e, mentre il rapporto con Mac si fa via via più stretto e la sua posizione sempre più rischiosa, scoprirà come lei ed il ”suo” agente siano in realtà soltanto delle pedine di un gioco molto più grande di loro. Due pedine altamente sacrificabili…
Il regista James Marsh, che ha già girato nel 2005 un film di finzione come The king, viene dal documentario, avendo firmato due tra i migliori film d’inchiesta degli ultimi anni, visti da noi tra Festival ed uscite alternative alla sala, Man on wire e Project Nim. Qui, come nel precedente lavoro di fiction, abbandona però a tratti lo stile documentaristico (pur privilegiando, soprattutto nella prima parte, lunghi silenzi, lasciando parlare le immagini), affidandosi ai solidi canoni di una narrazione tradizionale e permettendo che la sua pellicola sfoci nel dramma (anche se mai, per asciuttezza formale, nel melodramma), se non addirittura nella tragedia di calibro shakespeariano.
Così, mentre Colette, collaboratrice dei servizi segreti a noi nota secondo le regole della suspense hitchcockiana, tenta di sopravvivere senza rimanere schiacciata tra i due fronti, cerchiamo tutti di capire quale sia l’altra e più importante spia a cui tutti stanno dando la caccia, depistati da continui e fuorvianti indizi, in cui chiunque potrebbe essere colpevole, anche se in fondo – scopriremo poi – condivide con la protagonista gli stessi motivi che l’hanno spinta a schierarsi col nemico.
Nella tesa vicenda c’è spazio anche per l’amore, pure se può sembrare una nota stonata e risibile, ma inevitabile.
Epilogo tragico, come si accennava, con conseguente resa dei conti su entrambi i fronti, che lascerà a terra cadaveri tutto sommato innocenti, colpevoli soltanto di essersi sentiti e resi umani, troppo umani in un affare come la guerra che finisce invece per avere risvolti sovrumani.
Doppio gioco regge fino in fondo, sia come thriller che come storia di rapporti tra gli uomini (e le donne), avvincendo lo spettatore in un racconto in cui il terrorismo da principale argomento finisce per scivolare sullo sfondo, dietro ai suoi potenti personaggi, interpretati da robusti attori come un combattuto Owen, la Riseborough (quasi un vessillo, nel suo sgargiante spolverino rosso) ed una ritrovata, durissima Gillian Anderson.
Bellissimo infine il titolo originale, Shadow dancer, ossia colui che danza nell’ombra, riferito alla spia “storica” e “più importante” del film; ma applicabile anche agli agenti del MI5, incerti e sospesi danzatori in mezzo loro destini.
Voto: 7
Paolo Dallimonti