Scheda film
Regia: Giacomo Campiotti
Soggetto: Giacomo Campiotti, Carlo Mazzotta e Roberto Vella, dal romanzo biografico “C’è anche domani” di Ennio Doris, con Leopoldo Gasbarro
Sceneggiatura: Giacomo Campioti e Carlo Mazzotta
Fotografia: Stefano Ricciotti
Montaggio: Davide Miele
Scenografie: Enrico Serafini
Costumi: Diamante Cavalli
Musiche: Carmine Padula
Italia, 2024 – Biografico – Durata: 122′
Cast: Massimo Ghini, Lucrezia Lante della Rovere, Daniel Santantonio, Antonio Nicolai, Emma Benini, Eugenio Franceschini, Carlo Favero
Uscita in sala: 15, 16 e 17 aprile 2024
Distribuzione:
Medusa
La fiction intorno a te!
Qualche settimana prima dell’uscita in sala del film in questione, il rilascio del trailer ha scatenato la fantasia e l’ilarità dei social media. Ci si appellava a Boris e a Maccio Capatonda, ironizzando a destra e a manca, senza alcuna pietà.
È vero, sulla volpe Doris e sul gatto Berlusconi aveva già detto tutto Paolo Sorrentino nella parte iniziale di Loro 2, pellicola troppo presto dimenticata e sottovalutata, nella quale Toni Servillo interpretava emblematicamente entrambi, come fossero due facce della stessa medaglia. Occorreva davvero altro?!
Ma, dopo averlo visto per intero, nelle sue due ore abbondanti di durata, a fronte di aspettative sotto lo zero, parlare di Ennio Doris – C’è anche domani non è per niente facile. O, almeno, è molto difficile farlo in maniera obiettiva.
Innanzitutto partiamo dal titolo: la Cortellesi non c’entra niente, perché C’è anche domani è il titolo dell’autobiografia pubblicata nel 2013 dal protagonista insieme a Leopoldo Gasbarro, rifacendosi al motto di speranza che quand’era bambino gli rivelò il padre Berto all’indomani dell’insperata vittoria del Giro d’Italia da parte di Fausto Coppi, fino quel momento ancora sfavorito.
Poi gli standard sembrano molto meno televisivi del previsto, con tre linee temporali che si intrecciano continuamente e con un formato non eccessivamente panoramico, ma con soluzioni visive elaborate che hanno poco a spartire col piccolo schermo, anche se qualche buco di sceneggiatura, alcuni errori riconducibili alla relativa fretta delle riprese, come l’ombra del drone sui campi – che compariva nel primissimo trailer, però rimossa successivamente – e la pioggia troppo finta per essere credibile in alcune scene – due sequenze in riva al fiume sono palesemente girate con la stessa identica luce, ma in una piove, mentre nell’altra no! – sono in effetti poco perdonabili; così come appaiono inspiegabili e ai limiti del cringe certe parrucchette, soprattutto nel protagonista giovane.
L’agiografia è infine sempre in agguato, nella storia di un uomo che non pare avere (avuto mai) difetti e che nella realtà – basta vedere qualche intervista o ascoltare i racconti del figlio Massimo – era molto più ironico e scherzoso di quanto appaia qua. Ma in effetti Ennio Doris resta sempre l’uomo, dietro la banca, che in seguito al crollo della Lehman Brothers risarcì di tasca propria, insieme al socio Silvio Berlusconi, più di 10.000 correntisti che erano stati guidati neanche troppo avventatamente nell’acquisto di prodotti del colosso finanziario, per un totale di circa centoventi milioni di euro…
Ed è da qui che parte il film, con il protagonista che, una sera di fine estate del 2008, viene richiamato in gran fretta dall’abituale partita a “Gran Scopone” con gli amici di sempre in quel di Tombolo, perché il collasso della Lehman Brothers sta per abbattersi sulle borse mondiali. E mentre viene trasportato in elicottero in ufficio inizia a ripensare alla sua infanzia nell’immediato dopoguerra, quando anche comprare una bistecca non era facile, e a come iniziò la sua brillante carriera nel Banco Popolare Veneto…
La pellicola, chiudendo qualche occhio qua e là, risulta divertente e godibile, raccontando un personaggio perfino troppo sorridente, ma col quale si riesce subito ad empatizzare, grazie anche ai giovani attori che gli prestano corpo e volto. Lo stesso Massimo Ghini, per quanto la sua presenza soprattutto sul piccolo schermo sia ormai inflazionata, fa un discreto lavoro, benché spesso abbandoni con una certa nonchalance il dialetto veneto. E poi sinceramente si entra molto più facilmente in sintonia con Ennio Doris, nato povero e poi “vittima” del miracolo italiano, che con i tanti Ristuccia declinati in mille salse o i fortunelli Marco Carrera o gli immaturi Paolo Pontecorvo, tutti borghesi in crisi cui il cinema italiano ci ha abituato negli ultimi anni.
Alla fine delle oltre due ore di visione, di un non-capolavoro, ma pur sempre firmato da Giacomo Campiotti e neanche osceno come hanno urlato preventivamente i suoi detrattori mediatici, viene il dubbio che quel trailer, che ostentava molte crepe, in cui Silvio Berlusconi compariva molto più spesso in proporzione che nell’intera pellicola, nel quale sembrano difetti anche quelli che non lo sono – come i pantaloni eccessivamente corti di un Doris allora in bolletta – non sia stato che l’ennesimo, accurato, studiatissimo stratagemma di una azienda che del marketing ha fatto la sua ragione d’essere.
Non a caso quando ci mise la faccia in un iconico spot di più di vent’anni fa, Ennio Doris andò a tracciare simbolici cerchi sulla sabbia davanti alla macchina da presa addirittura nei pressi di un lago salato del Sudafrica e, quando risarcì i suoi correntisti incappati nei titoli della Lehman Brothers, fece in realtà un investimento estremamente redditizio che l’anno successivo gli duplicò le entrate.
Se in finale al film potremmo dare una votazione almeno intorno alla sufficienza, non possiamo quindi che ampiamente lodare la perfetta, risuscita operazione di marketing.
Voto: 6/7
Paolo Dallimonti