Scheda film
Regia, Soggetto, Sceneggiatura e Montaggio:: Alessandro Piva
Fotografia: Lorenzo Adorisio
Scenografie: Marianna Sciveres
Costumi: Carolina Olcese
Musiche: Andrea Farri
Italia, 2011 – Drammatico/Thriller – Durata: 86′
Cast: Carolina Crescentini, Claudio Gioe’, Aurelien Gaya, Pietro De Silva, Paolo Sassanelli, Michele Riondino, Tony Santagata
Uscita: 2 marzo 2012
Distribuzione: Iris Film
Sale: 10
Piva racconta una Roma drogata e violenta
Tratto dall’omonimo romanzo di Giovanni Mastrangelo il nuovo film di Alessandro Piva (il terzo dopo La capagira e Mio cognato) è ambientato in una Roma pericolosa, oscura e racconta la guerra tra i clan rivali nel mondo del narcotraffico, delinquenti vecchi e nuovi che si inseguono per le vie della città, si danno la caccia, si sfidano e poi si dileguano nel buio.
Nina è un’insegnante di aerobica che frequenta poche persone, tutte sbagliate. Gianni, il fidanzato tossicodipendente e immaturo, e Rocco, un vicino di casa troppo cinico e troppo drogato per capire cosa gli succede intorno e per amare qualcuno. A causa della vicinanza con questi due loschi individui la ragazza si ritrova al centro di una guerra all’ultimo sangue tra trafficanti africani e la banda di Civitavecchia per il controllo dello spaccio. Il duplice omicidio di uno noto spacciatore della zona e della sua anziana madre diventa la miccia da cui partirà una serie disastrosa di eventi. Ad indagare sul crimine una bizzarra coppia di poliziotti, uno un po’ alienato l’altro troppo normale, costretta a fare i conti con una città che parla tante lingue e in cui si dipanano lotte sanguinose per la conquista del traffico di ‘henry’, il nome con cui i pusher afroamericani di New York chiamano l’eroina pura. Tre giorni di delitti, di tradimenti e pene d’amore con un finale in cui sono in pochi a salvarsi.
Interpretato in modo non malvagio da un gruppo si attori che, comunque, convincono come Paolo Sassanelli e Carolina Crescentini (non proprio la sua migliore interpretazione), Claudio Gioé, Michele Riondino, Alfonso Santagata, Dino Abbrescia e Eriq Ebouaney, il film racconta senza mezzi termini la vita di chi ha scelto la droga e la strada e di boss che non si fanno scrupoli a seminare morte per riavere il loro territorio.
Una babilonia di lingue e culture che formano una Roma che non viene spesso mostrata al cinema.
Realizzato grazie alla determinazione del suo regista, anche montatore e produttore Alessandro Piva, che con la Seminal Film ha autoprodotto questo suo terzo film.
Un noir contemporaneo, coraggioso e teso, ma troppo prevedibile e, in alcuni tratti, anche grottesco. Girato interamente in digitale con meno di un milione e mezzo di budget a disposizione, Henry tenta di scuotere le coscienze e al contempo quella parte di cinema italiano che per ora, gli ha sbattuto tutte le porte in faccia. Forse per colpa di un taglio eccessivamente televisivo o di qualche pecca narrativa che emerge soprattutto nel finale, che arriva ad essere involontariamente kitsch. Henry fa parte comunque di un cinema di denuncia e di inchiesta di cui l’Italia ha bisogno, perché il mondo dell’eroina va raccontato e affrontato.
Voto * *½
Giada Valente
#IMG#Roma spacciata
Sullo sfondo di una Roma multiculturale, zeppa di immigrati nazionali ed esteri, di lingue e dialetti, hanno luogo le disavventure di una selva di personaggi, al di qua ed al di là della legge, qualche volta pericolosamente in bilico.
L’irascibile spacciatore Spillo (Max Mazzotta) e sua madre, il tossico malandato e pronto a tutto Rocco (Pietro De Silva), il suo amico Gianni (Michele Riondino) che subirà errore giudiziario, la sua compagna Nina (Carolina Crescentini) travolta dagli eventi, l’integerrimo commissario Silvestri (Claudio Gioè) ed il meno trasparente ispettore Bellucci (Paolo Sassanelli), una gang di malavitosi africani capeggiata da Kueku (Aurelien Gaya) e che tra i suoi componenti ha anche il giovane Karanja (Eriq Ebouaney), la banda di Civitavecchia, con in testa l’anziano ma indomito Franco (Alfonso Santagata): tutti personaggi le cui vicende a partire da un doppio delitto si intersecano in una fitta rete, difficile da raccontare senza rovinare lo spettacolo, in nome della suspense hitchcockiana che vuole privilegiare lo spettatore in fatto di informazioni, mettendolo fin da subito al corrente – lui e solo lui – del reale svolgimento dei fatti.
Sull’ossatura del romanzo omonimo di Giovanni Mastrangelo, edito da Einaudi, il regista e sceneggiatore (nonché montatore ed uno degli operatori di ripresa) Alessandro Piva traccia i percorsi sbilenchi delle esistenze sbandate di tutti i protagonisti della vicenda, nei quali a tratti sembra dilungarsi fin troppo, inquadrandoli attraverso uno schermo panoramico teso ad accogliere ogni loro sfumatura ed a restituire l’ampio respiro che le vicende meritano.
Dentro le scenografie naturali ed insolite – l’ultima parte, invocando un afflato multiculturale, si svolge nel poco sfruttato “Quartiere olimpico” – di una città in cui l’antico fiume Tevere si snoda ed infiltra come la droga che la invade, il racconto procede con artifici di stampo quasi teatrale, inframezzato così da intervalli in cui ogni personaggio si apre al pubblico, spalle al muro, come in un interrogatorio, ad eccezione di chi è appena morto, che resta muto, perplesso e sbigottito, senza più vita né parole.
Ricordando 5 (cinque) di Dominedò per molte caratteristiche dell’opera, il film si avvale di numerosi e bravi attori italiani che lo impreziosiscono, tra i quali non si dimenticano la strana coppia di sbirri Gioè & Sassanelli e lo sdrucito quanto dolente De Silva, sostenenendolo fino alla scontata e non troppo originale resa dei conti finale di stampo tarantiniano.
Raro perché… è un piccolo film che può non interessare tutti.
Voto: * * *
Paolo Dallimonti