Scheda film

Soggetto e sceneggiatura Jean-Pierre e Luc Dardenne
Fotografia Alain Marcoen (S.B.C.)
Montaggio Marie-Hélène Dozo
Scenografie Igor Gabriel
Costumi Maira Ramedhan-Levi
Suono Jean-Pierre Duret
Belgio 2014 – Drammatico – Durata: 95′
Cast: Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simone Caudry, Olivier Gourmet, Catherine Saleé, Babtiste Sornin, Alain Eloy, Myriem Akheddiou, Timur Magomedgadzhiev
Uscita: Roma e Milano 13 novembre 2014 – In tutta Italia 20 novembre 2014
Distribuzione BIM

 Un sapore di ruggine

Chiudere gli occhi mentre una testa tagliata rotola via, o rinunciare a 1000 euro in più in busta paga? Il peso specifico di un uomo è dettato dalle manipolabili leggi del mercato. Per le quali il lavoro di uno vale il “bonus” di un altro.
Scelta o imposizione? Egosimo o necessità? Due giorni, un notte. Due giorni per convincerli, due giorni per uscire dal torpore e scegliere. Jean-Pierre e Luc Dardenne scrivono e dirigono un dramma aristotelico asciutto e imperfetto, lineare e snervante. Sandra è una giovane madre che stenta a riemergere da un periodo di stress psichico che l’ha resa agli occhi di tutti fragile e instabile. Anche il suo matrimonio con il tenace e innamoratissimo Manu rischia il collasso quando Sandra viene avvisata che sta per perdere il posto in una fabbrica di pannelli solari belga. A meno che non convinca la maggioranza dei suoi colleghi a rinunciare ai bonus che sono stati loro promessi e che riceveranno soltanto se la donna verrà licenziata. Un ovvio calcolo aziendale offre respiro ad alcuni e distrugge altri. C’è chi deve restaurare la casa, chi mantenere un’orda di figli, chi affrontare traslochi, chi le elementari inesorabili tasse mensili, chi vuole lasciare il secondo/terzo lavoro clandestino sul retro di un mini-market per sostentare la famiglia, etc. Un lista della spesa e delle spese, appunto. Che si snoda tappa per tappa, nel lungo weekend di Sandra, che da un indirizzo all’altro, riluttante e oberata da continui sensi di colpa e di aspra sconfitta, prova a convincere i suoi colleghi.
Tutta una questione di ricatto, baratto, coraggio. Di coperte sfatte, pugni, campanelli, scalini, interminanabili scalini. Questione di occhiaie e spalle incurvate, mutui, contratti in nero e mobbing. Ai tempi della crisi anche il fratelli Dardenne, dopo dieci anni di rimuginamenti, mettono il proprio neorealistico impegno al servizio di una storia di cronaca della precarietà ordinaria, che trascende la barbarie sociale e umana narrata con limpida violenza in molte delle opere precedenti. In Due giorni, una notte, i Dardenne si spogliano quasi dell’azione narrativa e letteralmente seguono la loro protagonista. In un film che è allora pedinamento ciclico, interminabile cortocircuito di sguardi sgranati e pasticche ingoiate da un uscio all’altro, Marion Cotillard. Deperita e rappresa in un dolore sordo, trincerato negli abiti trasandati di un’incomunicabilità quasi fastidiosa, tanto renitente quanto debole.
I Dardenne come sempre si affidano al sottotesto, in uno script velocemnete imbastito di dialoghi scarni e azioni deliberatamente ritornanti. Gli autori vorrebbero arpionare simbolismi e inquietudini lasciando solo intuire intimità e retroscena dei personaggi, da minimi sussulti o da mezze frasi. Marion/Sandra non “entra” mai nelle “vite degli altri” bensì le lambisce. Il rovello delle anime, la denuncia sottile delle ipocrisie del potere e la subdola e/o sincera paura autoconservativa degli uomini, il pathos crescente della tragedia amletica. Tutto resta rumore di fondo.
Nel meccanismo ripetitivo i Dardenne non trovano la chiave di volta bensì le secche di un film che non costruisce empatie, se non schemi vuoti. La stessa Sandra e i suoi colleghi, pur ottimamente intepretati, sono pedine di un gioco risaputo e benché sia chiaro tanto ai Dardenne quanto agli spettatori che in questo gioco non esistono nemici ma solo compagni di sventura, la messa in scena piana e bidimensionale spegne il fuoco del racconto.
Spegne l’ardore di Sandra, difficilmente percepibile nelle sue spirali di isteria e rimpianto parossistiche. Spegne le ragioni multiple dei suoi colleghi, francobolli di un melting pot poco contestualizzato. Spegne persino la dolcezza impagabile del marito-supporter Manu/Fabrizio Rongione.
Se i Dardenne cercavano l’equilibrio pungente e la freddezza silente del Jacques Audiard di Un sapore di ruggine e ossa, da loro prodotto; se volevano un film catarsi in cui il sangue caldo delle opere precedenti sublimasse nella figura anemica di Sandra, crocifissa dalla crisi moderna, il risultato è un lavoro asfittico e poco funzionale. Che non sa di lacrime, né di sudore né di lotta, seppur sottopelle.
Lascia in bocca solo un sentore…di ruggine.

RARO perché… i Dardenne, già qui non allla loro opera migliore, sono pur sempre degli autori di nicchia.

Note: il film esce il 13 novembre 2014 solo a Roma e Milano.

Voto: 5

Sarah Panatta