Scheda film
Soggetto: Luca Facchini, Giordano Meacci e Francesca Serafini
Sceneggiatura: Giordano Meacci, Francesca Serafini, con la collaborazione di Luca Facchini
Fotografia: Gogò Bianchi
Montaggio: Clelio Benevento e Valentina Giorno
Scenografia: Enrico Serafini
Costumi: Maria Rita Barbera e Gaia Calderone
Italia, 2017 – Drammatico/Sentimentale/Musicale – Durata: 193’
Cast: Luca Marinelli, Valentina Bellè, Elena Radonicich, Davide Iacopini, Gianluca Gobbi, Lorenzo Gioielli, Anna Ferruzzo,
Uscita: solo 23 e 24 gennaio 2018
Distribuzion: Nexo Digital
Tra musicarello e soap-opera “barilla” sostenuto da un enorme Marinelli-De André
Questa di Marinelli è una storia vera… ruoli arditi ma devitalizzati, anemici e romanzati, dai Taviani alla Rai, ennesimo personaggio zoppicante affidato ad un attore che nonostante tutto sa giganteggiare, e trovare ogni volta la sua “primavera”.
Non può farla franca. Fabrizio, quello che non è, quello che non ha. Insicurezza e indisciplina, paura di cambiare, presagi da capire. Un fanciullo di Mary Poppins con lo sguardo del pescatore di sirene e mendicanti. Un figlio di papà borghese, ma aperto, di anni bollenti ma assoggettabili, di rivoluzione desiderata e nel tempo a propria immagine misurata. Principe libero.
Evento speciale al cinema solo il 23 e il 24 gennaio e in onda sulla rete pubblica in due puntate il 13 e 14 febbraio, Faber si fa miniserie, Fabrizio De André. Principe Libero, autorizzata da Dori Ghezzi, angelo custode dell’operazione (fornendo persino alcuni costumi di scena), strutturata su un saggio universitario, diretta dal quasi esordiente Luca Facchini. Un racconto, che voleva il realismo magico sulla falsa riga di un revival american style, diventa la “normale” fiction Rai di un cantautore simbolo nazionale. Un prodotto di medio consumo che cerca l’emotività profonda del personaggio tracciando a marcate linee il contesto socioculturale che diventa a sua volta sfondo impressionista annacquato nei gorgoglii delle acque genovesi e nelle chiacchiere con i tanti amici e comprimari della fiction. Uno spot del “biscottone” tricolore (con tanto di fattoria a sostituire il “mulino”) che dall’anarchia disfunzionale del nostro Faber prende una storia d’amore come tante, musicata tra la voce del mito reale e quella graffiata e imperturbabile del pur sempre gigantesco Luca Marinelli, che tra macchiette, fumetti e ritratti storici si conferma il più versatile e coerente interprete della sua generazione. E che cerca lui stesso, forse disperatamente, quel Faber appannato dell’appiattimento della miniserialità per “tutti” (i tutti delle inserzioni pubblicitarie in fascia di “garanzia” e così via).
Quella “specie di sorriso” che inganna gli anni e che “sa” ridere. Mentre si indigna nel mondo senza sdegnarsi di esso. Che accetta la realtà, la compiange, la disturba, trasformandola nei suoi “personaggi”, (poveri) cristi laici di questa terra ubriaca. Che trova le sue “verità” tra i vicoli, anzi, i carruggi, le puttane, le bettole, i salotti padronali, i prati della vacche, ma soprattutto tra le corde dell’amore. Multiplo e contrastato, come l’animo di Fabrizio. I suoi “due occhi enormi di paura”, specchio di “un’avventura” lunga una vita intera, fatta di famiglie allargate e di insanabili interdizioni interiori, di esplorazioni necessariamente proibite e di piccole grandi battaglie irrinunciabili, la musica, la campagna, i mari della solitudine e del vagabondaggio nel tutto dell’esistere.
Dischiude gli occhi guardandosi intorno Luca/Faber e vede una famiglia di imprenditori sì illuminata ma troppo spigolosa e clientelare per la sua eversione ardente nel sangue, sin da ragazzino, tra un disco di Elvis rubato nel vicolo e una notte con la Marinella bionda del quartiere povero. Giurisprudenza è uno scoglio scomodo per Fabrizio, che presto abbraccia la musica e tra i canti per gli amici e un matrimonio con “la più bella” della città, una rossa in cerca di dote e di sogni non infrangibili, incide il primo disco. Fabrizio è tormento puro, pacata febbre di dolore e di incertezza verso quel mondo assopito che lo circonda e soprattutto verso, dentro, contro quel mondo di ombre passate e future che lo avvolge personalmente. Ombre poco decifrabili in una dolce vita friabile, ossessionata dal bisogno di “libertà”. Un uomo che la cerca e ad essa si concede, tra canzoni di popolo, donne e qualche bicchiere di troppo, grandi amici, il Villaggio da cabaret che lo sostiene e debutta persino con lui e il Tenco che scrive rime sui tovaglioli del bar e commenta la vacuità del successo sotto l’immancabile luce di stelle lunari ribaltate nel nero del mare arrotolato sulle rive dei pescatori, testimoni di tante confessioni. E poi la passione complice ed eterna con Dori Ghezzi, la fuga nella fattoria in Sardegna, mentre le fortune musicali vanno vengono e tornano come pure il terrore del palco e il confronto con il “pubblico”. Fino al rapimento in quella villa-nido vicino Tempio Pausania la sera del 27 agosto 1979 e la liberazione quattro mesi dopo, dietro riscatto.
Faber, l’anti borghese a cui non piacevano le caselle della società ma neppure i cliché dell’artista, faber fabbro di tanti Sé e se. Figura complessa e leggendaria trasformata dalla grande Mamma Rai in feuilleton del weekend, tra imprecisioni, vizi di forma, tentativi pittorici e istantanee corali, il “ballo mascherato”. Ma di Fabrizio dov’è, dov’è il “cuore”?
Note: In onda (in due puntate) su Rai1 il 13 e 14 febbraio 2018
Voto: 5
Sarah Panatta