Nome di punta della cinematografia spagnola di genere (si parla di horror) Jaume Balaguerò continua la sua parabola discendente. Con “Nameless” ha illuso di poter ancora spaventare e si è distinto per la vena cattiva, ma il film non regge alla seconda visione; con “Darkness”, oltre ad avere ottenuto un rilevante successo internazionale, ha dimostrato come la capacità di creare un’atmosfera malsana non sia sempre sufficiente per sostenere un intero lungometraggio. Con il nuovo “Fragile” conferma come i suoi più grandi alleati siano il Dolby-Surround e gli stacchi di montaggio. Bisogna riconoscergli il merito di riuscire a condurre una storia di ordinari fantasmi con un certo polso, ma l’estetica della sua visione scimmiotta (per non dire copia) “The Ring” di Gore Verbinski. La sceneggiatura (dello stesso Balaguerò con Jordi Galceran) pone basi banali ma solide e procede con una certa grezza efficacia nell’aggiungere dettagli e capovolgimenti, ma finisce per incartarsi e si risolve perdendo coerenza con le premesse (tanti i buchi logici che emergono a posteriori). Sempre più internazionale la produzione, che assolda la star televisiva Calista Flockhart, ambienta la vicenda in Inghilterra e gira direttamente in inglese. Tutto molto strategico per la successiva distribuzione, ma i brividi stanno altrove.

Luca Baroncini de Gli Spietati