Scheda film
Regia: Rupert Sanders

Soggetto: basato sul manga omonimo di Masamune Shirow
Sceneggiatura: Jamie Moss e William Wheeler
Fotografia: Jess Hall
Montaggio: Billy Rich e Neil Smith
Scenografie: Jan Roelfs
Costumi: Kurt and Bart
Musiche: Lorne Balfe e Clint Mansell
Suono: Rob Young
USA, 2017 – Fantascienza – Durata: 107′
Cast: Scarlett Johansson, Pilou Asbæk, ‘Beat” Takeshi Kitano, Juliette Binoche, Michael Carmen Pitt, Chin Han, Danusia Samal
Uscita: 30 marzo 2017
Distribuzione: Universal Pictures

Questo fantasma

Nonostante le petizioni contro il “whitewashing” (=lo sbiancamento) dei personaggi asiatici (ben 104.00 firme!) la Dreamworks (e la Universal) è riuscita a portare a casa il nuovo blockbusterone di turno.

L’ispirazione sono un manga (1989) e un anime (1995), rispettivamente di Masamune Shirow e di Mamoru Oshii, che hanno dato origine ad un universo assai complesso fatto anche di romanzi, serie TV e videogiochi e che sono entrati ormai nella leggenda, poiché ispiratori, benché alla lontana, di uno dei film che hanno cambiato la storia del cinema recente: Matrix.

Siccome per un blockbuster che si rispetti ci vuole una star che si rispetti, la scelta, che ha alimentato le polemiche, è caduta sulla statuaria ed occidentalissima Scarlett Johansson, qui al suo terzo ruolo di una fanciulla dai poteri aumentati dopo la Natasha Romanoff/Black Widow dei film sugli Avengers e la Lucy dell’omonima pellicola di Besson.

La storia, ambientata in un 2029 in cui gli esseri umani hanno diffusi impianti cibernetici, è quella del Maggiore Mira Killian Kusanagi (Scarlett Johansson), capo della sezione di Sicurezza Pubblica numero 9, un’organizzazione antiterrorismo cibernetico: un essere robotico potentissimo creato dalla Hanka Robotics, ma con un cervello (ed un’anima, il famoso “ghost” nel guscio, lo “shell”), che si trova fronteggiare un misterioso hacker intenzionato ad eliminare i principali scienziati dell’azienda. All’origine di tutto c’è un mistero molto pià grande di lei che la riguarda assai da vicino…

Il manga di Masamune Shirow, secondo la buona tradizione nipponica, era intriso di filosofia e di ragionamenti molto profondi riguardanti l’anima, il corpo, la loro interconnessione e la tecnologia, spingendosi sempre più avanti col progredire della produzione delle tavole disegnate.

Il film di Sanders è visivamente molto interessante ed affascinante, ambientato in una sorta di scenario di Blade Runner ovviamente evoluto (svolgendosi 10 anni dopo ed essendo stato girato 35 anni più in là), ma perde molto di quella magia dell’anime e degli anime in genere, che sviluppano fascino a partire da una storia spesso semplice. La tendenza a semplificare tutto e soprattutto a spiegare ogni minimo elemento tipica del cinema americano impoverisce dal punto di vista narrativo una pellicola che avrebbe avuto invece un alt(r)o potenziale. Un mondo in cui gli esseri umani sono potenziati dalla tecnologia ed in cui i robot diventano cyborg migliorati dall’innesto di cervelli umani non stimola qui a spingersi verso scenari potenzialmente interessanti, ma serve solo a spiegare e a mandare avanti una storia molto esile e tutto sommato banalotta che almeno ha il buon gusto di consumarsi nel giro di meno di due ore, senza osare un respiro narrativo più ampio che però avrebbe richiesto un impegno ed un rischio maggiori.

In sintesi, Rupert Sanders porta a casa un compitino corretto, sulla sufficienza, che ben traduce e traghetta nel live-action e nel mainstream occidentale l’enorme universo orientaleggiante di Ghost in the shell, complice anche la bellezza e la bravura di Scarlett Johansonn, resa appena asiatica dal trucco non proprio leggero, ma avrebbe potuto osare molto di più. Possiamo riporre speranze nell’inevitabile sequel ed in altri filmaker?

Voto: 6

Paolo Dallimonti