Daughter of Mine (Figlia mia) è il secondo lungometraggio e la seconda tappa della competizione berlinese per la regista italiana Laura Bispuri, la cui storia stravagante di genere, Vergine Giurata, le ha dato fama internazionale nel 2015. Il suo nuovo film mostra un crescente rapporto di fiducia che ha creato con gli attori e la messa in scena ottima, anche se la trama diventa col tempo un po’ convenzionale. Tra gli aspetti positivi, il lavoro di Match Factory può contare su due attrici protagoniste che si contrappongono nei ruoli opposti di figure materne positive (Valeria Golino) e negative (Alba Rohrwacher), in un film che sembra virare decisamente al femminile.
Quando la ragazza sarda Vittoria ( Sara Casu) scopre che la sua mamma stravagante e iperprotettiva non è la sua madre naturale, scatena uno psicodramma che è facilmente immaginabile.
Il triangolo teso tra la ragazza e le sue due mamme si dispiega su uno sfondo interessante: uno scenario spoglio nella Sardegna rurale, dove alte scogliere e strade sterrate si uniscono a un deserto infestato da arbusti.
Di fronte allo sfratto dalla fattoria per il mancato pagamento delle tasse, Angelica chiede di vedere sua figlia prima che lasci la città. Non è una buona mossa.
La società è in gran parte assente o almeno non giudicante di questa strana famiglia, che sembra improbabile in una comunità così piccola e isolata.
Angelica, l’angelo oscuro, attira sempre più la bambina ingenua verso il pericolo.
La Golino è rilassata e naturale nella prima parte del film, la madre perfetta.
L’Angelica di Rohrwacher è un ruolo molto più vistoso e lei si eleva per l’occasione con una recitazione molto fisica, spesso indossando biancheria intima piccola.
D.P. Vladan Radovic, che ha anche girato Sworn Virgin, gira la maggior parte dei paesaggi assolati che proiettano ombre dure. La vivace ed emotiva colonna sonora di Nando Di Cosimo ha un forte sapore locale.
Nel complesso quindi un film altallenante, supportato da un cast di attori in stato di grazie.
Vito Casale