Scheda film

Regia: Gianni Amelio
Sceneggiatura:
Fotografia: Luan Amelio
Montaggio: Cecilia Pagliarani
Italia, 2014 – Sociale/Documentario – Durata: 93′
Cast: Franco Citti, Pier Paolo Pasolini, Ninetto Davoli, Ettore Garofolo, Giorgio Bongiovanni, Nicola Calì, Francesco Cocola, Pieralberto Marchesini, Roberto Pagliero, Claudio Mori, Alba Montori, Aldo Sebastiani, Corrado Levi, Ciro Cascina, Agostino Raff, John Francis Lane, Fernando Nigiro, Mosé Bottazzi, Paolo Poli, Lucy Salani, Roberto David, Glauco Bettera, Aron Sanseverino
Uscita: 6 marzo 2014
Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà

Sale: 14

 Il prezzo della felicità

“Felice chi è diverso/ Essendo egli diverso/ Ma guai a chi è diverso/ Essendo egli comune”. Sembrerà scontato partire dai versi di Sandro Penna da cui è tratto il titolo del documentario di Gianni Amelio, ma non è per noi banale sottolineare la fonte di ispirazione che ha guidato il cineasta nella costruzione di questo film. Il punto che ci preme sottolineare subito è che pur mosso dalle migliori intenzioni e dalla nobile poesia di Penna, il risultato sullo schermo subisce – a tratti – un effetto boomerang. Con la consapevolezza delle parole che traspare dagli occhi di questi uomini, si vuole affermare: “felice chi è diverso”; però, al contempo, ci ritroviamo di fronte alla scelta di non inserire i sottopancia per dichiarare allo spettatore nome e cognome dell’intervistato, quasi a voler “omologare” tutti. Tutti uguali nella “diversità”.
Felice chi è diverso è un viaggio soprattutto nell’Italia del Novecento, un incontro con volti che ci fan conoscere come il nostro Paese si rapportasse col mondo omosessuale – significativo è stato il periodo fascista, dov’era impossibile pronunciare quella parola, quasi si compisse blasfemia; ma la domanda che sorge spontanea è: oggi si usa il termine “gay”, “omosessuale”, ma fa davvero parte del nostro vocabolario? Lo abbiamo interiorizzato profondamente o continuiamo a vedere: gli etero da una parte e gli omosessuali dall’altra?
«Il fatto che suo figlio facesse giochi femminili non l’aveva insospettita»? – ascoltiamo in un’intervista in b/n. Inizia così Felice chi è diverso e quello che si prova è che per quanto si tratti di una domanda rivolta a una donna anni e anni fa, purtroppo è un pensiero che esiste ancora, così come c’era e c’è chi crede che l’omosessualità sia una malattia da cui guarire. In quest’ottica non si può dire che il film di Amelio sia completamente anacronistico perché grazie alle testimonianze di uomini che sono stati giovani nel Novecento, da Nord a Sud, emergono alcuni stereotipi vivi e vigenti ancora oggi.
Una rilevanza particolare la assume il montaggio, risulta particolare la scelta di alternare i racconti di questi uomini (per citare qualcuno tra gli uomini noti: Paolo Poli, Ninetto Davoli) a immagini dell’Istituto Luce e dell’Archivio Rai tra cui lo sketch con Raimondo Vianello basato sui luoghi comuni legati all’omosessualità, oltre a scene di film come quella tratta da Il sorpasso. E poi… e poi non poteva mancare lui, Pier Paolo Pasolini, colui che aveva dichiarato la sua omosessualità in anni in cui era ancora più difficile farlo. Lo riviviamo attraverso le parole di Davoli, ma scopriamo anche degli aspetti inediti come i fumetti su di lui. Se andiamo a ripescare le parole del filosofo Gianni Vattimo, si palesa anche in noi un sentimento nostalgico verso un intellettuale che avrebbe ancora da dirci e scuoterci. «Pasolini rappresenta la rivendicazione della diversità come punto di vista profetico. Mentre oggi, paradossalmente, della diversità non si può parlare se non con una certa nostalgia. Non c’è nessuno, ormai, di così diverso da scandalizzare qualcuno. Recuperare almeno la nostalgia della tensione profetica pasoliniana oggi potrebbe ispirarci un atteggiamento diverso da quello dell’accettazione dell’ordine vigente».
Felice chi è diverso è un film onesto, che vive grazie a quella forza di chi vuole raccontare una realtà sociale e soprattutto umana. Lo spettatore sorride teneramente di fronte alla coppia omosessuale di una certa età che riflette con tranquillità sull’adozione, stupendosi dell’apertura mostrata (colpisce perché spesso si ritiene che l’apertura mentale dipenda dall’età). Il documentario di Amelio ci illustra degli uomini con una propria personalità e capaci di amare, si avverte quanta sofferenza può esserci stata dietro la conquista di quella felicità, per poi chiudere il cerchio della vita con un giovane. Felice chi è diverso emoziona anche, ma non quanto potenzialmente avrebbe potuto (senza scadere, certo, nella strizzata d’occhio), a tratti, infatti, si può pensare che ci si trovi di fronte a una carrellata di storie che sì, ci parlano, ma con cui non riusciamo ad entrare sempre in empatia. 

Voto 6 e ½

Maria Lucia Tangorra