A volte ri-ri-tornano
“Alla morte non si scappa”, “Quando ti tocca, ti tocca”. Nel 2000 “Final Destination” era riuscito a tradurre un modo di dire in piacevole film. L’idea forte era che il destino è immodificabile e scampare a un grave incidente, intralciando i piani falcidianti della morte, si può rivelare ancora più terribile, perchè la morte potrebbe tornare per concludere la sua opera nei modi più fantasiosi e improbabili. Visto il successo del capostipite, un sequel non si nega a nessuno e nel 2003 la “Triste Mietitrice” è di nuovo sugli schermi, sempre per terminare ciò che è fatalmente rimasto incompiuto, nel quasi remake “Final Destination 2”. Senza avere nulla da aggiungere, ovviamente, ma stiracchiando il già esile soggetto con efficaci spruzzate splatter. Al terzo capitolo pare impossibile poter ancora dire qualche cosa che intrattenga per un’altra ora e mezza, eppure il risultato, pur nella totale assenza di originalità, si lascia guardare senza grossi cedimenti. Il punto di forza della serie è il disastro con cui comincia ogni film, curato nei dettagli per garantire immediatamente un forte coinvolgimento. L’incidente aereo del primo episodio resta il più sconvolgente, ma anche la sciagura automobilistica del secondo funziona a dovere. Nella nuova puntata a finire in tragedia è una corsa sulle Montagne Russe al Luna Park. Il resto è come chi conosce la serie si aspetta, con un countdown serrato prevedibilmente rispettato. Dietro la macchina da presa e alla sceneggiatura torna James Wong, già regista del primo episodio, il migliore, che imprime un certo mordente anche alle sequenze più attese, quelle in cui lo spettatore si mette a competere con la sceneggiatura per prevedere ogni mossa e scovare i buchi logici. Rispetto al precedente sequel, il film di Wong ha maggiore coerenza narrativa ma meno fantasia nella cruenza e nell’effetto domino delle morti, fino a un finale che, perlomeno, non si consola nel lieto. Ma i brividi non lasciano alcuno strascico e il mentore pare ancora una volta il Dio teen-ager. In assenza di retrogusto, comunque, il qui ed ora ha una sua dignità. L’unico problema è che la fotocopia, già stinta, potrebbe ripetersi all’infinito.


Luca Baroncini de gli spietati

Voto (da 1 a 5): * ½

Premessa obbligatoria: ho amato, pur in maniera diversa, i due precedenti capitoli. Chiarisco questo perché sono il primo, quando leggo qualche recensione di film horror da parte della cosiddetta “critica ufficiale”, a storcere il naso pensando a tutto lo snobismo che ci sta dietro, come se uno che ama Truffaut non potesse svagarsi con qualche sano, posticcio e divertentissimo sbudellamento.
Ecco, purtroppo in questo terzo capitolo ci si diverte poco o nulla e le attese scene splatter sono state malamente censurate; sì, anche nella versione proiettata al cinema del secondo episodio la censura era intervenuta (per poi integrare le scene nel dvd), ma non in modo così assurdo: in molte scene non si capisce nemmeno cosa sia successo (vedere quella della palestra) e per un film che si basa per un buon 50% proprio su questo è inconcepibile. L’altro 50%, invece, dovrebbe poggiare sull’attesa della morte, sulla macchinosità alla “Willy il Coyote” delle trappole che questa architetta per far schiattare gli insulsi protagonisti destinati al macello; ebbene, neppure qua lo sceneggiatore/regista James Wong (ha diretto il primo “Final Destination”, ma ora si dev’essere inspiegabilmente rintronato…) è riuscito nel suo intento: la piattezza della messa in scena lascia allibiti e delusi chi, come il sottoscritto, non si aspettava certo un capolavoro, ma, almeno, un prodotto di puro intrattenimento.
Se proprio devo annoiarmi, allora mi siedo su di una panchina a vedere passare le macchine in mucca-style, così almeno risparmio i soldi del biglietto.

DA TENERE:
Sarebbe banale e scontato dire “il topless delle tue tipe al solarium”, ma davvero non so cos’altro si potrebbe ricordare… Ah, vabbè, forse qualche schizzo di sangue sfuggito alla mannaia della censura, ma è ben poca cosa…

DA BUTTARE:
Se ancora non l’avete capito, allora fatevi un giretto sulle Montagne Russe…

CONSIDERAZIONE FINALE:
D’accordo spremere un soggetto horror fino all’ultima goccia di sangue (abbiamo sul groppone sconfinate visioni di inutili serie di questo tipo, giusto..?), però che ci sia almeno un’idea, non chiedo tanto: se nel primo capitolo il soggetto era simpatico ed il film divertiva nella sua assurdità, il secondo faceva letteralmente morire dal ridere premendo l’acceleratore sullo splatter più spinto, ma anche questo era un tipo di approccio; in “Final Destination 3”, purtroppo, non c’è nemmeno l’incidente iniziale che da’ il via alla storia a causare qualche brivido.
Perciò, ascoltatemi: evitatelo accuratamente e, se volete sul serio qualche brivido, andate veramente al Luna Park.


BenSG