Scheda film
Regia e Soggetto: Antonio Falduto
Sceneggiatura: Antonio Falduto, Akidah Mohamed
Fotografia: Alberto Iannuzzi
Montaggio: Raimondo Crociani
Scenografie: Marta Zani
Costumi: Isabelle Caillaud
Musiche: Riccardo Giagni, Neo Muyanga
Suono: Greg Albert
Italia/Sud Africa, 2011 – Drammatico – Durata: 90′
Cast: Giuiana De Sio, Lira Kohl, Luca Lionello, Franco Trevisi, Anna Galiena
Uscita: 26 giugno 2012
Distribuzione: Movimento Film
Sale: 1
Africa buonanotte
La tenace Giovanna Bruno (Giuliana De Sio) è console italiano a Cape Town, in Sudafrica. Manca poco allo scadere del suo mandato, quando la giovane donna di colore Palesa Kubeka (Lira Kohl, nota cantante soul/funk/jazz sudaficana) si presenta disperata nel suo ufficio alla ricerca di un uomo che Giovanna conosce molto bene: il giornalista Marco Borghi, partner della donna nonché ex compagno del diplomatico, mentre stava indagando su un misterioso giro di affari legato al traffico di esseri umani, sembra essere scomparso nel nulla. Dopo una diffidenza iniziale, la Bruno inizia una ricerca personale e confessa alla giovane la sua breve love-story con l’uomo, ricevendo da lei la rivelazione di aver incontrato Marco dopo essere sfuggita ella stessa al racket della prostituzione. Rincorrendo le tracce dello scomparso, che le faranno rincontrare addirittura in Namibia, le due uniranno le proprie forze, nella certezza che solo così potranno riabbracciare il giornalista. Ma non hanno compreso che stanno infilandosi in un gioco molto più grande di loro, che coinvolge personaggi decisamente insospettabili e che metterà a rischio le loro stesse vite…
“Secondo stime ufficiali , le vittime del traffico umano sono circa un milione. Ogni anno più di trentamila persone muoiono durante i cosiddetti “viaggi della speranza”. Spesso sono donne e bambini. Il traffico di esseri umani ha molte coperture legali e per questo non é ufficialmente riconosciuto come un crimine. Si tratta di una massa di lavoro giovane, a volte anche istruita, sempre disponibile e mobile, di grande utilità per le fluttuanti economie occidentali. Una donna destinata alla prostituzione nei paesi occidentali può procurare un profitto di centocinquantamila euro all’anno, uno schiavo del lavoro può lavorare oltre dieci anni prima di estinguere il suo debito coi trafficanti”. Questa è la didascalia finale che chiude Il console italiano e che condensa le dichiarazioni dello stesso regista Antonio Falduto, co-sceneggiatore di Gangor di Italo spinelli e lontano per circa vent’anni dal cinema di finzione dai tempi del suo debutto Antelope Cobbler. Una conclusione che è al tempo stesso una lodevole premessa ad un film come questo, rendendo così onore ai suoi realizzatori.
Dopo Il console onorario di John Mackenzie, dal libro di Graham Greene, ecco quindi un altro diplomatico salire agli onori del grande schermo, peccato però che il regista sia rimasto fermo non tanto ai tempi di Greene (anni settanta) o a quelli di Mackenzie (ottanta), quanto a quelli della sua opera precedente. Il console italiano sembra staccato di peso da un contesto produttivo ed estetico di quegli anni, in cui si realizzavano pellicole come si sbucciavano bruscolini, spesso più per racimolare qualche soldo che per reali convinzioni artistiche o narrative. Senza voler accusare nessuno di niente e sottolineando ancora una volta le meritorie intenzioni di chi l’ha realizzato, però non sufficienti, il film nei suoi risultati purtroppo non convince su nulla. La coppia di donne (De Sio/Kohl) non funziona affatto, poiché troppo sbilanciato sulla De Sio; nessun coinvolgimento dello spettatore, se non nella sequenza finale della fuga delle prigioniere, già mostrata all’inizio, che però riesce ugualmente a sbracarsi; il doppiaggio – quasi inevitabile per un piccolo progetto come questo – che appiattisce tutto; la fotografia di Iannuzzi minimamente in grado di restituire le luci e le ombre di un continente unico; la comparsata di Anna Galiena nel ruolo della cattiva – si perdoni lo spoiler! – sig.ra Forbara forse voleva essere uno scherzo; l’oggetto “del contendere” o, meglio, della ricerca, Marco Giorgi, non viene neanche mostrato, diventando una sorta di MacGuffin, con esiti che sfiorano il ridicolo involontario.
Per confrontarsi con la questione del traffico di esseri umani – una realtà che ha coinvolto anche il nostro paese, in virtù degli accordi del Governo di Silvio Berlusconi con l’allora leader libico Mu’ammar Gheddafi – consigliamo di lasciar perdere Il console italiano e di guardare invece gli esaustivi ed ottimi documentari di Andrea Segre e della sua Zalab: Come un uomo sulla terra, Il sangue verde, I nostri anni migliori e Mare chiuso. Opere nate con il sincero spirito di testimoniare tali orrori affinché il mondo possa cambiare e distanti da ogni tipo di divismo od esibizionimo.
RARISSIMO perché… è un brutto film su un tema però molto importante.
Note: il film esce solo nell’ambito della rassegna romana L’isola del Cinema ed è annunciato poi a Napoli e Firenze.
Voto: *½
Paolo Dallimonti