Scheda film

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Michael Mann
Fotografia: Dante Spinotti
Montaggio: Pasquale Buba, William Goldenberg, Dov Hoenig e Tom Rolf
Scenografie: Neil Spisak
Costumi: Deborah L. Scott
Musiche: Elliot Goldenthal
Suono: John Kudlacek e Philip Rogers (non accreditati)
USA, 1995 – Azione – Durata: 170′
Cast: Al Pacino, Robert De Niro, Val Kilmer, Jon Voight, Tom Sizemore, Diane Venora, Amy Brenneman
Uscita: 9 febbraio 1996
Distribuzione: Cecchi Gori Group

 Quanto sia difficile fare un film poliziesco al giorno d’oggi …

Quanto sia difficile fare un film poliziesco al giorno d’oggi, ce lo dimostrano i numerosi, vuoti, sterili tentativi di tanti registi. Quello poliziesco è un genere così metabolizzato dal pubblico e dal cinema in generale, che è diventato quasi impossibile realizzare ancora qualcosa di originale. Micheal Mann invece vi è pienamente riuscito con eat- la sfida , in cui si assiste ad un confronto “mortale” tra il poliziotto Hanna-Pacino e il ladro McCauley-De Niro.
Mann è un regista apolide, nel senso che riesce sempre a creare film prettamente americani, ma con uno stile che ricorda il cinema europeo. È apolide perché i suoi film sono veramente “suoi”, nel senso che sono espressione diretta della sua volontà. È apolide perché riesce sempre a mettere d’accordo critica e pubblico, impresa che si realizza raramente (Kubrick ne è un esempio lampante). Ma allo stesso tempo Mann è fortemente legato alla sua terra, gli Stati Uniti, che fa da teatro ad ogni sua pellicola, e di cui racconta pregi e difetti (soprattutto difetti). Mann è affascinato in particolare dalla società americana, emblema di un controsenso di cui egli stesso si fa simbolo.
Con Heat Mann ha messo in gioco sé stesso e le sue capacità di autore, sottoponendosi ai rischi del genere, ed in particolare a quello di cadere nel banale e nel “già visto”. E il rischio si è rivelato ancora maggiore, dato che Mann ha voluto scriverne la sceneggiatura.
Il film si potrebbe suddividere in due parti: il primo tempo è dominato dallo studio ossessivo dei personaggi, con un occhio così antropologo da ricordare Scorsese. Nel secondo tempo scoppia tutta l’azione che è contenuta nel primo, con una conseguente creazione di tensione, che si manifesta apertamente nella sparatoria che segue la rapina in banca. Una sequenza bellissima, tra l’altro, una sparatoria che mescola il genere western, con richiami a Il mucchio selvaggio, a quello bellico.
Molto, troppo si dovrebbe dire di Heat, della sua intelligenza, della bellissima fotografia di Dante Spinotti, assiduo collaboratore del regista, della perfetta mistura di azione ed introspezione. Io voglio concentrarmi su un aspetto che sembra essere stato sottovalutato. Heat è una storia di solitudini, di persone che, disilluse nell’ambito privato ( delusioni d’amore e lacerazioni familiari), si sfogano in quello pubblico, e quindi concentrando la propria vita solo nel lavoro, a scapito di tutto il resto. Gli stessi Hanna e McCauley prendono la “caccia” come qualcosa di personale, come se la soluzione della “sfida” risolvesse ogni loro problema privato. Ma non sarà così.
In Heat c’è uno schema comportamentale che viene spesso ripetuto: gli sguardi si incrociano sempre, si accenna un sorriso e infine lo sguardo si spezza. Un’ascesa, uno stallo ed una caduta. Questo grafico visivo riassume anche i rapporti interpersonali dei personaggi.
Heat è un film pessimista, un discorso sullo sguardo e sul suo significato (e questo è uno dei temi principali della poetica manniana), sulla fragilità dell’essere umano, sulla difficoltà di convivere con la propria solitudine, in un mondo fatto di solitudini. 

Voto: …

Andrea Fontana

 #IMG#Heat è un film del 1995 …

Heat è un film del 1995 diretto da Micheal Mann e con interpreti di spessore quali Jon Voight, Robert De Niro, Al Pacino e Val Kilmer. De Niro è il bandito Neil, Pacino il poliziotto Vincent.
Neil è metodico, taciturno concentrato e ripetitivo nei pensieri e nelle azioni. E’ il leader della banda, ma un leader silenzioso ed essenziale.
Vincent Hanna è il buono. Istrionico, straripante, teatrale ma comunque determinato a prendere i cattivi.
Nella recitazione i due mostri sacri (il film fu un evento perché tornarono nello stesso film dai tempi de Il Padrino) offrono due prove opposte. Quanto sotto le righe e asciutto De Niro, quanto pirotecnico e frizzante Pacino.
Solida la sceneggiatura, ottime regia e fotografia nonchè lo studio dei personaggi principali, in particolare il malvivente Kilmer che parlando della sua donna dice: “per me il sole non sorge se non c’è lei vicino…”.
Due sono le scene che colpiscono l’occhio. “Cosa guardavano?” – urla Vincent ai colleghi – “Cosa guardavano? Avanti… cosa guardavano? … Noi, cazzo… Ecco cosa guardavano.. Noi..”. Vincent in quell’attimo capisce di aver a che fare con professionisti veri, rari, e ne è quasi ammirato. La camera zooma all’indietro sui quattro poliziotti in mezzo al piazzale, spaesati e increduli, beffati dalle loro prede.
Poi c’è la mega sparatoria in mezzo al centro cittadino. Dovrebbe trattarsi di Los Angeles. Qualcosa durante la rapina finale va storto. Si innesca un conflitto a fuoco con armi automatiche devastante. I rapinatori sono braccati e rispondono come belve ferite. Kilmer impugna un fucile che sembra un cannone. Muoiono anche dei passanti innocenti. La banda perde un pezzo dopo l’altro. Gli agenti sono sempre di più e nonostante le armi da guerra e la ferocia l’esito è segnato. Neil però trova un varco. E’ intelligente Neil, addestrato, e preferisce morire che tornare dentro. –“Una volta un tizio mi disse non legarti mai a qualcosa da cui non puoi staccarti in meno di 30 secondi”.
Ricorda Collateral per la fotografia e l’alternanza di una splendida colonna sonora all’uso del silenzio. Scambiato per un capolavoro, non lo è, ma rimane un ottimo action-movie interpretato da attori top. 

Voto: …

Claudio Bacchi