Recensione n.1

Qualche anno fa il Festival Cinema Giovani di Torino presentò il lungometraggio “Rushmore”. Nonostante gli ampi consensi ricevuti, il film in Italia non trovò la via della distribuzione, ma il regista Wes Anderson, sulla scia del grande successo di critica internazionale, fu confermato giovane talento del cinema americano. Non e’ un caso quindi che l’opera terza (il debutto e’ del 1995 con “Un colpo da dilettanti”) arrivi con un cast “all stars” disposto ad accettare una paga sindacale pur di aderire al progetto.
In realta’, ne “I Tenenbaum” si riscontra lo stesso disequilibrio dell’opera precedente: qualche idea carina in mezzo ad una storia che procede zoppicante, tra tempi morti e situazioni prive di effettivo interesse. L’idea di inventare una saga familiare fingendo la derivazione letteraria e’ divertente, ma fin dall’iniziale presentazione dei personaggi, non scatta la necessaria complicità. Tutto sembra ruotare intorno ad una sola idea: il rancore di tre figli, un tempo geniali, nei confronti del padre. L’originalita’ sta tutta nella messa in scena e nella ricerca visiva che accompagna ogni singola inquadratura, ma il glamour dei dettagli prevale sul racconto. Simpatica l’identificazione, quasi fumettistica, dei personaggi con il loro abbigliamento, l’ambientazione in una New York fuori dal tempo, l’inserimento di vignette flashback, le scelte musicali, ma sembra piu’ di partecipare ad una mostra celebrativa dello stile vintage, che a un film capace di intrattenere, o comunque interessare, per le due ore di proiezione.
Sono proprio i dialoghi a cadere il piu’ delle volte nel vuoto e non aiuta di certo la caratterizzazione monolitica dei personaggi. Basta pensare alla madre, interpretata da Anjelica Huston, donna energica, vitale e risoluta, perno dello sfilacciato nucleo familiare, che risulta assolutamente trasparente nell’economia del racconto. Ma un po’ tutti i personaggi risentono dell’approccio intellettuale al progetto e restano figurine sospese in un album di fotografie mai davvero comunicativo. Si sorride qualche volta e si ride ad una sola battuta, pronunciata dal bolso Bill Murray dopo essere venuto a conoscenza dei tanti amori della perfettamente in parte Gwyneth Paltrow. A metà strada tra la totale libertà espressiva ed i vincoli di un racconto che pone problematiche concrete, il film non riesce pero’ a conciliare i due aspetti. Alla fine restano in mente le tute rosse di Ben Stiller e prole, la pelliccia e le sigarette di Gwyneth Paltrow, la fascia da tennista di Luke Wilson, i completini pastello di Anjelica Huston, ma dei loro problemi familiari e delle tensioni emotive che li condizionano, non resta traccia.

Luca Baroncini

Recensione n.2

Chi non vorrebbe essere un Tenenbaum? Chi, in fondo, non lo e’? Ogni famiglia custodisce e nutre le sue nevrosi, i suoi dolori, il suo peculiare modo di amare e rapportarsi al mondo.
Ogni famiglia cristallizza la storia personale di ciascuno dei suoi componenti in un momento preciso, prendendo le misure da li’ e rinunciando a evolvere insieme. Per i Tenenbaum, sono gli anni Settanta: sono rimasti tutti li’, a elaborare il lutto per la sparizione di un padre tanto cialtrone quanto umano.
Ogni tanto, però, qualcuno alza la testa e guarda fuori, forse solo perche’ e’ stato via 17 anni: insieme si (ri)scopre che c’e’ qualcosa da buono, in questa vituperata istituzione fonte di tutti i beni e tutti i mali della nostra esistenza.
Spudoratamente (o inconsciamente) tratto dal grottesco mondo dei sentimenti di John Irving (soprattutto da Hotel New Hampshire) I Tenembaum e’ una straordinaria lente di ingrandimento dei rapporti umani e dei giochi di potere che ne derivano.
Comico, doloroso, profondo e vagabondo, arricchito dalla classe di due grandi attori (la Houston e Hackman) in due ruoli perfetti per la loro terza età, I Tenenbaum e’ il classico film caleidoscopio: da qualunque parte lo giri, ci trovi qualcosa di interessante, e di interessante per te personalmente.

Mafe