Scheda film
Regia: Bill Paxton
Soggetto e Sceneggiatura: Brent Hanley
Fotografia: Bill Butler
Montaggio: Arnold Glassman
Scenografie: Nelson Coates (non accreditato)
Costumi: April Ferry
Musiche: Brian Tyler
USA/Germania/Italia, 2001 – Horror – Durata: 100′
Cast: Bill Paxton, Matthew McConaughey, Powers Boothe, Matt O’Leary, Jeremy Sumpter, Luke Askew, Levi Kreis
Uscita: 23 agosto 2002
Distribuzione: Mediafilm
La mannaia di Dio
Un uomo, che dice di chiamarsi Fenton Meiks (Matthew McConaughey), si presenta all’agente dell’FBI Wesley Doyle (Powers Boothe) per una confessione, che pone le sue radici nel lontano passato: suo fratello Adam, appena suicidatosi, è il killer da tempo ricercato e noto come “la mano di Dio”. Tutto ebbe inizio quando il padre (Bill Paxton), quando erano ragazzini, poco tempo dopo la morte della madre, li svegliò una notte per raccontare loro dell’apparizione di un angelo di Dio, che lo avrebbe incaricato di una missione importantissima: il mondo ormai la fine, avrebbe dovuto eliminare fisicamente una serie di demoni, celati sotto spoglie mortali, di cui di volta in volta avrebbe fornito elenchi di nomi. Per la famiglia è l’inizio di un incubo, soprattutto per il povero Fenton, convinto che il padre sia impazzito, e che cercherà in ogni modo di fermare il genitore…
L’esordio alla regia di Bill Paxton spiazza per l’originale plot, firmato Brent Hanley, ma che sembra scritto da Stephen King in persona: per la tematica dell’infanzia (violata), per le aspettative dei fanciulli non sempre destinate ad avverarsi, per la predestinazione divina ed i poteri paranormali e per la presenza significativa di molti sceriffi. Ma va oltre, istillando nella storia una forte ambiguità di fondo – le vittime sono a loro volta davvero dei criminali, macchiatisi di orrendi delitti – parlando del bene e del male, della fede, di angeli e demoni, mischiando le carte e disorientando lo spettatore, finendo per coinvolgerlo nel (perfetto) piano architettato da un pazzo (o un illuminato).
Il risultato è un horror a basso budget ed in teoria estremamente violento – il padre dei Meiks uccide i presunti demoni a colpi di accetta, dopo averli storditi con un tubo di ferro, tutte armi indicategli dal creatore – ma senza che noi possiamo vedere un filo di sangue, tranne qualche accenno, inevitabile, nel finale, senza che la tensione possa però mai calare. E anche se non tutto alla fine potrebbe quadrare esattamente – la scrittura di Hanley è molto elaborata e a tratti quasi artificiosa – soprattutto dopo il primo colpo di scena nel prefinale (altri due sono in agguato ed uno non troppo imprevedibile), a Paxton, dopo che ci ha trascinato in questo oscuro incubo ad occhi aperti, un inquietante viaggio senza ritorno alle radici del male e del bene, dove sono ancora confusi ed indissolubilmente legati insieme, si può perdonare davvero tutto. Anche l’assenza del lieto fine. Deo gratias!
Voto: * * *½
Paolo Dallimonti