Scheda film

Regia: Gareth Edwards
Soggetto: David Callaham
Sceneggiatura: Max Borenstein
Fotografia: Seamus McGarvey
Montaggio: Bob Ducsay
Scenografie: Owen Paterson
Costumi: Sharen Davis
Musiche: Alexandre Desplat
Suono: Michael McGee
USA, 2014 – Fantascienza – Durata: 123′
Cast: Aaron Taylor-Johnson, Ken Watanabe, Elizabeth Olsen, Juliette Binoche, Sally Hawkins, Bryan Cranston
Uscita: 15 maggio 2014
Distribuzione: Warner Bros Pictures

Gareth Edwards si era fatto notare nel 2010 con l’interessante Monsters, straniante odissea di una turista e di un fotoreporter attraverso un’America Centrale popolata da creature aliene. Il regista britannico sembrava dunque la persona più adatta per misurarsi con un’icona della cultura pop come Godzilla, facendo dimenticare l’ipertrofica versione del 1998 di Roland Emmerich che, con teutonica grazia, ne travisava completamente lo spirito. L’ultima apparizione “ufficiale” di Godzilla risaliva al 2004, quando lo scatenato Kitamura Ryuhei firmò Godzilla: Final Wars, quasi un delirante esercizio di metacinema in cui la creatura si batteva contro tutti i suoi avversari storici (compreso il lucertolone di Emmerich), con numerosi riferimenti ai film realizzati durante l’era Showa (1954-75).
In questa nuova versione Gareth Edwards non delude le aspettative dimostrandosi rispettoso delle fonti originali, sia del film di Honda del 1954 che delle successive incarnazioni cinematografiche del mostro, ereditando dal capostipite la tematica del terrore per le devastazioni causate dall’energia atomica e mutuando invece dai successivi la progressiva metamorfosi del “personaggio”, che lo vede trasformarsi da figura eminentemente distruttiva in difensore dell’umanità. Da Hiroshima e Nagasaki a Fukushima il passo è breve, e il fatto che il Giappone sia l’unico paese al mondo ad aver sperimentato in più occasioni il potere distruttivo dell’atomo riveste la sua importanza ai fini della sceneggiatura. Dopo un succinto prologo ambientato nelle Filippine, “Godzilla” inizia con un catastrofico incidente alla centrale nucleare di Janjira, nel corso del quale trova la morte il fisico Sandra Brody. Quindici anni dopo il marito Joe, convinto che le autorità abbiano insabbiato le reali cause dell’incidente, non ha rinunciato a investigare sull’accaduto e coinvolge nelle sue ricerche il figlio Ford, tenente dell’esercito americano. Inutile dire che Joe Brody non ha torto, e ben presto una creatura ribattezzata M.U.T.O. (Massive Unidentified Terrestrial Organism) seminerà morte e distruzione sulle coste del Pacifico.
Al contrario di quanto aveva fatto Del Toro in Pacific Rim (2013), riuscita rielaborazione del “kaiju eiga”, Gareth Edwards prende tutto molto seriamente. In più, ci mette di suo una peculiare empatia per il “monstrum”, inteso nell’accezione classica di prodigio e/o meraviglia, un’affinità con l’alterità che aveva già manifestato nel suo film d’esordio. Nella visione del regista Godzilla è quasi un’epifania del divino, qualcosa che attiene alla sfera del sacro, come evidenziato nella splendida sequenza in soggettiva in cui Ford, in caduta libera dopo un lancio HALO, ha visioni frammentarie dell’imponente corpo della creatura, accompagnato dalle note di kubrickiana memoria del “Requiem” di Ligeti. Il mostro non è più una creatura preistorica risvegliata dall’energia atomica, bensì uno dei migliaia di Kami dello shintoismo nipponico, uno spirito della Natura chiamato a ristabilire l’equilibrio perduto attraverso la darwiniana legge del più forte. A parte le scene intraviste sugli schermi televisivi, i mostri sono filtrati attraverso lo sguardo in soggettiva dei protagonisti che, annichiliti dalla prossimità del divino che sancisce la loro insignificanza, assistono sbigottiti ai loro rituali amorosi (il corteggiamento tra i M.U.T.O.) o alle loro esplosioni di furia devastatrice.
Fervente teratologo e ierofante apprendista, Edwards si trova un po’ meno a suo agio con gli esseri umani e, malgrado l’alternarsi di cinque sceneggiatori (tra cui Frank Darabont), le dinamiche familiari messe in scena risultano gravemente stereotipate. Non convincono né la farraginosa elaborazione del lutto di Joe e Ford Brody per la morte di Sandra (fulminea apparizione di Juliette Binoche), né tantomeno l’apprensione di Ford, che tenta di portare in salvo moglie (un’affranta Elizabeth Olsen) e figlio prima che lo scontro tra Godzilla e i M.U.T.O. distrugga San Francisco. La responsabilità è da attribuire anche agli attori, i quali eccedono in manierismi (Bryan Cranston), elaborano variazioni su un’unica nota (un afflitto Ken Watanabe) o si astengono del tutto dal recitare (un irriconoscibile Aaron Taylor-Johnson).
Edwards non se ne duole più di tanto e preferisce accumulare citazioni doverose, da Alien (le Filippine) a Lo squalo (le Hawaii), confidando nell’eccellenza degli effetti CGI di Jim Rygiel (Il Signore degli Anelli), ben consapevole del fatto che gli umani, dopotutto, sono solo un contorno di scarsa importanza se paragonati alla portata principale. Una star che, come tutte le star, si presenta in scena con obbligato ritardo, ma quando arriva non fa rimpiangere il tempo speso nell’attesa. E poi, un Godzilla in cui la visione del mostro è assimilabile a un’esperienza estatica e/o religiosa non si era ancora mai visto. 

Voto: 6

Nicola Picchi