Con grande sorpresa, il nuovo film di Nanni Moretti non è un pamphlet politico, bensì un film sul cinema. E’ necessario partire da questa considerazione per cercare di dare un senso all’analisi di un’opera tanto complessa. Il protagonista è Bruno (Silvio Orlando), eterno sognatore, rimasto imprigionato dalla magia del cinema che realizzava quando, in passato, era un’affermato regista di genere. Attenzione ai titoli delle pellicole, davvero esilaranti, come Maciste contro Freud invitato alla rassegna “cinema e psicanalisi”… A quei tempi (ipotizziamo, i settanta) in Italia esisteva un cinema di genere, popolare, apparentemente disimpegnato, autenticamente artigianale. La pellicola di Moretti si apre proprio sullo squarcio di uno di quei film, Cateratte, un thriller poliziesco tutto
adrenalina, proiettato ad una rassegna per nostalgici cinefili settantiani. Bruno vive nel teatro di posa dove quelle meravigliose avvenuture prendevano forma, con l’ausilio di trucchi assolutamente artigianali, senza effetti speciali, con pochi soldi e grandissima inventiva, e sogna ancora di poter realizzare opere con quella vocazione popolare, anche se sono dieci anni che è disoccupato; progetta un ambizioso Il ritorno di Colombo, con tanto di costumi e scene di massa. Bruno è un bambino, perché non si accorge che il suo matrimonio con Paola (la Buy) sta andando a rotoli, perché pensa che basti divertire i propri figli narrando loro fantascientifiche storie per essere un buon padre. Bruno è un bambino perché, leggendo la sceneggiatura de Il Caimano, consegnatagli da una giovane ragazza (Teresa, interpretata da Jasmine Trinca), non si accorge che il soggetto è Berlusconi, e sogna invece di realizzare un thriller politico, come ai tempi di Enzo G. Castellari. Nel film peraltro prende forma un altro dei vecchi film di Bruno, una sequenza davvero trash, molto godibile, ma non si stupiscano i morettiani! Ricordo infatti che il regista romano è stato spesso provocatorio, si pensi a Bianca, Ecce Bombo e soprattutto al finale ultra trash di Sogni D’Oro dove i due protagonisti (peraltro due registi) si affrontavano in una sfida televisiva delirante e, addirittura, nel finale Nanni si trasformava in un lupo mannaro.
Dunque, sgombriamo il campo dalle facili critiche ed affrontiamo di petto il problema, che ch’azzecca la storia di Bruno con Berlusconi? Nulla. Il protagonista dice che i suoi film erano detti “fascisti”, ma in realtà negli anni settanta tutti i film non dichiaratamente di sinistra erano detti così; addirittura Bruno confida a Teresa di avere votato per lui. La sua battaglia è una battaglia per il cinema, non gli interessa il soggetto del film bensì il film, che lui avrebbe preferito essere una pellicola di genere. Anche la scoperta della relazione omosessuale di Teresa lo lascia spiazzato, segno che non siamo certamente di fronte ad un personaggio anticonformista. E allora? E allora, il ritratto dell’Italia “berlosconiana” (più che il ritratto “di” Berlusconi) lo danno i personaggi secondari, le vicende trasversali, le difficoltà di affrontare un argomento tanto delicato, il rifiuto della RAI, l’abbandono improvviso di Michele Placido (primo protagonista del film nel film), i finanziamenti di un produttore polacco, unico disposto a finanziare il progetto. Bruno vive, come detto, di cinema, cioè nella finzione, e dunque lontano da quella “realtà” tanto terribile, che gli si rivolterà contro nel pre-finale con tutta la sua crudeltà. Lui vorrebbe poter vivere in un mondo fatto di pistoleri, agenti segreti, mostri sanguinari…
Nanni Moretti ci regala pertanto due film in uno, la storia di Bruno da un lato ed il ritratto dell’Italia berlusconiana (“con le sue televisioni, Berlusconi sono trent’anni che ha vinto!”) dall’altro. L’accostamento tra i due genera un monito, che forse è il senso ultimo dell’opera: quello di avere un po’ più attenzione per il mondo che ci circonda, se vogliamo evitare che si generino dei “mostri”. In fondo, non si tratta d’altro che della solita vecchia tirata per le orecchie che Nanni rifila alla sua generazione! Il finale è evidentemente provocatorio, anche questo un’omaggio al cinema italiano cosiddetto d’inchiesta, con un sottotesto fantascientifico in quanto, nella realtà, una condanna a Berlusconi non verrà mai inflitta, almeno sino a che resterà Presidente del Consiglio.
