Scheda film

Regia: Tanya Wexler
Soggetto: Jonah Lisa Dyer, Stephen Dyer, Howard Gensler
Sceneggiatura: Jonah Lisa Dyer, Stephen Dyer
Fotografia: Sean Bobbitt
Montaggio: Billy A. Campbell, Jon Gregory
Scenografie: Sophie Becher
Costumi: Nic Ede
Musiche: Chrisian Henson, Gast Waltzing
G.B./Francia/Germania/Lussemburgo, 2011 – Commedia – Durata: 100′
Cast: Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Jonathan Pryce, Felicity Jones, Rupert Everett, Ashley Jensen, Sheridan Smith
Uscita: 24 febbraio 2012
Distribuzione: BIM

 Una vibrante polemica

La Festa del Film di Roma 2011 ci ha portato in dono un piccolo capolavoro che finalmente vede la luce nelle nostre sale, una brillante commedia inglese, come solo gli inglesi le sanno fare, sull’inventore del… vibratore! Alla fine del XIX secolo nell’illuminata Inghilterra vige ancora la diagnosi di isteria, malattia esclusivamente femminile per cui si può finire addirittura isterectomizzate, cioè private dell’utero, quindi dell’essenza più peculiare per una donna. Ma nei casi meno gravi sono sufficienti le stimolazioni (leggi: masturbazioni) del geniale dr. Darlymple (Jonathan Pryce), che riceve aiuto dal più giovane collega dr. Granville (Hugh Dancy). L’ultimo arrivato rivelerà una bravura tale da doverne pagare presto le conseguenze, accusando forti dolori alla mano. In collaborazione con l’amico e mentore Lord Edmund St. John-Smythe (Rupert Everett), sperimentatore nel novello campo elettrico, con la nuova invenzione troverà il sistema di rendere automatico il trattamento. Sperimentata prima con forti dubbi sull’ex-prostituta Molly The Lolly (Sheridan Smith), riceverà entusiasti riscontri presso le frustrate pazienti e porterà con sé nella rigida società britannica del tempo la soave brezza del cambiamento…
Divertentissimo, ma sempre raffinato malgrado il tema “a rischio” – pensate a che cosa sarebbe potuto diventare in Italia – il film di Tanya Wexler mette a confronto il vetero-maschilismo con il proto-femminismo, potendo vantare una scrittura dei personaggi molto accurata che incarnano bene le due fazioni. Simboliche in questo senso le due sorelle Darlymple: da una parte Emily (Felicity Jones), la donna perfetta da sposare, abilissima in tutte quelle arti e quei mestieri tipici dell’ottima casalinga, la classica bambolina da esibizione, dall’altra, agli antipodi, Charlotte (Maggie Gyllenhaal), un quasi maschiaccio che cerca di aiutare il prossimo ed alla quale gli agi stanno stretti, una donna irruenta, volitiva e… per i dettami dell’epoca, naturalmente isterica.
Talmente ben fatta da non sembrare neanche la storia vera, ovviamente romanzata, che in realtà è, Hysteria, oltre che una godibilissima commedia, è un’acuta riflessione sulla condizione della donna, ancora oggi lungi dall’essere pienamente equiparata a quella maschile, la cui ambita normalità era allora considerata solo una malattia da curare.
Ricomponetevi per la sequenza finale, assolutamente da non perdere: leggenda (o sceneggiatura) vuole che la geniale invenzione approderà pure a corte, tra le mani di sua maestà la regina Vittoria, la quale, ahilei, però non potrà goderne appieno. E restate anche per i titoli di coda: insieme ad essi scorrono più di cent’anni di storia del vibratore, quest’invenzione bizzarra ma non troppo, nata quasi per caso…

Voto: * * *½

Paolo Dallimonti

 #IMG#Alla scoperta del piacere femminile tra humor e medicina

L’ormai famosissimo oggetto del desiderio femminile ha una sua data di nascita e un suo inventore. Hysteria, film presentato in Concorso durante l’ultima edizione del Festival di Roma ne racconta in modo ironico e leggero la storia e le sue vicissitudini.
Accolto da risate ed applausi, il film di Tanya Wexler con uno straordinario e mai volgare humor, a tratti irriverente, racconta la vera storia dell’invenzione del vibratore e del contesto in cui l’oggetto nacque, portando al cinema un periodo storico ricco di cambiamenti tecnologici epocali.
Sono gli anni 80 dell’800, gli anni della scoperta dei germi, dell’evoluzione medica e soprattutto del proliferare dell’isteria, fino al 1952 considerata dall’istituto psichiatrico americano un disturbo mentale femminile.
Per smentire tale folle idea la regista segue la via della rivendicazione femminista, assolutamente attiva in quegli anni, per non presentare al pubblico solamente la storia di come venne pensato il vibratore.
Nella psichiatria ottocentesca l’isteria era vista come una forma di nevrosi tipica delle donne, caratterizzata da vari disturbi psichici e da sintomi come l’eccitabilità, l’irritabilità, l’ansia, la malinconia, la ninfomania, la depressione e l’angoscia. Nella Londra vittoriana di quegli anni metà delle donne della città soffrivano di ciò che veniva impunemente definito isteria. L’unica cura per queste donne risiedeva nelle abilità manuali dei dottori, che, grazie alla stimolazione del clitoride, portavano le pazienti a fenomeni di parossismo.
Tra questi, il giovane Joseph Mortimer Granville inventò un apparecchio che grazie all’energia elettrica poteva sostituire le povere doloranti mani dei medici.
Il vibratore, prima elettrico e solo dopo a batterie, brevettato alla fine del diciannovesimo secolo e nato per scopi curativi, come alleviare i blocchi e i dolori muscolari, si mostrò ben presto utile come donatore di felicità per migliaia di casalinghe britanniche, malate non tanto di isteria ma solamente annoiate, perché trascurate dai propri mariti e relegate a una vita di doveri e privazioni.
Partendo comunque da dati storici realmente verificatisi, Tanya Wexler trasforma la storia di questa scoperta scientifica in un manifesto politico sull’emancipazione culturale e sociale della donna, con tanto di storia d’amore con happy ending tra i due protagonisti. Al fianco di un affascinante Hugh Dancy troviamo una generosa e rivoluzionaria Maggie Gyllenhaal, con Jonathan Pryce e un esilarante Rupert Everett a completare il ricco quadro di interpreti.
Toccando un argomento che risulta ancora oggi difficile e per molte donne imbarazzante, Tanya Wexler ha saputo costruire una storia divertente e interessante, capace di far riflettere sulla difficile condizione della donna in quell’epoca ma senza prendersi troppo sul serio, regalando al pubblico due ore di pura e splendida leggerezza.

Voto: * * *½

Giada Valente