Recensione n.1
Un mediocre film di Robert Harmon
Stanche strade della follia
Rennie perde la moglie in un banale incidente d’auto: investita da un pirata della strada sotto i suoi occhi. Cinque anni dopo l’uomo percorre gli Stati Uniti senza sosta alla ricerca del colpevole, non un semplice automobilista indisciplinato, ma un vero e proprio serial killer su quattro ruote…
La firma di Robert “The Hitcher” Harmon faceva ben sperare, specialmente dopo il quasi discreto THEY, uscito da noi l’anno scorso, che lo vedeva ritornare a dirigere per il grande schermo dopo quasi dieci anni di assenza. Anche la presenza di Jim Caviezel, giovane e bravo attore ormai consacrato star di Hollywood.
E invece il risultato è decisamente inferiore alle attese.
La sceneggiatura è poco originale, richiamando innanzitutto THE HITCHER – inevitabilmente! – e DUEL – ovviamente! – e i film che hanno per protagoniste macchine assassine, come LA MACCHINA NERA e CHRISTINE, LA MACCHINA INFERNALE. Brucia ogni suspense svelando presto l’identità del killer e il suo “movente” e banalizza tutto spiegando che cosa lo lega realmente al suo disperato inseguitore. E anche se lo è diventato in seguito ad una ben motivata vendetta, resta sempre poco felice l’idea di scegliere come antagonista un handicappato.
Le scene iniziali sono efficaci, in particolare l’investimento e il successivo primo agguato mostrato, girato in maniera molto personale ed efficace. Il resto è noia, routine e confusione con un finale che farebbe venire voglia di chiedere il risarcimento del biglietto d’ingresso!
Paolo Dallimonti
Recensione n.2
Un maniaco sfreccia per le sterminate highway americane a caccia di giovani donne da investire con la sua auto; il marito di una delle vittime e’ sulle sue tracce da cinque anni. Inevitabile che i loro destini si incrocino. Il non particolarmente prolifico Robert Harmon torna alle origini della carriera e confeziona un road-thriller che ricalca le atmosfere polverose e venate di horror del suo riuscito “The Hitcher”. Peccato che la regia, non particolarmente efficace ma con qualche buon momento (vedi l’incidente nel tunnel), sia al servizio di una sceneggiatura disastrosa, somma di luoghi comuni, situazioni prevedibili e personaggi inesistenti (su tutti il “Cicciobello” nero). Numerosi i rimandi cinematografici, da “La macchina nera” a “Duel” passando per la morbosa attrazione verso la carne e l’acciaio di “Crash”. L’assenza di originalita’ non sarebbe un problema se il film riuscisse comunque a coinvolgere e a mantenere il minimo di tensione richiesto dal genere. Invece la vicenda scorre piatta e priva di mistero, svelando tutto e quasi subito. In particolare si preoccupa di motivare azioni e psicologie, ma lo fa malamente. Il conflitto si riduce infatti a un routinarioregolamento di conti con annesso, addirittura, doppio trauma da rimuovere, senza che i personaggi riescano a uscire dall’ovvieta’ per entrare nel mito. Piu’ degli interpreti (James Caviezel non ancora Cristo per Gibson ma gia’ incolore, Rhona Mitra, graziosa ma troppo solare per la parte, e Colm Feore, ormai abbonato a ruoli da iper-cattivo), spicca l’espressivita’ delle due vere protagoniste: la Plymouth Barracuda del 1968 e la Cadillac Eldorado del 1972, che in piu’ di una sequenza rubano la scena agli scialbi attori in carne ed ossa. Senza attenuanti la stupidita’ del finalissimo.
Luca Baroncini (da www.spietati.it)