Voto: 7
Mauro Tagliabue
Il caimano è l’Otto e mezzo di Moretti. Il film racconta la storia di un produttore (Silvio Orlando) sull’orlo del fallimento professionale e sentimentale. Tutto sembra sfuggirgli dalle mani, finché una giovane cineasta non gli propone di produrgli un film dal titolo “Il caimano”. È il racconto dell’ascesa imprenditoriale e politica, dagli anni ’70 ai giorni nostri, di un ricco industriale, chiamato appunto il caimano, e ispirato direttamente a Silvio Berlusconi, benché non lo si nomini mai esplicitamente nello script. Il film di Moretti procede dunque nell’evoluzione della tormentata storia sentimentale del produttore e del suo probabile riscatto, almeno professionale, che dovrebbe derivare dalla produzione di questo film coraggioso.
Quest’ultimo film di Moretti è senz’altro il suo progetto più ambizioso, sia dal punto di vista produttivo che narrativo. La narrazione segue il doppio binario della vita privata del protagonista (e, in parte, degli altri personaggi importanti della storia: l’ex compagna del produttore, Margherita Buy, e la giovane regista, Jasmine Trinca) edella realizzazione di un film. Questa scelta fa si che Il caimano racconti, in un certo qual modo, due storie indipendente anche se è evidente che la seconda diviene ben presto l’ancora di salvezza per il tutta la vita del protagonista.
In sostanza, il film nel film, la storia di Berlusconi, benché fortemente presente nel lungometraggio, diviene l’ ingrediente di una trama più ampia e sfaccettata, quasi un pretesto per dare un senso alla storia privata. Attenzione però, l’attenzione posta da Moretti in questo progetto è sempre d’alto livello e, alla fine, anche gli elementi presenti nel “film nel film” o, come accade nella prima parte, nello “script nel film”, sono di primaria importanza. L’idea di usare un film contro il politico più di spicco nell’Italia d’oggi, allude infatti fortemente ad una ricerca di riscatto da parte dei personaggi, e dunque non poteva essere lasciata al caso. Il fatto poi, che produttore e regista riescano a concludere il loro lavoro, è significativo della quiete faticosamente raggiunta anche nelle loro vite private. Anche per questo Il caimano è una sorta di Otto e mezzo con un esito più certo per i suoi protagonisti, e un finale inquietante per il pubblico (il film di Moretti termina col finale del film della giovane regista: una conclusione che non si puè svelare, ma che è davvero ambigua ed inquietante).
Il caimano è un film singolare e soprendente e, tra le opere dichiaratamente politiche di Moretti, senz’altro il più riuscito. Tralasciando sia i radicalismi e le nevrastenie di Palombella rossa, che le visioni troppo private di Aprile (non me ne voglia l’opinione corrente, ma l’ho sempre trovato nient’altro che un filmino familiare fatto con mezzi industriali), questa volta Moretti si concentra con forza sui personaggi, creando un equilibrio meraviglioso tra storia privata e la “storia” di cui s’è abbondantemente parlato prima dell’uscita del Caimano, “il film su Berlusconi”.
