Scheda film

Regia: Lynne Ramsay
Soggetto: dal romanzo di Lionel Shiver
Sceneggiatura: Lynne Ramsay, Rory Kinnear
Fotografia: Seamus McGarvey
Montaggio: Joe Bini
Scenografie: Judy Becker
Costumi: Catherine George
Musiche: Jonny Greenwood
G.B./USA, 2011 – Drammatico – Durata: 112′
Cast: Tilda Swinton, John C. Reilly, Ezra Miller, Jasper Newell, Rock Duer, Ashley Gerasimovich, Siobhan Fallon
Uscita: 17 febbraio 2012
Distribuzione: Bolero

Sale: 16

 L’anomala educazione

Eva Khatchadourian (Tilda Swinton) deve averla combinata proprio grossa: qualcuno le ha lanciato una secchiata di vernice rossa contro la macchina e la casa, una passante le molla un ceffone lungo la strada e la insulta, un’altra signora, che sembra conoscerla, le rompe le uova nel carrello al supermercato.
Ma ancora più grossa deve averla combinata suo figlio Kevin (Ezra Miller), adolescente problematico, attualmente detenuto.
Fin dalla nascita del piccolo, che iniziò a limitare le attività della madre avventuriera di professione, il rapporto con i genitori non era mai stato facile, attraversando fasi alterne e culminando negativamente con la nascita della sorellina Celia (Ashley Gerasimovich). Se pure col padre Franklin (John C. Reilly) riusciva a trovare un contatto maggiore, era con la madre che avvenivano gli scontri maggiori, fino, ad esempio, a non smettere di masturbarsi davanti a lei una volta scoperto. Il bambino, crescendo e peggiorando di carattere, svilupperà un’intelligenza lucida quanto malata che lo porterà ad un gesto estremo, anch’esso intimamente finalizzato a punire il genitore più debole…
Trasponendo il romanzo di Lionel Shiver, la regista Lynne Ramsay vuole raccontarci gli effetti nefasti di un’educazione difficile, in particolare quella di un figlio non desiderato che va ad impattare contro una vita dedicata alla carriera, un figlio che intercetta questo disagio e vuole in qualche modo farla pagare alla madre.
Purtroppo però la sceneggiatura, scritta insieme a Rory Kinnear, non riesce a descrivere nei dettagli il meccanismo perverso che si instaura tra genitore e prole, frammentando il racconto e nutrendosi di flashback che, se pure aumentano l’aura di mistero per poi ricomporsi compiutamente, distraggono dall’andamento della narrazione. Così Kevin sembra inspiegabilmente cattivo, perverso e senza dubbio fastidioso, neanche fosse davvero un figlio del demonio quale il Damien de Il presagio ed i suoi numerosi epigoni. Ha senz’altro un temperamento difficile alla nascita e questo sembra l’unico motivo per rendercelo assolutamente insopportabile ed anti(em)patico ed anche il solo elemento che inneschi il rifiuto materno, contrariamente a quelle che vorrebbero essere le intenzioni dell’autrice. Che, come se non bastasse, si disperde in forzosi echi lynchiani d’accatto, tra musiche apparentemente fuori contesto ed un lento montare di atmosfere, affidandosi ad esibite e didascaliche metafore, come il rosso (sangue) che ritorna più e più volte, nella vernice lanciata, nei pomodori in cui si bagna Eva tra la folla, nelle scatole di passata al supermercato o ad altre più macabre e precise.
Tutto alla fine è fastidiosamente prevedibile, come il gesto di Kevin, che si intuisce presto, fin nei minimi dettagli, appena gli leggono “Robin Hood” e comincia, ancora piccolo, a giocare con arco e frecce. Il film è salvato a stento dalle interpretazioni degli attori: da un John C. Reilly, padre che non vuol capire, all’inquietante Ezra Miller, già visto qualche anno fa nei panni analoghi di un adolescente problematico in Afterschool di Antonio Campos, fino ad una spiazzante Tilda Swinton in odore di Oscar, nel ruolo della madre, perfetta incarnazione del dolore muto ed attonito, del senso di colpa insanabile e dell’espiazione coatta, che risuonano nella coscienza come i numerosi rumori accentuati che la regista cerca di sottolinearci.
Imbarazzante e da talk-show il titolo italiano, che traduce maldestramente l’originale ed imperativo We need to talk about Kevin (Dobbiamo parlare di Kevin).
Raro perché… è un film difficile e non troppo riuscito.

Voto: * *½

Paolo Dallimonti