Anche nelle decisioni di regia Moretti si concede una maggiore ricerca visiva (e curiosamente un po’ di violenza splatter seppur estremamente ironica). Le sue scelte sono infatti più ricche e meno tradizionali di quelle abituali (si pensi all’inizio, con la proiezione di un film thriller; alla visualizzazione di uno dei racconti della “buona notte” del produttore; all’incontro notturno di Orlando con “la caravella di Colombo”; alla scena del concerto o al viaggio in auto separate dei due ex coniugi; alla sequenza finale).
Insomma, Il caimano è un film davvero sorprendente ed interessante, il cui unico neo è non aver approfondito maggiormente il personaggio della giovane cineasta (Jasmine Trinca). Per il resto, compresa la recitazione di tutti gli attori (e dei molti registi che si sono prestati a brevi apparizioni), tutto fila senza una grinza.
Il caimano, come c’era da augurarsi, non è nulla di ciò che forse molti immaginavano o temevano. Racconta un’altra storia, pur raccontantando anche di Berlusconi, senza però dire niente di più di quello che, in fondo, già si conosce. Non è un difetto, anzi, la mancanza di una forzatura della trama in quella direzione è un’altro pregio e non mancadi dare comunque un’impronta politica netta a questo lungometraggio. Come dice lo stesso Moretti nel film, ormai su Berlusconi è già stato detto tutto, e chi vuol capire ha già capito. Il caimano dunque, è soprattutto un’altra cosa: senz’altro un film da non perdere.
Sergio Gatti
Ecce Moretti Premessa importante: “Il Caimano” non è un film su Berlusconi, ma è un film di Nanni Moretti. Può sembrare scontato, ma è apprezzabile vedere come la forte personalità dell’autore non si sia lasciata condizionare più di tanto nel costruire un film in cui la contemporaneità è centrale ma non sovrasta le motivazioni dei personaggi. Certo, si può discutere della furbata di fare uscire il film a due settimane dal voto. L’attesa spasmodica, la efficacissima campagna promozionale incentrata su silenzi e mistero, la manipolazione dei mass-media, la strumentalizzazione politica, faranno molto bene agli incassi, ma rischieranno di deludere chi varcherà la soglia del cinema con la necessità di vedere un film che dica finalmente “qualcosa di sinistra”. Non perché il lungometraggio manchi di un punto di vista forte, ma perché alla fine scuote meno del previsto. Al di là dell’evento mediatico, “Il Caimano” è anche un’opera interessante. Il cinema di Moretti è, come sempre, molto personale; politico come in precedenza, perché immerge i personaggi nel presente, con un grigiore che si ripercuote dal luccichio ingannevole delle tele-ballerine alle difficoltà del quotidiano. Ma senza il peso di un’ideologia da teorizzare, lasciando che i personaggi vadano per la loro strada. La sensazione, a caldo, è che la carne al fuoco sia tanta, forse troppa, e che non tutto arrivi in modo calibrato. C’è il tentativo, in parte riuscito, di fondere una dimensione privata con gli interrogativi della collettività. Difficile farlo senza incorrere nelle banalità del già visto e sentito. Per fortuna Nanni Moretti evita le trappole del comizio e non ambisce al documentario. L’occasione di attaccare la scena politica attuale è offerta dalla scelta, non originale ma efficace, di un collante meta-cinematografico. Uno dei personaggi è infatti una giovane regista alla ricerca di un produttore per un film che racconti l’epopea di Berlusconi e il declino a cui ha portato il paese. Il rischio di uno sterile parlarsi addosso, con il giochino delle citazioni e dei camei illustri, è grande, ma la autoreferenzialità, pur notandosi, non disturba. Il difetto principale degli spezzoni di film trash diretti dal protagonista (un bravissimo Silvio Orlando) è che sono lunghetti e non così spassosi, ma la cornice permette di dire in modo trasversale cose importanti (“Da dove vengono tutti questi soldi?”) evitando la petulanza di chi è già ideologicamente schierato. In questo senso la critica al potere di Moretti è lucida e ben condotta, anche se marginale al racconto, imbevuto di personaggi che comunque ne escono indenni, parlano ogni tanto del presente ma non si sporcano direttamente le mani. Il film finisce infatti per sbilanciarsi verso le strade rodate di un capolinea affettivo, di cui volutamente si tacciono le cause e messo in scena solo nelle conseguenze. Anche in questo caso la scelta stilistica è ammirevole, ma il rischio di una leggerezza e di un dolore costruiti a tavolino è sempre nell’aria. Così come appare un po’ superficiale la descrizione dei meccanismi produttivi dell’ambiente cinematografico e troppo calcata la piacioneria dei bambini. Ma con Nanni Moretti è così: prendere o lasciare. E nell’asfittico panorama contemporaneo trovare un artista capace di esporsi a suo modo, con antipatia, coerenza e decisione, è cosa comunque preziosa. Del resto, come dice lo stesso Moretti, anche attore, “chi sa sa e chi non sa non vuole sapere”, quindi inutile pensare che un film debba mostrare ciò che è già, da tempo, sotto gli occhi di tutti. Anche se…
Luca Baroncini de gli spietati
Dopo aver gustato, in perfetto stile Moretti, gli 82 secondi del trailer, che non rivelano nulla del film, finalmente sugli schermi l’attesissimo Il Caimano sul quale da giorni e giorni tutti i giornali si lanciano in ogni possibile interpretazione. Tra i misteri del film anche quello di una possibile partecipazione dello stesso Moretti, almeno in una piccola scena del film.
Nanni Moretti, a quattro anni dall’uscita de ‘La stanza del figlio’ è tornato far parlare di sé fin dal titolo: Il Caimano, dall’espressione con cui Franco Cordero ha definito Silvio Berlusconi sulle pagine di ‘Repubblica’.
«…Fin da quando giravo i film in super8 mi è sempre venuto naturale stare sia dietro che davanti alla macchina da presa: ma questo personaggio è più adatto a interpretarlo Silvio Orlando – ha dichiarato recentemente Moretti – E poi fare i due lavori insieme mi stanca, anche psicologicamente, sempre di più. All’inizio temevo che fare solo il regista avrebbe diminuito il mio coinvolgimento emotivo e psicologico ma ora invece mi accorgo con piacere che non è vero, forse proprio per la forte componente politica del film». Il film dovrebbe portare in scena «… un’Italia dove gli italiani portano in scena la loro vita, ma se a un personaggio particolare (guarda caso Berlusconi) non piace qualcosa “entra in scena e cambia tutto” come lui vuole – sono dichiarazioni di uno dei protagonisti del film che vuole matenere l’anonimato – Un ruolo che permette al Caimano di poter dire, o semplicemente pensare, che nella vita degli attori e quindi degli italiani ciò che va bene è soltanto ciò che piace al Caimano».
A proposito dell’uscita a ridosso delle elezioni Moretti ha dichiarato: «… che devo fare se ogni anno c’è una elezione in Italia? Io che c’entro?»
Sull’impegno politico infatti ha affermato che: «… è cominciato poco dopo aver preso la Palma d’Oro a Cannes. Non sono perciò mai stato tentato dal cambiare lavoro: ho sempre considerato quell’impegno, anche se intenso, come qualcosa di provvisorio e disinteressato …”.
In ogni caso di questo, ma soprattutto del film, Nanni Moretti ci parlerà mercoledì 29 marzo all’Aula Magna Centro Studi di Pordenone.
Arriverà a Pordenone mercoledì 29 marzo Nanni Moretti (unica tappa assieme a Udine – il giovedì 30 – del Triveneto) per presentare il suo ultimo film che da venerdì 24 marzo, con spettacoli alle 20.00 e 22.00 (sabato e domenica anche 18.00), sarà in cartellone a Cinemazero, presso la SalaGrande dell’Aula Magna Centro Studi di Pordenone, Il Caimano di Nanni Moretti con Jasmine Trinca, Silvio Orlando, Margherita Buy e Michele Placido.